BIBLIOTOPIA

Maslianico, Cooperativa Edificatrice, 11 marzo 2011

LEGGENDE METROPOLITANE
alligatori nelle fogne e altre storie incredibili ma (spacciate per) vere

di Giorgio Castiglioni

Come introduzione per questa serata ho pensato a una leggenda metropolitana di frontiera, visto che siamo a Maslianico. Io l'ho sentita raccontare riferita a Bizzarone, ma si può tranquillamente cambiare Bizzarone con Maslianico. Comunque altri la racconteranno con altre località ancora. Di solito, anzi, non c'è di mezzo la frontiera e la nostra, con la frontiera, è una variante locale. La storia racconta di una persona che è in giro in auto e viene fermata per un controllo, guardie di finanza o carabinieri, a scelta, metteteci chi preferite. Non trovano nulla, tutto è in regola, e gli dicono che può pure andare. Lui prosegue e, nella nostra versione che ambientiamo a Maslianico, entra in Svizzera e quando ne sta uscendo viene fermato dai doganieri svizzeri i quali fanno un controllo e gli chiedono di aprire il baule. A questo punto vanno dal conducente puntandogli contro le armi e gli intimano di scendere dall'auto. Lui, spaventato, si chiede cosa mai può aver fatto. Gli chiedono se non ha nulla da dire e lui risponde che non capisce cosa sta succedendo. Allora gli viene chiesto di spiegare cosa ci fa una mitragliatrice nel baule. Lui resta perplesso e chiede se stanno scherzando. Poi ci pensa su e gli viene in mente che potrebbero essere stati i carabinieri (o guardie di finanza) che hanno perquisito l'auto prima e si sono dimenticati dentro un mitra. I doganieri non ci credono, ma siccome è suo diritto poter provare la sua innocenza chiamano i carabinieri (o la finanza italiana) e si sentono rispondere che in effetti stavano proprio cercando l'auto nel cui bagagliaio avevano lasciato per sbaglio un mitra.
[Risate del pubblico] Sì, detta così, fa ridere, ma io l'ho sentita raccontare seriamente. Ero seduto a non molta distanza da un gruppo di persone che parlavano ad alta voce e la persona che l'ha raccontata la riferiva come se fosse accaduta realmente all'amico di un loro conoscente. Alla fine del racconto una donna ha anche criticato l'operato delle forze dell'ordine: "insomma, uno che ha un'arma deve stare attento!" Quindi la storia aveva dato anche lo spunto per una "critica sociale" che è uno degli elementi su cui si sviluppano a volte leggende metropolitane.
E' possibile che un fatto del genere succeda? Io direi che è ai limiti dell'impossibile: un'auto viene perquisita due volte, entrambe le volte fanno aprire il baule, la prima volta si dimenticano un mitra (che già di per sé è un po' improbabile)... E poi sarebbe successo più volte, in diversi luoghi e tempi...
Vediamo per esempio quel che si dice in un forum. Gli utenti raccontano le loro disavventure con le forze dell'ordine. Un tale "Paolo137" racconta che alcuni suoi amici sono fermati per un controllo dalla Guardia di Finanza. I finanzieri guardano anche nel bagagliaio, trovano tutto in regola e li lasciano andare. Dopo un po', però, la stessa pattuglia li raggiunge e, "a pistole spianate", fa loro aprire nuovamente il baule per "recuperare il suo mitra M12 che aveva lasciato lì".

Questa è una versione non molto coerente: se sapevano che il mitra era nel baule perché l'avevano lasciato lì loro, perché mai le guardie dovevano intervenire "a pistole spianate"? Non gli è venuta molto bene. Ogni tanto, nel raccontare una leggenda metropolitana, qualcuno si sbaglia. Anche in questo caso oltre alla leggenda, che secondo Lorenzo Montali, studioso di questi racconti, risale almeno agli anni '70, c'è pure la reazione al racconto. Penserete che ora interverrà qualcuno dicendo: "ma dai, è impossibile", "è chiaramente una leggenda metropolitana", "te lo sei inventato, non è credibile".
Un altro utente, con nomignolo "Kruaxi the ferengi", esordisce con un "Naaa..." e voi penserete che dirà "Naaa... è impossibile". Invece no: dice "Naaa... che spettacolo!" e, visto che c'è, ne racconta una pure lui, come fatto accaduto a lui in persona ("una volta mi fermano i carabinieri a Bagno di Romagna, studiano la mia patente e poi il brigadiere mi da la paletta di segnalazione che aveva in mano (nell'altra la mia patente) e mi dice: -vada pure. Secondi di imbarazzo, poi si riprende e mi dice: -No... forse stiamo sbagliando...").
Poi arriva l'utente "Shimond" che si assume il compito di fare quella che prima ho chiamato "critica sociale" e scrive: "Immagino che li abbiano anche multati per "possesso illegale d'arma da fuoco"..... Come siamo ridotti..."
A quanto pare, a nessuno viene in mente che una storia del genere non è credibile.

La leggenda metropolitana è un racconto che viene enunciato come se fosse un fatto reale, sotto forma di notizia, di aneddoto. Per alcune, non è che sia proprio impossibile che il fatto sia successo una volta, anche se è davvero improbabile che succeda tante volte, che capiti a tutti questi "amici degli amici". In fondo, comunque, la leggenda metropolitana va valutata non tanto per il fatto che il contenuto sia reale, ma come prodotto letterario, come altre forme di di letteratura popolare. Perché ci sono questi dettagli non credibili? Perché altrimenti non sarebbe una storia che è bello raccontare. Se un'auto viene perquisita, non trovano nulla, il conducente se ne va a casa e la storia finisce lì, ovviamente nessuno lo racconterebbe agli amici. Se, però, si dimenticano nel baule un mitra e poi altri fermano il conducente che rischia di finire in galera, la storia è un po' più interessante. In fondo, un criterio simile è usato anche per le notizie dei giornali - e qualche volta si vedono pure riportate come notizie delle leggende metropolitane.
Quali sono gli elementi che possono far sì che una storia sia bella da raccontare?
Uno può essere la sorpresa: compare il mitra nel baule.
Un altro elemento può essere quello che abbiamo prima definito "critica sociale", che mostri, come diceva quell'utente del forum, "come siamo ridotti".
Ci sono altri temi, che sono poi quelli che troviamo anche in altri generi di letteratura e di forme di intrattenimento.

