FABIO CAIRONI
SE PAUL E' MORTO ED ELVIS E' VIVO... COME STA
LADY GAGA?
leggende musicali da Mozart a oggi
Relazione alla conferenza Leggende metropolitane, Parè,
Biblioteca comunale, 13 dicembre 2010
(altre relazioni: Giorgio Castiglioni, Tassi
assassini e insetti da assalto: animali da leggenda (metropolitana),
e Simone Angioni, Scie chimiche: tracce
nel cielo)
Una
definizione delle leggende metropolitane è che sono "storie troppo
belle per essere vere". Sono storie che sono assolutamente plausibili,
costruite con un criterio narrativo, che però hanno un piccolissimo problema:
quelle storie non sono vere.
Non è una menzogna, ma si avvale di una serie molto vasta di argomenti
plausibili e verosimili che servono per darle autorevolezza e farla sembrare
vera. Quindi, sono verosimili, ma non vere.
Questa è una delle definizioni. Poi, naturalmente, tutti coloro che si
sono occupati dell'argomento hanno creato la loro definizione. Si concorda sul
principio di massima, ma con delle differenze.
Le leggende metropolitane in genere sono un modo per manifestare le nostre angosce,
i nostri bisogni, le nostre paure, i nostri desideri. Il tema abbonda di argomenti
macabri, argomenti che riprendono i miti antichi. Infatti molti studiosi (siamo
un gruppo eterogeneo) sono studiosi del folclore, antropologi. La bibbia del
settore è The encyclopedia of urban legends di Jan Harold Brunvand,
un professore statunitense, antropologo, che è partito negli anni '70
raccogliendo queste storie buffe, carine, che circolavano su fotocopie e che
ora girano anche su internet e sui media. I media sono dei propagatori di leggende
metropolitane, anche se in maniera inconsapevole.
Io parlerò di leggende metropolitane sulla musica.
Se vogliamo fare un cammino in ordine cronologico nelle leggende sulla musica,
possiamo senza dubbio partire da Wolfgang Amadeus Mozart. Mozart,
per il suo genio, per come si poneva, per il genere di musica che faceva, era
considerato al di fuori dell'ambiente culturale della Vienna del Settecento.
Non so se avete visto Amadeus di Milos Forman: può dare un'idea.
Di Mozart si diceva che fosse satanista, che avesse venduto (lui o il padre
Leopold per lui quando era piccolo) l'anima al diavolo. La musica che suonava,
il fatto che avesse composto un concerto a quattro anni, a tredici anni un'intera
sinfonia: c'era qualcosa che non andava. Si pensava che fosse guidato dal demonio.
Questo è un filone che torna molto spesso nel mondo della musica.
Non passano tantissimi anni e viene detta la stessa cosa di Niccolò
Paganini. Paganini ci ha messo del suo per accreditare questa voce:
alto, magro, con il naso adunco, pallidissimo, cadaverico, coi capelli lunghi,
sempre vestito di nero. E aveva composto le Diableries, una musica
indiavolata, che non si era mai sentita.
Arrivando a tempi più moderni, ad autori più vicini a noi, ci si trasferisce dall'Europa della musica classica al delta del Mississipi e si passa a Robert Johnson, che è considerato il padre del blues, anche se non è lui in realtà. Johnson viene anche lui tacciato di aver venduto l'anima al diavolo. Tra l'altro la leggenda si basa su una leggenda precedente su un altro autore, Tommy Johnson, un po' meno conosciuto, con meno fortuna dal punto di vista cinematografico e musicale. Robert Johnson ha una vita molto breve, muore a 27 anni, in circostanze non del tutto chiarite: c'è chi lo vuole avvelenato da un whisky di bassa lega, c'è chi lo vuole ucciso per una questione di carte, c'è chi lo vuole ucciso da un marito cornificato. La leggenda dice che a mezzanotte si sia recato in un luogo sperduto a un crocicchio dove il diavolo gli aveva dato l'appuntamento e gli abbia venduto l'anima in cambio del talento nel suonare la chitarra. Anche lui ci ha messo del suo per farsi accreditare questa fama: aveva imparato a suonare la chitarra e l'armonica in un cimitero. Aveva preso lezioni da Son House, altra pietra miliare del blues, in quell'ambiente un po' strano tra le paludi che è il delta del Mississipi e anche questo ha contribuito alla nascita della leggenda. Muore a 27 anni, come dicevamo, dopo aver lasciato solo una manciata di incisioni, che saranno comunque la base del blues, la base del rock'n'roll: possiamo considerarlo una sorta di padre della musica moderna. E' importante dal punto di vista della musica, ma anche delle leggende. Chiunque poi farà un certo tipo di musica sarà in qualche modo tacciato di simpatie con Satana, con il demonio.
