BIBLIOTOPIA

presentazione dei romanzi
IL MOSTRO DEL LAGO DI COMO: IL LARIOSAURO
LA DONNA SCOMPARSA NEL LAGO DI COMO

di Emanuele Pagani

Moltrasio, Biblioteca comunale, 29 aprile 2014

La fonte di ispirazione del mio romanzo sul mostro del lago di Como è l'avvistamento che fece nel 1957 il mio prozio Renzo Pagani. Insieme all'ingegnere Luigi Percassi, nel dopoguerra ideò e costruì una batisfera per svolgere delle immersioni nei fondali lacustri. Ne fecero diverse, innanzitutto nel lago d'Iseo, perché erano originari di Castelli Calepio, un paese a circa 6 chilometri dalla sponda occidentale del lago d'Iseo. L'idea di costruire questo mezzo venne proprio mentre stavano facendo un giro in motocicletta sul lago d'Iseo e, dalle parti di Marone, sulla sponda orientale, videro una colonna di auto e sentirono dire che un'automobile con a bordo quattro persone era finita nel lago. Lì è scattata una scintilla. Quelle persone sarebbero rimaste in eterno sul fondale del lago? Perché non costruiamo qualcosa per riuscire a recuperarle? Idearono la batisfera e, a distanza di un paio di anni, recuperarono i quattro cadaveri e l'automobile. Iniziarono a farsi conoscere. La batisfera fu utilizzata anche sul lago di Como, il più profondo d'Italia. Venne testata ad Argegno, nella zona più misteriosa del lago. Successivamente vennero chiamati anche da altri laghi, come il Lago Maggiore e alcuni laghi svizzeri. Nella batisfera ci stava una sola persona. Luigi Percassi, dal punto di vista ingegneristico, fu il creatore del mezzo, ma il mio prozio faceva la maggior parte delle immersioni. Veniva calato con la batisfera, con vetri che davano una visione a 360 gradi.
Nel 1957, giunto sul fondale, a Dervio, guardava se c'era l'automobile precipitata con una donna a bordo. Io purtroppo non ho mai conosciuto il mio prozio, morto in circostanze tragiche. Non con la batisfera: quando morì, non faceva più questo lavoro. L'avevano abbandonato perché c'erano mezzi più moderni per scandagliare i fondali. Attraverso mio padre, che fin da quando ero bambino me l'ha raccontata, sono venuto a conoscenza della vicenda del presunto mostro avvistato a Dervio. Il mio prozio si trovava a circa 100 metri di profondità e, mentre cercava di vedere l'auto, a un certo punto si era imbattuto in questa creatura che, a differenza di quanto si disse nella notizia sul giornale, venne da lui descritta come un animale enorme, con testa da coccodrillo e zampe da rettile, ferma sul fondale. Chiaramente si sapventò. Il tempo di cercare di capire cosa aveva di fronte, cosa era quello stranissimo pesce o rettile, e l'animale si mosse sollevando dal fondale alcuni detriti, costringendo così il mio prozio a emergere per evitare di schiantarsi. Lo raccontò al giornale locale "L'Ordine" che lo descrisse in modo leggermente diverso, dandogli dimensioni un po' minori. Secondo quello che è stato tramandato per tradizione familiare, era più grosso degli esemplari di lariosauro trovati da Balsamo Crivelli e da altri a partire dall'Ottocento. L'aspetto affascinante è che, nonostante si sapesse già di questi fossili e che ci fossero stati avvistamenti precedenti, il mio prozio non ne era a conoscenza: di questo sono sicuro. Si è imbattuto in questa strana creatura che potrebbe essere (usiamo il condizionale) quell'animale del Triassico denominato lariosauro, che potrebbe non essersi estinto. Gli scienziati tenderanno a scartare questa ipotesi e penseranno che possa essersi trattato di un grande luccio. Però va detto che il luccio non ha zampe da rettile. Un qualcosa di misterioso potrebbe essere sopravvissuto nel lago più misterioso e più affascinante d'Italia, come io chiamo il lago di Como.