Per esempio, l'orrore. Come ci sono i film dell'orrore, ci sono molte leggende metropolitane dell'orrore. Una molto famosa, soprattuto negli Stati Uniti, è la leggenda del dobermann che soffoca. Racconta di una coppia che torna a casa e trovano il loro dobermann che fa fatica a respirare. Lo caricano in auto e lo portano dal veterinario che se ne occupa lui e che possono tornare a casa. Quando arrivano a casa, ricevono una telefonata dal veterinario che dice loro di uscire subito di casa, in attesa che arrivi la polizia, già chiamata. La polizia arriva, entra in casa e vi trova un malvivente nascosto con una mano sanguinante a cui mancano due dita: il veterinario le aveva trovate nella gola del cane. E' una storia che ha anche dato il titolo a un libro sulle leggende metropolitane, The chocking dobermann di Jan Harold Brunvand.
Ci sono leggende metropolitane che puntano invece sull'effetto comico e potrebbero essere raccontate come barzellette. E infatti qualcuna di fatto viene raccontata proprio come barzelletta. Allora quando diciamo che è una barzelletta e quando diciamo che è una leggenda metropolitana? Ovviamente il discrimine è se viene raccontata come se fosse un fatto vero: in questo caso è una leggenda metropolitana. Una di queste ha per protagonista un uomo che posa la moquette a una cliente. Verso la fine del lavoro, pensa di uscire a fumarsi una sigaretta. Prende la giacca da una sedia sulla quale l'ha appoggiata ma trova la tasche vuote: il pacchetto di sigarette non c'è. Si guarda intorno pensando che potrebbero essergli cadute e proprio in mezzo alla stanza vede una gobba della moquette. Non vuole certo rifare il lavoro: prenderà un nuovo pacchetto al primo bar. Così si mette a saltare e pestare i piedi sopra la gobba fin quando è perfettamente liscia e non si vede più nulla. Alla fine del lavoro, ricevuto il pagamento, si avvia verso la sua auto, ma mentre sta per salirvi viene fermato dalla signora che lo rincorre e gli porge un pacchetto di sigarette che ha trovato per terra in un'altra stanza. Lui ringrazia, un po' perplesso, e la signora gli dice: "Ho visto che mio figlio ha lasciato la porticina della gabbietta del criceto aperta e non è più dentro. Non è che per caso l'ha visto in giro in qualche stanza?"
Potete raccontarla come barzelletta. Se, invece, la raccontate come se fosse successa all'amico di un vostro amico, state raccontando una leggenda metropolitana.
[Osservazione dal pubblico: Ma il criceto non ha fatto neppure un verso?] Be', le leggende metropolitane non sono sempre perfettamente coerenti.
Un'altra categoria di leggende metropolitane sono quelle che si raccontano sui personaggi celebri, come quella secondo la quale Elvis Presley sarebbe ancora vivo e avrebbe inscenato la sua morte. Oppure quella che, viceversa, Paul McCartney, il famosissimo bassista dei Beatles, sarebbe morto nel 1966 e l'avrebbero sostituito senza dir nulla con un sosia che, oltre ad assomigliargli, suona pure bene il basso, ha la stessa voce (ma i cultori della leggenda dicono che si sente una differenza nella voce "prima" e "dopo")... La leggenda, che gli anglofoni chiamano PID (Paul is dead, ovvero Paul è morto), ha acquisito quasi i caratteri di una scienza, o meglio di una pseudoscienza, perché c'è uno studio sistematico di tutta la carriera dei Beatles e soprattutto delle copertine degli album per cercare "indizi". L'idea è che John Lennon, sentendosi in colpa per avere nascosto la morte del compagno di gruppo, avrebbe disseminato questi indizi. Per esempio, c'è la canzone che dice "io sono il tricheco" (I am the walrus) e qualcuno ha detto che il tricheco era un simbolo di morte per i Greci (anche se i trichechi in Grecia non si sono mai visti). In ogni copertina vengono trovati indizi. D'altra parte in copertine come quella di Sgt. Pepper c'è così tanta roba che è impossibile non trovarne. Non solo, i cercatori sono fin troppo zelanti, perché trovano indizi in album anche precedenti la data della presunta morte, quindi i Beatles non solo avrebbero disseminato informazioni sulla morte di McCartney, ma l'avrebbero addirittura profetizzata.
Altro tema di molte leggende metropolitane è il volere mettere in guardia da qualche pericolo che, peraltro, generalmente non esiste. Per esempio, c'è una famosa lista con degli ingredienti che sarebbero ultra-nocivi. La lista comprende per esempio l'acido citrico. Dunque uno dovrebbe morire se mangia un limone. E' un elenco composto più o meno a caso. Un'altra che sta diventando molto di moda e che, come quella della morte di McCartney, è diventata una specie di pseudoscienza, con gente che fa analisi, inventa teorie, ecc., è quella delle "scie chimiche". L'idea è che nelle scie di condensazione ci sarebbero sostanze pericolosissime che vi sono messe appositamente. Per esempio dicono che sul terreno hanno trovato tracce di bario. Però la presenza del bario per terra è naturale. Il problema può essere la concentrazione e sulla concentrazione a volte fanno grossi errori. Per esempio, ho visto una conferenza in cui un sostenitore delle "scie chimiche" diceva che avevano trovato tot milligrammi e un altro relatore, un chimico, gli ha fatto notare che sulla tabella delle analisi c'era scritto microgrammi, non milligrammi. Il sostenitore delle scie chimiche ha ammesso l'errore, ma come se fosse cosa poco rilevante. E invece è rilevante: espressa in microgrammi è una concentrazione naturale, che si può trovare ovunque, che c'era anche prima che volassero gli aerei, mentre in milligrammi sarebbe più preoccupante.