Stando sempre su questo filone, si fa un balzo di una quarantina d'anni e
si parla dei Rolling Stones. L'incontro dei Rolling Stones
con il diavolo avviene in una maniera un po' meno romanzesca: siamo negli anni
'80 a Londra, è passata l'epoca degli incontri con uno strano personaggio
vestito di nero. L'incontro di Mick Jagger con il diavolo ha un prezzo diverso.
Mentre Robert Johnson s'impegna in proprio, vende la sua anima, Mick Jagger
vende l'anima e la vita di un compagno, di un amico, in cambio del successo
e dell'immortalità perlomeno della musica. A 65 anni sono ancora sul
palco da più di quarant'anni, sono ancora vivi, e soprattutto Keith Richards
è un miracolo che sia ancora vivo... magari c'è anche l'impegno
dell'immortalità fisica. Jagger vende Brian Jones, che era il co-fondatore
e l'anima dei Rolling Stones, a Satana. Anche Jones muore a 27 anni, in piscina,
per alcuni per un problema cardiaco, per altri per ogni motivo immaginabile:
caduto in piscina mentre era strafatto e non è riuscito a uscire oppure
assassinato. Poi c'è un lato giudiziario. Ci sono dei procedimenti che
sembrava dovessero essere riaperti, ma non si è fatto niente.
Le morti famose del mondo del rock sono quasi tutte tra la fine degli anni '60
e gli anni '70.
Sul tema del demonio, ci sono tanti riferimenti nel metal.
Anche nei nomi, come per i Black Sabbath, che avevano nel repertorio di scena
delle croci di alluminio che in un'occasione avevano messo al contrario e subito:
"satanisti!". O i Pantera, i Def Leppard.
Altra grandissima band che avrebbe strizzato l'occhio a Satana sono i Led
Zeppelin e in questo caso qualcosa di vero c'è, anche se il
legame è abbastanza ambiguo. Il chitarrista Jimmy Page è un appassionato
di Aleister Crowley, il più grande satanista, mago e studioso dell'occulto
del '900, legato anche alle nostre zone, è stato al Monte Verità,
in Ticino. E' passato anche da queste parti. Jimmy Page ha tanti libri su Crowley
e ha comprato la sua casa. Dunque la "prova" che i Led Zeppelin sono
satanisti è che Page ha comprato la casa di Crowley. C'è un'altra
prova, famosissima, che tantissimi hanno cercato di identificare. Se ne parlava
a settembre con Davide Van De Sfroos che ha detto che ho fatto fuori un disco
dei Led Zeppelin per vedere se è vero. In un certo punto di Stairway
to Heaven, la canzone più famosa dei Led Zeppelin, c'è una
frase. Sentendo il disco nella maniera canonica è "Sometimes words
have two meanings" ("Talvolta le parole hanno due significati").
A quel punto, bisognava invertire il senso il cui girava il disco e si sentiva
un backmasking, ovvero l'audio al contrario, e c'era un inno subliminale a Satana
che diceva che era grande, la forza, la luce, cose di questo genere. C'è
un fenomeno studiato e acclarato: il cervello umano, quando sente suoni che
non riesce a decodificare, li interpreta a proprio piacimento in modo che sia
facile capire il loro significato. C'è l'esempio di una canzone disco
degli anni '80.
Un argomento che fa scrivere fiumi di inchiostro, che dà 20 milioni
di ricerche su Google, è la leggenda che Paul McCartney
è morto nel 1966. In parole povere, da 44 anni c'è un signor nessuno
che si è fatto 4 anni nei Beatles e 40 di carriera solista e raccoglie
ogni volta che fa un concerto 200-300.000 persone. E' la leggenda metropolitana
per eccellenza. Dirlo in sintesi non è facile: sono stati fatti documentari,
libri. La storia è questa: durante la seduta di registrazione di Sgt.
Pepper's Lonely Hearts Club Band, Paul McCartney, forse per stanchezza,
forse per un litigio con John Lennon, esce dalla sala alle due o tre di notte,
sale in macchina e va verso casa. Ci sono migliaia di varianti: la prima leggenda
è stata contaminata tante volte. Comunque, incontra una ragazza appena
scappata di casa, bagnata, in giro di notte, coi capelli davanti agli occhi,
non riconosce in un primo momento McCartney. Dopo un po' lei guarda chi è
la persona che le dà il passaggio e vede chi è: il suo idolo.