Il romanzo è ambientato ai nostri giorni. Ci sono due ragazzi (non a caso bergamaschi, perché bergamaschi erano il mio prozio Renzo Pagani e Luigi Percassi) che, durante una gita sul lago di Como, partono da Bellagio con il motoscafo dello zio di uno dei due insieme a due ragazze che fanno loro compagnia e avvistano per la prima volta il lariosauro che emerge dal lago di Como. Vedono questo strano pesce col muso da coccodrillo e le zampe da rettile e si spaventano, ovviamente. Lo raccontano ai giornali, senza sapere delle storie del lariosauro, di cui poi verranno a conoscenza attraverso una ricerca che svolgeranno. C'è un ricercatore svizzero, Alain Wagner, che da sempre ricerca il lariosauro, crede nella sua esistenza e vuole catturarlo. Abbiamo un dualismo tra i ragazzi, che vorrebbero proteggere il lariosauro, che per loro è una creatura affascinante, l'unico sopravvissuto alla deriva dei continenti, e il ricercatore che punta invece sul fattore economico, vuole catturarlo e ha tutti i mezzi per farlo. Wagner è figlio di un banchiere svizzero, con residenze nel Canton Ticino e a Milano. Insieme al collega Lucas Forestieri, un italo-argentino che è il suo scagnozzo, fa di tutto per catturarlo. Hanno dei grossi motoscafi. Riusciranno addirittura ad avere un sommergibile. Rappresentano la parte malvagia che vuole sfruttare la scienza mostando il mostro al mondo.
Ci sono anche dei personaggi comaschi, in particolare di Menaggio e di Gravedona, che daranno man forte ai due ragazzi. Ci sono anche dei personaggi femminili: le due ragazze citate prima e una donna di origine straniera legata a Wagner. Il fulcro del libro è il lago di Como, in particolare Bellagio, Dervio, Menaggio e Gravedona. Wagner alloggia in un albergo di Menaggio. L'ambientazione però spazia anche alla provincia di Bergamo, dove abitano i due ragazzi, e al Canton Ticino. Wagner è al Casinò di Campione d'Italia quando, con l'amico Lucas Forestieri, viene a conoscenza dell'avvistamento del lariosauro leggendo un giornale locale. Inoltre c'è uno studioso svizzero, il professor Guidi, uno scienziato pazzo che sperimenta su cani, ma anche su persone, dei particolari farmaci che mutano il comportamento e avranno a che fare con uno dei protagonisti. Ci sono anche storie sentimentali perché, come mi è stato insegnato anche da alcuni miei editori in passato, è bene mettere qualcosa legato ai sentimenti per rendere la storia più appassionante. Oltre all'aspetto fantastico e avventuroso, un pizzico di sentimento non gusta mai.
Ho tentato di scrivere un romanzo scorrevole. E' un libro uscito già da un po', circa due anni e mezzo, con una prima edizione con la proprietà precedente della casa editrice, mentre la seconda, quella più diffusa, è già alla quarta ristampa. E' un libro che continua a vendere, una storia che intriga, incuriosisce il lettore. Poi può piacere o no. Io ho cercato di trasmettere qualcosa di personale, anche perché è legato alla mia famiglia. Avevo già fatto altre pubblicazioni, soprattutto di narrativa fantastica. Volevo scrivere qualcosa legato a questo mostro lacustre che fu avvistato dal mio prozio. Ho quindi creato questo romanzo d'avventura, ambientato ai giorni nostri, con un tocco di fantastico, dato che siamo di fronte a una creatura che la maggior parte degli scienziati ritiene estinta.