Visto che siamo in tema di festeggiamenti per il 150° dell'Unità d'Italia, possiamo metterci una storia che gira e che mi è stata anche raccontata personalmente da una persona che l'ha saputa da un'amica che l'aveva sentita alla discussione di una laurea. La laureanda aveva citato un famoso garibaldino di nome Nino Biperio. La commissione di laurea resta sorpresa: chi è questo Biperio? Mai sentito. La laureanda, però, è sicura di sé: Nino Biperio, quello noto anche per la strage di Bronte... A quel punto la commissione intuisce che si tratta di Nino Bixio: la ragazza, leggendo gli appunti, ha interpretato la X come un'abbreviazione che sta per "per". Ne esiste anche un'altra versione che è quella che riguarda l'espressione latina "vexata quaestio", trasformata in "veperata quaestio". La storia è finita persino su "La Stampa" dove si racconta che a un esame di stato qualcuno avrebbe scritto "veperata quaestio" e pure qui troviamo l'elemento di "critica sociale", anzi lo troviamo doppio: 1) gli studenti e le scuole non sono più quelli di una volta, 2) è lo "slang dei cellulari" che sta rovinando la lingua italiana. In realtà, la X come abbreviazione che sostitusce "per" si usava già da prima dei telefonini, quindi abbiamo una leggende metropolitana all'interno di una leggenda metropolitana.
C'è poi il libro di Mario Giordano 5 in condotta. Sottotitolo: tutto quello che bisogna sapere sul disastro della scuola. Insomma, gli insegnanti non valgono nulla e gli studenti sono ignoranti. Quali sono le prove? Una sarebbe che qualche studente ha scritto "veperata quaestio". Giordano scrive: "Veperata? Ma sì: vexata. Però, si sa: la x si usa solo negli sms...". Fa anche lo spiritoso, ma, in realtà, ha abboccato a una leggenda metropolitana.
Altra prova di Giordano: "Se a un esame chiedi l'Infinito di Leopardi ti rispondono: leopardare." Questa è una barzelletta che girava già quando io ero studente, quindi al limite, anche se fosse vera, sarebbe una colpa già degli studenti di anni fa. Torniamo al discorso fatto prima. Io la conoscevo come barzelletta. Se Giordano la mette nel suo libro sostenendo che è un fatto reale diventa una leggenda metropolitana.
Una terza citazione da questo libro: "Un altro [studente] sulla Grande Muraglia: «E' lunghissima e se per caso sei sulla Luna la vedi perfettamente»." Giordano deride il presunto studente autore di quella frase: "Per caso? Sulla Luna? Ma sì, può capitare: sbagli l'uscita della tangenziale per Cinisello Balsamo e ti trovi direttamente nel Mare della Tranquillità." Purtroppo il signor Giordano, così pronto a bacchettare la presunta ignoranza di studenti e insegnanti, sembra non sapere che quella che si veda la Muraglia dalla Luna è una leggenda metropolitana: è vero che è lunghissima, ma è troppo stretta. Si vede a maggior distanza un edificio lungo magari solo qualche decina di metri e largo altrettanto che non la Muraglia, lunghissima, ma stretta.
Insomma, più che "tutto quello che bisogna sapere sul disastro della scuola" il sottotitolo potrebbe essere "tutto quello che bisogna sapere sul disastro del giornalismo".

Una delle leggende metropolitane più conosciute è quella degli alligatori nelle fogne di New York.
Nel 1957 un giornalista del "New York Times", Meyer Berger, aveva scritto che nelle fogne della città c'erano degli alligatori.
Lo si riferiva anche in un libro di Robert Daley intitolato The world beneath the city, del 1959. Daley aveva intervistato Edward May, detto "Teddy", che aveva lavorato per anni nell'amministrazione delle fogne di New York. May racconta a Daley che nel 1935 (tenete a mente questa data perché tornerà più avanti) aveva sentito operai dire che c'erano alligatori nelle fogne. May dice che, quando l'aveva sentito raccontare, non ci aveva creduto e che aveva voluto fare un'ispezione per vedere se qualcuno beveva in servizio, più che per cercare rettili. Però, sceso nelle fogne, li avrebbe visti anche lui e avrebbe cominciato una campagna di dealligatorizzazione, se così si può dire, con esche avvelenate e con persone con fucili per sparare agli alligatori. Nel 1937 sarebbero scomparsi del tutto.
Nel 1963 fu pubblicato il romanzo di Thomas Pynchon V. in cui uno dei protagonisti, Benny, conosce in metropolitana dei ragazzi uno dei quali lavora nella "Pattuglia Alligatori", una squadra incaricata di uccidere gli alligatori delle fogne di New York. In uno dei capitoli si descrive Benny che dà la caccia a un alligatore.
Come sarebbero finiti gli alligatori nelle fogne? La leggenda dice che qualcuno comprava un piccolo alligatore da tenere in casa e poi, quando diventava un po' più grande o comunque non lo si voleva più avere in casa, il povero animale era buttato nel gabinetto.
Il folclorista Richard Dorson, nel suo libro America in legend, riferisce la storia della "New York White" (la "bianca di New York"). La leggenda dice che quando la polizia arrivava a casa di persone che detenevano marijuana, questi per non farsi cogliere con la droga la buttavano nel gabinetto. Così la marijuana aveva cominciato a crescere nelle fogne, dove il concime non mancava. Non essendoci luce, crescevano delle piante bianche (un botanico avrebbe qualche obiezione da fare alla storia, ma siamo nel campo delle leggende). Se, dunque, c'era una bella piantagione di marijuana nelle fogne, come mai i suoi cultori non andavano giù a prenderla? La risposta è ovvia: era troppo pericoloso perché c'erano gli alligatori.
C'è pure un film, Alligator, del 1980. Una ragazzina, Marisa Kendall, riceve in regalo un piccolo alligatore mentre è in vacanza. Il padre, che non ama molto l'animaletto, un giorno se ne libera buttandolo nel gabinetto dicendo alla figlia che era morto. Qui sotto c'è la locandina in inglese dove dice che è lungo 50 piedi, ovvero circa 11 metri. Nella locandina in spagnolo però "mide 12 metros": è aumentato di un metro (e pure di un quintale) durante il doppiaggio. Tra l'altro nel film dicono che è lungo tra i 20 e i 30 metri. Comunque l'alligatore gigante alla fine è sconfitto da un ispettore di polizia aiutato proprio da Marisa che, nel frattempo, cresciuta, era diventata un'erpetologa. L'alligatore era proprio il suo cucciolo.
Nel film, l'erpetologa spiega perché un alligatore non può vivere nelle fogne. Gli alligatori hanno bisogno del sole e di calore e le fogne di New York sono troppo fredde. Nel freddo invernale morirebbero e Anche se fossero calde, comunque, morirebbero perché non potrebbero sopravvivere nei liquami. Tra l'altro, se non c'è abbastanza calore, la digestione degli alligatori non parte e quindi, se anche mangiassero, il cibo marcirebbe nello stomaco, il che non è molto salutare.
Nel film il coccodrillo ha un colore scuro, ma nella versione canonica della leggenda si parla di alligatori che diventano albini. Anche questo è strano. L'albinismo è una questione genetica: non si diventa albini, si nasce albini. Possono nascere alligatori albini, anche se molto raramente (in un libro sugli animali albini si dice che ne nasce 1 ogni 100.000). In natura non hanno fortuna: la pelle, non protetta dal pigmento scuro, viene scottata dal sole. Ce n'è in giro qualcuno in zoo o acquari dove vengono tenuti a temperature adeguate, proteggendoli dal sole.
Avevo detto prima di tenere a mente la data 1935. Eccola qua. Un articolo del "New York Times" del 1935 dice che allora fu trovato un alligatore nelle fogne. La notizia pare vera. E c'è qualche altra notizia del genere. Una del 1927 si riferisce al ritrovamento di un alligatore in un'altra città americana.
Nel 1984 c'è un coccodrillo del Nilo catturato nelle fogne di Parigi, finito all'acquario di Vannes. E' quello nella foto qui sotto - anzi, "quella", perché è una femmina, chiamata Eleanor.