Ha l'atteggiamento tipico della ragazzina degli anni '60 che vede uno dei Beatles:
si mette a urlare. McCartney si spaventa. E' in prossimità di un incrocio
e va a sbattere contro un camion. McCartney viene sbalzato fuori dalla vettura
(ma ci sono anche altre versioni). Caso vuole che l'autista del camion sia un
parente di Bob White, della Emi, che produceva i Beatles. Viene avvisato Brian
Epstein, il produttore dei Beatles. Ci sono un po' di cose da fare. Prima di
tutto, dare sepoltura a McCartney. E poi: cosa si fa con i Beatles? Siamo nel
1966. Sono all'apice del successo. Hanno appena tenuto il loro ultimo concerto
al Candlestick Park a San Francisco e avevano deciso di dedicarsi solo alle
incisioni per approfondire le sperimentazioni musicali. Sono una macchina da
milioni di sterline. Cosa fare? Buttare tutto "solo" perché
uno di loro è morto. No, ma neanche per idea. Vengono informati i superstiti,
dicendo loro di stare assolutamente zitti, di farsi un viaggio dove vogliono
e non parlarne con nessuno. White e Epstein in quel periodo visionano decine
e decine di sosia di Paul McCartney. Questo è uno dei dettagli verosimili
che rafforzano la leggenda. Ci sono ancora adesso dei concorsi di sosia di Paul
McCartney, di Elvis, ecc. (Charlie Chaplin partecipò a un concorso di
sosia di Charlie Chaplin e arrivò terzo: si era presentato senza trucco
e senza baffetti e in effetti non truccato non aveva una grandissima somiglianza
con il personaggio di Charlot). Trovano un sosia che assomiglia abbastanza a
McCartney, ma con qualche problema. E' di sette centimetri più alto.
Il timbro di voce è simile. Lo tengono sotto controllo. Deve impararsi
tutto il repertorio dei Beatles e il repertorio di base che McCartney aveva.
Ma quei sette centimetri in più sono effettivamente una grande difficoltà.
Quando i Beatles facevano i concerti, Ringo se ne stava in un angolino alla
batteria, ma John, George e Paul cantavano affiancati, a volte anche allo stesso
microfono. Si sarebbe vista la differenza di altezza. Quindi i Beatles decidono
di non fare più concerti. Anche se c'è stato il "concerto
sul tetto": le leggende non sono perfette. Passa il tempo e John Lennon
comincia a pensare: "Noi stiamo vendendo Paul McCartney per far soldi"
e inizia a disseminare indizi: una frase in una canzone, un riferimento sulla
copertina di un disco, un'intervista in cui si lascia sfuggire una mezza frase,
finché si arriva al 1969 e si sciolgono i Beatles, soprattutto per una
certa Yoko Ono. La leggenda invece dice che il falso Paul, detto in inglese
"Faul" (false Paul), prende confidenza e vuole uno spazio
più attivo nella band. Gli attriti crescono e gli altri gli dicono che
i veri Beatles sono loro e lui è un "Faul". Le tensioni esplodono.
Lennon va per conto suo, McCartney pubblica un suo album, George Harrison fa
uscire un disco triplo con il materiale che non aveva potuto pubblicare coi
Beatles, Ringo Starr si dedica ai cani da caccia, al biliardo e alla bella vita.
Poco prima che i Beatles crollino, uno studente americano fa una tesi di laurea
sull'argomento: Paul McCartney è morto nel 1966, ci sono un sacco di
prove che lo attestano. La tesi viene ripresa da una radio privata. Il programma
radiofonico diventa in breve tempo una leggenda: il centralino viene bombardato.
In poche settimane tutto il mondo si chiede se Paul McCartney è morto.
La rivista "Time" va nella tenuta di campagna di McCartney e lui,
alla domanda se è morto, risponde ironico: "Le voci sulla mia morte
sono oltremodo esagerate. Comunque, se fossi morto, sarei l'ultimo a saperlo".
Da questa frase, che dovrebbe chiudere il discorso, nasce invece un universo.
Su internet trovate di tutto, anche siti con centinaia di pagine. Si cercano
gli indizi che Lennon avrebbe lasciato. Per eccesso di zelo si arriva fino al
1964, con una raccolta per il mercato americano uscita nel 1965, ma contenenti
testi del 1964. Gli "indizi" sono centinaia. C'è un libro italiano
che li elenca, Lo strano caso del doppio Beatle, di Glauco Cartocci.