[domanda del pubblico] Ha a che fare con la batisfera di Vassena?

No, quella era un'altra. Quella di cui parlavo è stata costruita dal mio prozio e da Percassi. Attualmente si trova al Museo della marina di Ravenna. E' stata riverniciata e sistemata. Purtroppo dopo la morte precoce del mio prozio venne un po' abbandonata perché i suoi familiari non condividevano molto il fatto che svolgesse quel lavoro, peraltro molto redditizio. Il mio prozio era benestante. Ogni volta che qualcuno spariva nel lago e bisognava recuperare un cadavere, un'automobile, venivano chiamati e ben retribuiti, a volte dai comuni, a volte dai parenti degli scomparsi. Era un lavoro che non tutti sarebbero riusciti a fare. Si dice addirittura che il mio prozio all'interno della batisfera tenesse una pistola (ai tempi era più facile procurarsene una) dicendo che, se si fosse schiantato sul fondale, piuttosto che aspettare la fine si sarebbe sparato. Fortunatamente non è mai successo nulla di tragico con la batisfera, che è ancora nel museo citato ed è comparsa in qualche documentario. E' una delle poche in Italia.

[domanda del pubblico] Si poteva muovere?

Veniva calata e rimaneva in zona. Si muoveva poco perché c'era una zavorra che faceva quasi da ancora. Poi veniva sollevata e calata in un altro posto.

[domanda del pubblico] E' capitato che qualcuno, leggendo il romanzo, abbia comunicato di aver visto anche lui il mostro?

Finora non mi è mai capitato un confronto diretto con una persona che dice di aver visto il lariosauro. Quando se ne parla in tv, si fa riferimento al caso al nord del lago, quando due cacciatori gli spararono. Castiglioni vi saprà dare una spiegazione.

[intervento di Giorgio Castiglioni] Quella del Pian di Spagna è con ogni probabilità semplicemente un'invenzione del giornale. Diverso è l'avvistamento del 1954 ad Argegno: dalla descrizione si potrebbe pensare che fosse una lontra. Insieme a quello del tuo prozio, per il quale io ho avanzato l'ipotesi del luccio, è il caso più interessante. Altri, come quello del Pian di Spagna di cui si diceva e quello di un mese dopo quello di Pagani, con un mostro enorme che sarebbe apparso tra Dongo e Musso, hanno tutta l'aria di essere pure invenzioni del giornale che le pubblicò.

Per scrivere il libro mi sono documentato. Quando ho avuto l'idea di scrivere il romanzo non ero a conoscenza degli altri avvistamenti. Volevo scriverlo perché l'aveva visto lui. Poi sono venuto a sapere che c'era un'associazione di "Amici del Lariosauro", che c'era il bibliotecario di Moltrasio e Parè che da tempo faceva conferenze sul lariosauro, che Giovanni Galli aveva scritto un romanzo storico con il lariosauro. Ben venga tutto ciò: vuol dire che se il mio prozio non è stato l'unico a dire di averlo visto, può essere che esista. E' chiaro che stiamo parlando di qualcosa che va contro la scienza, però io per dovere familiare devo crederci: se non si trattava del lariosauro, doveva essere qualcosa di non classificato, che non era neppure un luccio, perché il mio prozio diceva di aver visto delle zampe.

[intervento del pubblico] Negli anni '70 facevo il canottiere. Una sera ero sul lago, da solo, verso la punta di Pizzo, e a un certo punto ho sentito un gran gorgoglio. Ho girato la barca e sono tornato indietro veloce. Non ho visto nulla, però.
[altro intervento] E' la stessa cosa che è capitata a un'altra persona: ha detto che una cosa del genere, con tutte quelle bolle che salivano in superficie, non l'aveva mai vista.
[dal pubblico] C'è stato anche in televisione...

Sì, ne han parlato di recente a "Mistero" e tra l'altro hanno fatto vedere la fotografia che aveva trovato Giorgio Castiglioni. Giorgio me l'aveva passata e io l'ho passata alla redazione che mi ha chiesto anche il libro, perché questa tematica incuriosisce. L'altro lago a cui si associano avvistamenti è il lago di Garda, sul quale però non mi sono documentato. Se ne parla in un libro di Simona Cremonini. Però il più famoso in Italia è Larrie il lariosauro.
Io personalmente ci credo: altrimenti non avrei scritto il libro. Il mio prozio ha fatto molte immersioni nel lago di Como: ne ha fatte tante prima e tante dopo. L'unica volta in cui si è imbattuto nel mostro è stata quella volta. Circostanza fortunata, probabilmente. Tra l'altro, non nella parte più profonda: era a 100 metri di profondità, mentre il lago supera i 400 presso Argegno. Nel Triassico il lariosauro esisteva e sono stati trovati i fossili. Il più grande è a Monaco di Baviera. Il mio prozio ha descritto una creatura come il lariosauro prestorico anche se non lo conosceva. La differenza è che lui aveva detto che era enorme, anche se poi il giornale ha riportato un po' diversamente. Quelli fossili sono più piccoli: un attuale siluro sarebbe più grosso.