"Telegram", 2 giugno 2008, p.13 (grazie all'Acquario di Vannes)

Come si vede all'acquario di Vannes hanno dipinto i muri della vasca di Eleanor con un "panorama" da fogna. L'acquario di Vannes, alla nostra richiesta, ha confermato che la storia del ritrovamento nelle fogne è vera. Ovviamente si potrebbe anche pensare che all'acquario convenga confermare la notizia perché il coccodrillo trovato nelle fogne è un'attrazione, ma la notizia è credibile.
In quest'altra foto un rettile viene tirato fuori da un pozzetto in Florida, dove comunque questi animali ci sono e le temperature sono più alte.

foto di Boyzell Hosey
dal St Petersburg Times

A questo punto ci si può chiedere: se sono vere queste notizie, perché quella degli alligatori nelle fogne di New York è ritenuta solo una leggenda metropolitana? Si può fare questo esempio. Se in pieno dicembre dovete uscire sul balcone a prendere qualcosa, anche se non vi mettete la giacca, non avrete conseguenze nocive. Se passate fuori tutta la notte, può essere un po' peggio. Se passate tutto l'inverno fuori e non coperti, è certamente dannoso per la salute. Lo stesso può valere per coccodrilli e alligatori: un conto è se lo si trova perché si è buttato dentro poco prima, un conto è che ci viva. Un gattino che si incastra nel tubo della grondaia, può essere tirato fuori vivo se si interviene presto. Non potrebbe certo, però, vivere tutta una vita dentro il tubo.
E' possibile, come qualcuno ha ipotizzato, che una notizia vera, in questo caso quella del 1935 che abbiamo visto, abbia fatto nascere la leggenda metropolitana degli alligatori nelle fogne? La mia risposta è "boh". Difficile dirlo. Può essere che Teddy May si sia ricordato di questa notizia? Magari ingannandosi nel ricordo? Difficile pensare che si possa appurarlo. In ogni caso, la leggenda poi è andata avanti ed è diventata celebre. C'è pure una canzone dei Radiohead che cita gli alligatori nelle fogne.
E' possibile che un coccodrillo tenuto in cattività sfugga. Il caso non sarà molto frequente, perché non è che tutti hanno un coccodrillo in casa. Però possiamo vedere un paio di notizie di coccodrilli a spasso in Italia che possono essere attendibili. Si dice che l'animale è stato ucciso o catturato: quindi qualcosa di concreto. Una è del 1896, a La Spezia: ucciso un coccodrillo. Nel 1969, catturato dai vigili un caimano. Poi c'è una serie di avvistamenti non confermati: la bestia non è mai stata trovata e c'è il dubbio che ci sia mai stata. Eccone alcuni degli ultimi anni:

1998: laghetto dell’Accesa, Massa Marittima (Grosseto)
2001: torrente Scrivia, Sale (Alessandria)
2002: torrente Brentana, San Fedele Intelvi (Como)
2010: lago di Falciano, Falciano (Caserta)
2010: Naviglio, Corsico (Milano)

Se qualche coccodrillo viene avvistato, l'animale che più spesso compare in questi racconti è sicuramente la pantera nera. Ecco alcuni avvistamenti di pantere nere e altri grandi felidi:

Dicembre 1986: pantera a Stagno Lombardo (Cremona)
Dicembre 1989 e mesi seguenti: pantera a Roma
Luglio 1990: pantera a Polverigi (Ancona) e a Gaggiano (Milano)
Estate 1990: tigre, leone e pantera in Toscana
Dicembre 1990: leopardo a Pian di Scò (Arezzo)
Agosto 1998: pantera in Toscana
Gennaio 2000: pantera a Torino
Ottobre 2000: leone o puma a San Casciano dei Bagni (Siena)
Novembre 2000: leonessa in provincia di Mantova
Agosto 2001: pantera a Costa Rei (Cagliari)
Giugno 2002: pantera in provincia di Cremona
Luglio 2002: pantera a Castelnuovo Bocca d’Adda (Lodi)
Dicembre 2005: pantera alla periferia di Torino
Febbraio 2009: tigre a Cermenate
Luglio 2010: pantera a Palermo
Agosto 2010: tigre in provincia di Firenze