C'è la copertina del cosiddetto "Butcher Album", con i Beatles
in posa con dei camici bianchi con bambole decapitate buttate a casaccio.
C'è uno studioso americano che dice che il ragazzo che presentò
la leggenda insieme ad amici abbia creato tutto a tavolino. Altri sostengono
che la leggenda è nata motu proprio e che la trasmissione è stata
la scintilla.
Che Paul McCartney sia sempre lo stesso lo si prova in modo certo, nonostante
le "prove" fotografiche che vengono addotte in contrario. Secondo
queste prove, ci sarebbero delle differenze tra McCartney prima e dopo il 1966.
Innanzitutto, non è escluso che McCartney abbia fatto qualche ritocco
al viso. Nel 1967 aveva fatto un incidente, cadendo dal motorino, e le conseguenze
si intravedono all'interno della copertina del disco bianco: sotto i baffi si
vede una cicatrice.
Ci sono le teorie folli che tirano in ballo Cia e servizi segreti.
Una teoria più plausibile è che John Lennon abbia fatto uno scherzo,
consapevoli McCartney e gli altri, mettendo qualche frase a casaccio e qualche
stranezza in copertina per vedere come la gente avrebbe reagito. Lennon amava
i nonsense e i giochi di parole, era un appassionato di The Goon Show,
uno spettacolo radiofonico britannico che lanciò Spike Milligan e Peter
Sellers. Si può vedere anche il libro scritto da Lennon Niente mosche
su Frank, una raccolta di raccontini, freddure, ecc.
Ognuno poi trae le conclusioni che vuole. Le leggende, come i miti antichi,
hannoun processo di costruzione, crescono, si modificano, un dettaglio può
essere mutato, amplificato, tolto. Omero ha raccontato miti che già erano
raccontati.
Avete qualche artista su cui volete sapere qualche leggenda? Elvis
Presley? Evis è vivo! C'è un sito aggiornato continuamente
con nuovi avvistamenti: in Alaska, alle Hawaii, ai Caraibi, anche in Europa.
Ingrassato, ma lo era già negli ultimi tempi. Carlo Verdone, in Gallo
cedrone, diceva di essere il figlio naturale di Elvis. E' stato visto praticamente
in ogni parte del globo. Non ancora sulla Luna... ma questo è perché
l'uomo non è mai andato sulla Luna, per citare un'altra famosa leggenda.
Altrimenti, uno degli astronauti l'avrebbe visto.
Perché nascono queste leggende? Semplice: perché non si accetta
di veder scomparire il proprio idolo. Vale lo stesso per altri, per esempio
per Marilyn Monroe. Ci sono anche a volte circostanze misteriose, soprattutto
per Marilyn: la questione della morte non è ancora chiarita del tutto.
La morte viene vista come un trucco per sottrarsi all'occhio invadente dei media.
C'è anche Jim Morrison. Muore a 27 anni a Parigi nella
sua camera d'albergo, nella vasca da bagno, o, secondo alcuni, in un club dal
quale il cadavere sarebbe poi stato trasportato in albergo. Secondo una leggenda,
Morrison avrebbe finto di morire per sottrarsi ai media e alla sua casa discografica
e si sarebbe rifugiato in Marocco. A un certo punto un tizio di nome Jacques
Rochard ha raccontato in un libro, Jim Morrison vivo, di averlo incontrato negli
anni '80 a Parigi. Massimo Polidoro, segretario del Cicap, mi ha mostrato una
foto che gli è stata mandata e che mostrerebbe Jim Morrison in Giamaica,
a torso nudo, in bermuda, barba lunga, età apparente sui 50-55 anni,
con fisico ancora tonico. C'è chi dice che lo aveva conosciuto a Parigi
e che gli aveva lasciato un libro nero con una ventina di poesie. Sono scritte
imitando lo stile di Morrison, ma senza il minimo talento.
E' stato visto vivo, dopo la morte, anche Luigi Tenco. Eppure
era morto non proprio in diretta, ma quasi, durante un'edizione del festival
di San Remo.
Le "false morti" dei divi sono un modo di celebrarne la memoria.