[domanda del pubblico] Di solito si pensa a un animale con il collo molto lungo. Dai fossili si capisce anche l'aspetto dell'animale?
[intervento di Giorgio Castiglioni] Sì. Il lariosauro aveva un collo di una certa lunghezza, anche se non così lungo come nelle diffuse raffigurazioni del mostro del Loch Ness che ricordano più altri rettili preistorici come per esempio l'elasmosauro o altri plesiosauri. La testa poteva somigliare a quella di un coccodrillo, ma non va preso come un paragone stringente: si tratta comunque di due gruppi distinti. Era adattato alla vita acquatica, era un animale marino. Dobbiamo infatti precisare che ai tempi del lariosauro (parlo del rettile preistorico realmente esistito), nel Triassico, il lago di Como non esisteva. C'era una zona di mare. Questo è un punto che va contro l'ipotesi del rettile preistorico sopravvissuto. Non può essere rimasto nel lago semplicemente perché il lago non c'era. Bisognerebbe pensare che dal mare sia poi risalito per un istinto inspiegabile fino al lago vicino al quale sono stati trovati i fossili risalenti a quando lì c'era il mare. Non è insomma credibile, così come è difficile credere che sia rimasto immutato per più di 200 milioni di anni. I notosauri, gruppo cui appartiene il lariosauro, sono scomparsi da lunghissimo tempo. Questo è il punto di vista scientifico. Poi, ovviamente, chi scrive un romanzo è libero di concedersi qualche licenza e di non rispettare perfettamente la geologia e la paleontologia.

Vorrei aggiungere una cosa. Io, come ho detto, credo nell'esistenza del lariosauro, ma credo nell'esistenza di una popolazione di lariosauri, non un unico esemplare: una popolazione che non si è estinta e che si riproduce tuttora nel lago. Se il mostro c'è, allora ci sono più esemplari. Pur se è in contrasto con la scienza, cerco di motivare la mia idea.

[domanda del pubblico] Gli avvistamenti dei lucertoloni dei monti, di cui parla Amoretti, possono essere collegati al lariosauro?
[intervento di Giorgio Castiglioni] Quello dei lucertoloni è un caso forse ancora più interessante di quello dei mostri lacustri. C'è una tradizione. Come lei ha giustamente accennato, ne parla Carlo Amoretti. Per la nostra zona, ne parla anche Georg Leonhardi. Si parla di grossi lucertoloni con piccole zampette. Amoretti riferisce addirittura che non si sa bene se ne abbia quattro o solo due. Si parla anche del fiato velenoso, particolare più da folclore, ma talora caratteristiche implausibili sono attribuite anche ad animali reali (che ovviamente non le hanno davvero). Rispetto ai mostri del lago, sono una tipologia diversa. Sono animali terrestri. Si dice che scendessero verso il lago per deporre le uova, ma stavano sulla terra. La descrizione riportata da Amoretti potrebbe essere quella di un animale reale, a parte gli aspetti folcloristici come la capacità di uccidere con l'alito. Esistono rettili di quelle dimensioni. Quello che ce li fa classificare come animali della fantasia è il fatto che non è mai stato trovato nulla di concreto. In qualche caso sono stati mostrati dei presunti resti di animali come questi, ma, una volta studiati, si è trvato che erano altro. E' una leggenda diffusa sull'arco alpino. Nel Trentino Alto Adige hanno raccolto molte di queste storie. C'è una leggenda simile in Sardegna, quella dello "scultone" che si può trovare descritto come simile al gongilo, un rettile con le zampette corte, ma più grosso, come riferiva Francesco Cetti che, pur se dubbioso, non escludeva che potesse trattarsi di un grosso rettile esistente, somigliante per dimensioni alle iguane. Però non è mai stato trovato nulla. Amoretti riferì anche che aveva promesso una ricompensa a chi gli avesse portato uno di questi lucertoloni, vivo o morto, ma non è mai saltato fuori. Il fatto che manchi ogni prova concreta ci porta a concludere, putroppo, che non sono mai esistiti. Se si scoprisse il contrario, saremmo molto contenti, perché sarebbe una specie molto interessante, ma temo che non ci siano speranze. Avevo pubblicato un articolo su questi lucertoloni proprio sulla rivista della biblioteca di Moltrasio. Poi potremmo chiedere a Emanuele di scrivere un romanzo anche sui lucertoloni delle montagne. Magari un seguito del romanzo sul lariosauro. Si può fare l'ipotesi di un seguito?