Il caso del 1989 era diventato molto famoso. Aveva anche dato il nome a un movimento studentesco. Quasi sempre si tratta di pantere nere. Forse perché fa una scena migliore.
Se, poi, se ne parla, la vedono tutti. Una notizia interessante, a questo proposito, è quella di un coati che era fuggito da uno zoo. Lo avevano visto in svariati posti, ma non poteva correre così veloce da averli raggiunti tutti. Quindi alcuni, magari, potevano essere reali avvistamenti, ma non tutti. Un'altra notizia trovata su un vecchio giornale dice che una tigre era fuggita da un set cinematografico e, diffusasi la notizia, era stata vista da molte parti. Si era però scoperto che era morta poco dopo e poco lontano per le ferite riportate. Dunque non era andata da nessuna parte, ma molti l'avevano "vista" comunque.
Quindi è possibile che ci siano avvistamenti errati fatti in buona fede. E anche manie di protagonismo.
A Cermenate, nel 2009, si parlò di una tigre e si ipotizzò che fosse fuggita da un circo che era da quelle parti. Il circo, però, non aveva tigri. Non è l'unico caso in cui la "colpa" viene data a un circo che, si scopre poi, non ha quegli animali. Forse piuttosto che la fuga di una pantera o altro felide da un circo, è più probabile che la presenza di un circo faccia nascere avvistamenti infondati di questi animali.
Un caso recente (2010) è quello della pantera a Palermo. L'ha vista più di una persona. Ne hanno parlato ancora qualche giorno fa a "Studio Aperto", il telegiornale di Italia 1. La notizia è stata così presentata: "Per qualche tempo è sembrata solo una leggenda metropolitana", "Sino ad ora c'erano stati decine di avvistamenti, ma nessun video o foto dell'animale [va precisato che questa affermazione è sbagliata: c'erano anche le foto]. Adesso ci sono queste immagini." Be', se l'hanno filmata, vediamola questa pantera in questo servizio trasmesso da un telegiornale a copertura nazionale. Ecco un'immagine:

immagine dal servizio di Studio Aperto

Ecco la pericolosissima pantera! Tra l'altro si può fare il confronto con la sedia: si vede anche quanto è grosso. Non è che è in lontananza, senza punti di riferimento, e non si capiscono le dimensioni. Cosa potrà essere?
[Una persona del pubblico, scherzando: Un cucciolo di pantera!]
Certo, per le dimensioni potrebbe anche essere un cucciolo di pantera. Comunque, ammesso che ci sia bisogno di mostrare che è un gatto e non una pantera, la forma del muso è da gatto. Le pantere hanno il muso più allungato. Anche la coda dice che è un gatto e non una pantera. Potrebbe essere una pantera che ha preso una botta in faccia e a cui hanno modificato la coda, ma forse è più probabile che sia un gatto.
Guardate poi il titolo del servizio. Non volevano creare inutili allarmismi, per cui hanno scelto un titolo sobrio: "Una pantera terrorizza Palermo". Il servizio dice pure che è fuggita dalla villa di un mafioso: eh, non è che si stanno dando notizie a caso, si sa anche la provenienza di un animale che non c'è... Dice anche che è stata vista vagare sui tetti. Eh be', normalmente tutte le pantere salgono sui tetti! A differenza dei gatti...
Questo lo racconta un telegiornale a diffusione nazionale! E lo fa trasmettendo immagini da cui si vede benissimo che è un gatto nero. Forse questo è un motivo per cui si vedono più pantere nere che leoni o tigri. Confondere un gatto con un leone o una tigre è più difficile.
Voi direte che, però, "Studio Aperto" non è noto per la sua attendibilità. Tempo fa aveva pure aveva pure mostrato un filmato con un ufo che poi si è scoperto essere un pezzo di carta igienica attaccato alla finestra. Oppure l'ufo circolare che aveva al centro una cupola trasparente: ovvero uccelli che volavano in circolo e all'interno del cerchio di vedeva il cielo semplicemente perché non c'era nulla. Quindi se uno si vuole informare un po' sulle leggende metropolitane, può sempre dare un'occhiata a "Studio Aperto".
Ma vediamo il "Corriere della Sera" che pubblica una foto, anche loro con un titolo che non vuole creare allarmismo: "Incubo pantera".

immagine da Corriere.it

Almeno ci mettono un dubbio, dicendo che è la foto della pantera, ma che qualcuno pensa che possa essere invece un gatto. Be', non è che "può essere" un gatto: è un gatto.
E' incredibile come si faccia fatica a riconoscere un gatto. Fosse un animale esotico, ma è un animale comunissimo.

[Intervento del pubblico:] Dopo gli animali, possiamo sentire qualcosa anche sulle piante?