C'è anche stato un esperimento, a cui molti hanno abboccato, con Michael
Jackson. Dopo la morte, è comparso in internet un filmato che
sostiene che in realtà non è morto e ne mostrerebbe la prova,
che sarebbe un filmato abbastanza mosso, girato in un sotterraneo dove entra
un furgone bianco che somiglia a un'ambulanza. I portelloni si aprono e scende,
velocissima, una figura vestita di bianco. La didascalia - perché è
questo che è fondamentale: le immagini possono essere spacciate per quel
che si vuole - dice che è Michael Jackson che è scappato dalla
sua villa e si rifugia in una clinica. Il video ha 500.000 visite in meno di
un'ora e viene segnalato su parecchi media, soprattutto quelli che fanno informazione
un po' scandalistica. Due giorni dopo viene svelato l'arcano: era un esperimento
fatto dall'emittente televisiva tedesca RTL. Un esperimento sociologico: creare
una leggenda metropolitana dal nulla, facendo riferimento a un fatto di cronaca
che aveva scosso l'opinione pubblica, e vedere quanti ci cascavano. Quando è
stata svelata probabilmente c'erano un milione di visite al video.
Un'altra leggenda metropolitana su Michael Jackson è abbastanza macabra.
Secondo questa leggenda, Jackson avrebbe commentato il suo funerale in diretta
televisiva. A una delle trasmissione avrebbe presenziato una persona presentata
come un amico del cantante defunto. Si sarebbe trattato di una persona che,
quando era bambino, fu bruciato dal padre che si opponeva alla separazione,
sopravvivendo, ma restando con grosse cicatrici sul volto. Secondo la leggenda
metropolitana, questa persona sarebbe morta (o si sarebbe nascosta) e Michael
Jackson avrebbe usato la sua identità per sfuggire al clamore mediatico.
Jackson avrebbe dovuto fare un gran rientro sulla scena a Londra, era sotto
pressione, a un punto di non ritorno secondo i medici e avrebbe deciso di sottrarsi
a ciò e alle penali milionarie che avrebbe dovuto pagare in caso di disdetta
simulando la sua morte e prendendo l'identità di quella persona, il cui
volto sfigurato poteva essere ricreato con una maschera di plastica. Questa
persona sarebbe stata invitata a una trasmissione e, per mantenere la copertura,
Jackson si sarebbe presentato sotto quella identità spendendo parole
di cordoglio e di tristezza per una bara vuota. E' una leggenda che, fortunatamente,
non è passata sui media italiani.
C'è anche una donna brasiliana che dice di essere costantemente in contatto
telefonico con Michael Jackson. Dove abbia trovato il numero, non si sa. Magari
è ancora il numero pubblicato sulla copertina di Thriller nel 1982, che
aveva fatto impazzire milioni di persone. Tra l'altro la persona che aveva quel
numero, questa è storia, ha dovuto cambiarlo perché riceveva duemila
telefonate al giorno.
E i cantanti in auge oggi? Britney Spears? Lady Gaga? Rihanna? Sono tutte
morte! Ogni tanto si leggono su internet notizie come queste. Britney Spears
è morta: è caduta dal palco durante una prova. Lady Gaga fa un'acrobazia
un po' troppo spinta e non le riesce bene, prende una botta, muore e la sostituiscono
con una sosia. Tutti i cantanti hanno un sosia nel mondo malato delle leggende
metropolitane. Sono voci che nascono spontaneamente, ma possono anche essere
un po' spinte dalle case discografiche: purché se ne parli, va bene tutto.
Lo diceva già Oscar Wilde alla fine dell'Ottocento. La pubblicità,
anche se negativa, fa comodo.
Qualche mese fa mi è capitato di vedere la smentita prima di conoscere
la notizia smentita. "Non è vero che Johnny Depp è morto".
E quando era morto? Vado a vedere: sarebbe morto durante la lavorazione di un
film, magari a Venezia, girando The tourist, magari cadendo nel Canal
Grande. La leggenda era passata quasi inosservata.
Una che era finita anche su "La Repubblica": Russell Crowe è
morto sulle Alpi austriache mentre girava un film d'azione. Ha girato una scena
pericolosa senza stuntman ed è caduto in un dirupo: duecento metri di
volo. Chiaramente il giorno dopo è apparso in pubblico vivo all'altro
capo del mondo.
Può anche essere controproducente smentire una leggenda metropolitana.
C'è il furore dei fan che non vogliono che sia rovinato il gioco. E alla
gente poi piace che i divi della musica e del cinema siano poi pure loro esseri
umani che hanno le loro sfortune, le loro disgrazie. E' come avere una star
a portata di mano.
Fabio Caironi, giornalista e studioso di leggende metropolitane, è autore di Storie stonate : 50 leggende metropolitane sul mondo della musica, Grottaferrata : Avverbi, 2009.