Ricicliamo una leggenda metropolitana dall'incontro fatto a Parè. E' una storia che mi è anche stata raccontata. Una ragazza, persona tra l'altro affidabile, mi ha detto che aveva trovato il suo coniglietto morto nella gabbietta e vicino al corpo c'erano frammenti di foglie di stella di Natale. Io devo aver fatto una faccia un po' dubbiosa. Lei allora mi ha detto che è una pianta velenosissima. Allora le ho detto che non pensavo che potesse morire solo per aver mangiato una foglia di quella pianta e, dato che lei ribadiva la pericolosità della stella di Natale, le ho detto che tale grande pericolosità è una leggenda metropolitana.
Di questa leggenda avevo già parlato a Parè, ma posso fare un aggiornamento. Dunque, a Parè avevo detto che è una leggenda metropolitana, ma qualche giorno dopo esce la notizia sul giornale che il centro tossicologico di Pavia dice che la maggior parte dei loro interventi per ingestione di piante da appartamento è per le stelle di Natale. Innanzitutto, bisognerebbe vedere cosa significa che è responsabile della maggior parte degli interventi. Se si crede che sia velenosa, è ovvio che se viene ingerita si va a cercare aiuto medico più che per una pianta ritenuta innocua. Si dovrebbe contare il numero degli avvelenamenti, non semplicemente quello delle richieste di intervento. Contattato il Centro tossicologico, la risposta che abbiamo avuto ha toni meno forti di quelli delle notizie sui giornali: la pianta può dare (quindi, non dà sicuramente) infiammazioni locali alla bocca o allo stomaco.
Ovviamente anche altre piante e anche alimenti possono dare infiammazioni. Ci sono le allergie e chi ne è soggetto, mangiando un certo alimento che ad altri non fa nessun effetto, potrebbe riempirsi di puntini rossi. Se uno è allergico alla stella di Natale, potrà avere un'eruzione cutanea o altro.
Quindi: pericolosa o no? Non esistendo nella letteratura medica prove concrete (l'unico caso citato di morte è quello di un bambino, ma è stato raccontato diversi anni dopo per sentito dire), sembrava di poter dire di no. Visto, però, che la discussione proseguiva, ho pensato di tagliare la testa al toro. C'era lì una stella di Natale: ho preso quattro foglie e le ho mangiate. Se sono qui, vuol dire che non dovrebbe essere mortale. Potrei citare la battuta fatta da Paul McCartney quando gli hanno chiesto, facendo riferimento alla leggenda metropolitana, se era morto nel 1966 o no e lui ha risposto: "non credo, ma sono sempre l'ultimo a cui dicono le cose" (comunque la battuta era già in giro, risale almeno a Mark Twain). Quindi non sono morto e neppure ho avuto alcun fastidio, né alla bocca né allo stomaco. In conclusione, se fossero davvero così velenose, se davvero l'ingestione di una foglia può uccidere un bambino, avrei dovuto avere almeno un po' di mal di stomaco.
Naturalmente questo non esclude il fatto che uno possa avere reazioni allergiche alle stelle di Natale. E' conosciuto il caso di una persona che lavorando in una serra ha avuto problemi cutanei per il contatto e sfregamento con questa pianta. Già il caso che si ricordi un singolo caso, però, sembra dimostrare appunto che è un'allergia del soggetto più che una pericolosità della pianta.

[dal pubblico:] C'è anche la storia del tronchetto della felicità.

Questa è molto famosa. Per chi non la conosce, la leggenda racconta che il tronchetto veniva esportato dalle zone in cui era coltivato e insieme alla pianta finiva per essere portato un ragno che faceva la tana nel tronchetto stesso o nella terra. Ovviamente era un ragno velenosissimo: appena una veniva morso, cadeva morto (che già di per sé è discutibile perché in tutto il mondo non esistono ragni così velenosi: ci sono ragni il cui morso può in qualche caso risultare mortale, ma sono casi rari anche per i più velenosi ragni dell'Australia o delle Americhe: normalmente un adulto in buona salute non muore nemmeno se a morderlo è il più pericoloso ragno conosciuto, anche se certo non è un'esperienza piacevole e gli effetti possono essere pesanti).
Esiste una versione ancora più spettacolare. La cliente vede che il cactus acquistato fa dei movimenti. Chiama il supermercato e le dicono di uscire di casa portando fuori persone e animali domestici. Arriva una squadra specializzata e il cactus esplode, liberando una miriade di tarantole nate all'interno. Va notato che il ragno che gli americani chiamano "tarantula" e la nostra "tarantola" sono due ragni completamente diversi. Comunque, nessuno dei due è così pericoloso come si dice nella leggenda, neppure da adulti e quindi tanto meno da ragnetti appena nati.

[dal pubblico:] Si dice anche di togliere la punta delle banane perché dentro può esserci una cimice. A me l'hanno raccontata alle elementari.

Questa non la conoscevo: si impara sempre qualcosa. Vi ringrazio e la aggiungo al repertorio.

[dal pubblico:] C'è quella del gatto africano che si mangia il gattino.

Questa esiste in più versioni. Nella versione più diffusa è un topo che viene creduto un cane. C'è una coppia che va in Thailandia, o in Africa. Nella versione famosa negli Stati Uniti, vanno in Messico. Trovano questo cagnolino tanto carino e se lo portano a casa. Un giorno rientrano e trovano pezzi di gatto sparpagliato e sangue qua e là. Scopriranno quindi che il cagnolino ha divorato il gatto. Chiamano il veterinario che spara subito alla bestia (tra l'altro non si capisce come mai il veterinario giri con una pistola). Loro gli chiedono se è impazzito, dato che ha sparato al loro cagnolino, ma lui spiega che non è un cane, ma un pericoloso topo tailandese, o messicano, o quel che volete. Una leggenda citata anche nella canzone di Elio e le Storie Tese Mio cuggino: "Mi ha detto mio cuggino che una volta ha trovato in spiaggia un cane e invece era un topo [...] Mio cuggino topo-cane".

[dal pubblico:] La cosa imbarazzante è quando te la raccontano...

Eh sì. Uno che la sente raccontare pensa: "adesso come faccio a dirgli che è una leggenda metropolitana?" Nella serata a Parè ho raccontato di quando un mio compagno di corso aveva voluto riferirci quel che gli aveva raccontato suo fratello: un amico un giorno aveva visto arrivare il suo cane con in bocca, morto, il coniglietto del vicino. Ovviamente ho potuto anticipare la fine. L'amico, pensando che sia stato il suo cane a ucciderlo, lava bene il coniglietto e lo rimette nella gabbietta, ma il vicino quasi prende un colpo vedendolo lì perché il coniglietto era morto e lui l'aveva seppellito in giardino: il cane l'aveva dissotterato. Il mio compagno di corso mi ha guardato perlesso chiedendomi se conoscevo l'amico del fratello o qualcuno che lo conosceva e gli ho risposto che non li conoscevo, ma conoscevo la leggenda metropolitana. Lui allora con aria decisamente offesa (il che testimonia la buona fede) ha tirato le somme: "Ma allora mio fratello mi ha preso in giro?" Be', o il fratello o l'amico.

Visto che si parlava di gatti, aggiungiamo qualche leggenda metropolitana sui gatti.
In una di queste, un gatto sale sull'albero e non riesce a scendere. In famiglia, però, c'è quello che ha le idee geniali. Nelle leggende metropolitane quelli con le idee geniali sono pericolosissimi. Anche nella vita reale, a dir la verità, spesso sono pericolosi. Il tipo geniale prende una corda, fa un lazo, aggancia la cima dell'albero e tira piegando l'albero verso il basso in modo che il ramo con il gatto si avvicini e l'animale arrivi all'altezza in cui si può prenderlo. L'idea sembra funzionare, ma quando il gatto è quasi all'altezza in cui può essere preso il cappio scivola via, l'albero si raddrizza di colpo e il povero gatto viene scagliato lontano. In una versione il gatto atterra in grembo a una persona che era su una sedia sul balcone di una casa a una certa distanza, che considera il gatto mandato dal destino e lo "adotta".
In un'altra, c'è ancora un gatto che sale sull'albero, ma nessuno ha l'idea geniale del cappio e chiamano i pompieri. I pompieri lo tirano giù. Ringraziamenti e saluti, famigliola contenta col gatto. I pompieri saltano sul loro mezzo e facendo retromarcia spiaccicano il gatto.
Persino da morti i gatti finiscono nelle leggende metropolitane. A una signora muore il gatto cui era affezionatissima. Lei vuole portarlo in un cimitero per animali o dargli una degna sepoltura da qualche parte. Allora infila il gatto morto in un sacco e lo porta con sé. Si ferma però a fare degli acquisti. Lascia un momento incustodito il sacco col gatto morto e una donna, credendo che contenga nuovi acquisti, lo ruba. Quando la ladra apre il sacco per vedere la refurtiva, vede il gatto morto e sviene. La trovano svenuta e viene chiamata un'ambulanza. Il passante che l'ha soccorsa, vedendo lì vicino il sacco, lo raccoglie e lo pone sul corpo della donna svenuta caricata sull'ambulanza. Così quando riprende i sensi vede subito che non è andato perso.
C'è un'altra versione di questa leggenda, con una persona che deve fare l'esame delle urine e, non avendo l'apposito contenitore, la raccoglie in una bottiglia. La lascia però per un momento incustodita e un ubriacone di passaggio, credendo sia vino, ruba la bottiglia.
Leggende "metropolitane", "urbane", "contemporanee". Magari qualcuno pensa che le leggende siano qualcosa di legato al passato, ma le leggende continuano a nascere. Ci sono leggende legate proprio alla tecnologia moderna. Per esempio, il forno a microonde. In una leggenda, a una vecchia signora viene regalato un forno a microonde. Lei, non esperta in materia, pensa di usarlo per asciugare il cagnolino o gattino che si è bagnato per la pioggia e le povere bestiole vengono cotte e magari esplodono.
Alcune leggende mostrano un atteggiamento ambivalente verso la tecnologia che da una parte ci aiuta, ma dall'altra a qualcuno lascia una certa diffidenza.

[dal pubblico:] Ricordo quindici-venti anni fa c'era la leggenda metropolitana che invitava a raccogliere i codici a barre. Non aveva molto senso, eppure la gente ci credeva. Si diceva che dai numeri si poteva risalire al produttore. C'era stata anche quella della carta stagnola.

Ci sono varie leggende sulle raccolte. E qualche raccolta è diventata reale, come quella dei tappi. Quella dei codici a barre invece è proprio una leggenda metropolitana.

[dal pubblico:] Può essere che qualche leggenda metropolitana sia nata da un fatto reale?

E' una bella domanda. Abbiamo visto prima il caso della notizia sull'alligatore trovato nella fogna a New York nel 1935. E' possibile che la leggenda sia nata da quella notizia? In teoria sì, ma in pratica come facciamo a saperlo? Anche se appuriamo che c'è stato un fatto, non è detto che la leggenda sia nata da quel fatto. Può anche essere che la leggenda preceda il fatto. Il fatto può essere una conseguenza della leggenda: la leggenda è conosciuta e qualcuno la rende realtà. Oppure il fatto può verificarsi indipendentemente dalla leggenda. Statisticamente può succedere. E' come con i "sogni premonitori": statisticamente prima o poi succederà qualcosa che è stato prima sognato. Non è che "si avvera" il sogno, non c'è un rapporto di causa - effetto.
Non sono molte le leggende metropolitane per le quali abbiamo informazioni sulle circostanze della loro nascita. Un esempio di queste eccezioni è la leggenda della morte di Paul McCartney, che comunque poi ha preso una sua vita indipendente.
A volte si citano persino fonti: era sul tal giornale, ma non salta fuori la data e non si riesce a verificare se effettivamente la notizia c'era.
Magari poi può pure capitare che si pensa che siano leggende metropolitane anche fatti successi realmente.

FONTI:

La mitragliatrice nel baule: La leggenda del carabiniere, “Focus”, n.11, 2004, pp.5, 7 (lettera di Fabio D’Arienzo e risposta di Lorenzo Montali).
Il dobermann che soffoca: Bermani 1991, p.174; Brunvand 1989, pp.33-37; Brunvand 2001, pp.28-29; Fleming e Boyd 1998, pp.36-37; Fabbri in Le nuove leggende 2005, pp.132-133.
Il criceto sotto la moquette: Brunvand 2001, pp.238-239; Fleming e Boyd 1998, p.55; Serra 1999, pp.131-132.
Elvis Presley: Maria Teresa Carbone, 99 leggende urbane, Milano : A. Mondadori, 1990, pp.198-199.
La "morte" di Paul McCartney: Maria Teresa Carbone, 99 leggende urbane, Milano : A. Mondadori, 1990, pp.59-61; Giorgio Castiglioni, La "morte" di Paul McCartney, "Mah", n.6, dicembre 2004, pp.1-4.
Lista degli ingredienti nocivi: Maria Teresa Carbone, 99 leggende urbane, Milano : A. Mondadori, 1990, pp.25-26.
Scie chimiche: Simone Angioni, Il complotto delle scie chimiche, “Scienza & paranormale”, n.80, luglio - agosto 2008; Giorgio Castiglioni, Ufo, scie, ragni volanti, “Mah”, n. 17, settembre 2009, pp.1-2.
Nino Biperio e la veperata quaestio: Francesco La Licata, Aspiranti giudici con precedenti in grammatica, La Stampa.it, 7.1.2008 (online qui); Mario Giordano 5 in condotta : tutto quello che bisogna sapere sul disastro della scuola, Milano : A. Mondadori, 2009, pp.57-58 (altri esempi tratti dal libro: pp.31, 33-34).
Alligatori nelle fogne di New York: Bermani 1991, pp.213-218; Bonato 1998, pp.116, 121, 122-124; Brunvand 2001, pp.119-121; Ciaravolo 2000, pp.125-126 (a Firenze); Fleming e Boyd 1998, p.57; Montali 2003, pp.161-162; Serra 1999, pp.114-118; Maria Teresa Carbone, 99 leggende urbane, Milano : A. Mondadori, 1990, pp.31-33; Alligator found in Uptown sewer, "New York Times", 10 febbraio 1935, p. F29 (online qui); Loren Coleman, Alligators-in-the-sewers : a journalistic origin, “Journal of American Folklore”, 92 (1979), pp.335-338; ripubblicato in Incredible life : a handbook of biological mysteries, compiled by William R. Corliss, Glen Arm : The Sourcebook Project, 1981, pp.485-489; George Fergus, More on alligators in the sewers, “Journal of American Folklore”, 93 (1980), p.182; ripubblicato ivi, pp.489-490; Ana Claudia Paixao – Iben de Neergaard, Gators in the city. Life in the sewers (online qui); Loren Coleman, Mysterious America, NY : Pocket Books, 2007, pp.68-75; Barbara Mikkelson, Gatored community, Snopes.com, ultimo aggiornamento: 12 luglio 2009 (online qui); A. G. Sulzberger, The book behind the sewer-alligator legend, 23 novembre 2009 (online qui); David Emery, Alligators in the sewers, [2010] (online qui); Kelly Milner-Halls, Albino animals, Plain City : Darby Creek, 2004, pp.9-11; Thomas Pynchon, V., Milano : Rizzoli, 1992, pp.57-58, 62, 144-151, 155-159.
Coccodrillo nelle fogne di Parigi: Un crocodile capturé dans les égouts parisiens, "Figaro", 9 marzo 1984; Bertrand Le Bagousse, Aquarium. Un égout por le croco, 2 giugno 2008, p.13 (grazie all'Aquarium di Vannes per i ritagli di giornale).
Coccodrilli in Italia: [Giorgio Castiglioni], Coccodrilli in fuga, "Il topo di biblioteca", n.96, maggio 2010, p.2.
La pantera nera: Bermani 1991, pp.229-248; Brunvand 2001, pp.224-226; Bermani in Le nuove leggende 2005, pp.42-43; Pannofino in Le nuove leggende 2005, pp.187-198 (caso di Ceriana); Maria Teresa Carbone, 99 leggende urbane, Milano : A. Mondadori, 1990, pp.187-189.
I casi elencati con data dal 1998 in avanti: Dopo il coccodrillo avvistata una pantera, "Corriere della Sera", 24 agosto 1998, p.15 (qui); Maria Teresa Veneziani, Allarme pantera sui colli di Torino, "Corriere della Sera", 20 gennaio 2000, p.16 (qui); 'Caccia al leone nel Senese': forse è un puma, Quotidiano.net, 22 ottobre 2000 (qui); Avvistata leonessa nel Mantovano, Quotidiano.net, 25 novembre 2000 (qui); Turisti «avvistano» pantera. Pratesi: «Sono solo fantasie», "Corriere della Sera", 18 agosto 2001, p.16 (qui); Sperangelo Bandera, Allarme pantera nel Cremonese, "Corriere della Sera", 21 giugno 2002, p.53 (qui); Avvistata la pantera, si è spostata da Cremona, "Corriere della Sera", 3 luglio 2002, p.52 (qui); Andrea Ferrero, Una pantera a Torino, "Scienza & paranormale", n.64 (qui); L. O., «Una tigre» Ma l'allarme è una bufala, "La Provincia", 14 febbraio 2009, p.37; per i casi del 2010 di Palermo e Firenze, v. la discussione Pantere in Italia sul forum di Bibliotopia.
Stella di Natale: La stella di Natale è pericolosa?, "Mah", n.22, dicembre 2010, pp.1-2.
Tronchetto della felicità: Bonato 1998, pp.118, 124-125; Brunvand 1989, p.77; Maria Teresa Carbone, 99 leggende urbane, Milano : A. Mondadori, 1990, pp.208-209, 251-254.
Cactus pieno di ragni: Brunvand 2001, pp.127-128; Fleming e Boyd 1998, p.58; J. C. Herz, I surfisti di internet, Milano : Feltrinelli, 1999, pp.36-37.
Topo-cane: Bermani 1991, pp.195-204; Bonato 1998, pp.114-116, 121-123; Brunvand 1989, pp.13-15; Brunvand 2001, pp.20-21; Fleming e Boyd 1998, p.35; Carbone in Le nuove leggende 2005, pp.61-62; Serra 1999, pp.119-123.
Coniglietto zombie: Brunvand 1990, pp.135-139; Brunvand 2001, pp.21-22; Fleming e Boyd 1998, p.41 (leggenda simile con un pappagallino: Brunvand 2001, pp.237-238).
Gatto fiondato dall'albero: Brunvand 1990, pp.144-145; Brunvand 2001, pp.240-241; Fleming e Boyd 1998, p.53; gatto salvato e poi travolto dai pompieri: Brunvand 1990, pp.146-148; Brunvand 2001, p.242; gatto morto rubato: Brunvand 1989, pp.24-26; Brunvand 2001, pp.42-43; Fleming e Boyd 1998, p.43; Serra 1999, pp.70-71; Maria Teresa Carbone, 99 leggende urbane, Milano : A. Mondadori, 1990, pp.134-135; gatto o cane nel forno a microonde: Bermani 1991, pp.157-158; Bonato 1998, pp.120-121 (e vince la causa con il produttore); Brunvand 2001, p.194; Fleming e Boyd 1998, p.34.
Raccolte di codici a barre e altro: Maria Teresa Carbone, 99 leggende urbane, Milano : A. Mondadori, 1990, pp.62-64.


Giorgio Castiglioni, bibliotecario a Parè e Moltrasio, è redattore di "Mah".
Comunicazioni: mah.giorgio AT gmail.com