Mi informerò su questa vicenda dei lucertoloni. Per quanto riguarda il seguito, io sono per romanzi che si concludono con il libro. Tutto quello che ho scritto sinora non ha libri che lo seguono, tranne in un caso di un romanzo storico scritto con uno pseudonimo per il quale ci sarebbe un seguito, ma penso che, alla fine, metterò insieme i due romanzi e lo pubblicherò come un unico libro. Io credo di aver detto tutto quello che avevo da dire sul lariosauro attraverso questo libro, cercando di trasmettere delle emozioni a chi lo legge. Ho alle spalle diversi libri, scritto col mio nome o con psuedonimo, ma quello a cui sono più legato è proprio questo libro. E' anche il mio libro più fortunato a livello commerciale. Non è narrativa fantastica. E' avventura fantasiosa ambientata ai nostri giorni, con una tematica che incuriosisce, e questo lo aiuta a vendere più di altri libri di narrativa fantastica, magari anche più elaborati, ma che a livello commerciale faticano un po' di più. Il fantastico è un po' più di nicchia rispetto al romanzo d'avventura.

[domanda dal pubblico] Perché si usa uno pseudonimo?

Si usa di solito quando si sperimenta un genere che non si ritiene il proprio punto forte. Io sono partito con la narrativa fantastica, con urban fantasy e mythic fantasy. Ero partito con L'altopiano del desiderio, un mythic fantasy ambientato nella civiltà minoica, con il Minotauro che fugge dal labirinto e fa la guerra contro Minosse. Poi mi sono cimentato con altri romanzi di questo genere e mi sono avvicinato all'avventura. Quindi ho deciso che per la prima volta avrei scritto un thriller e ho scritto La donna scomparsa nel lago di Como, usando uno pseudonimo usato dalla casa editrice, Walter Eric Bronner, che fa riferimento al Canton Ticino. Bronner è un cognome svizzero. Il libro è ambientato sul lago di Como e parla di una donna lì scomparsa. Abbiamo così deciso, data la vicinanza con il Canton Ticino, che lo pseudonimo fosse svizzero. Spesso lo pseudonimo straniero aiuta a livello di vendite. E' brutto da dire, ma spesso il lettore italiano di fronte al nome straniero sono più attratti che davanti a un nome nostrano. A parte i nomi più famosi, se uno vede un nome italiano, come il mio per esempio, pensa "Chi sarà? Come scriverà?" e si fa mille problemi. Lo pseudonimo straniero rende il libro un po' più allettante. Quando facciamo la presentazione sveliamo l'autore, ma, in assenza di presentazione, lo pseudonimo straniero aiuta le vendite.
La donna scomparsa nel lago di Como è stato scritto dopo Il mostro del lago di Como. Un giorno mi hanno invitato in una libreria di Menaggio a presentare quest'ultimo, uscito da qualche mese e sono arrivato in largo anticipo. Ho fatto un giro sul lago e mi sono seduto su una panchina a osservare il lago, essendo anche una bella giornata. Lì mi è venuta l'idea: perché non scrivere un romanzo nel quale un personaggio, seduto su una panchina a Menaggio, vede una donna entrare nel lago, camminare sull'acqua (c'è un aspetto surreale) e scomparire. Da qui parte la storia. C'è un investigatore che viene contattato dal fratello di questa donna scomparsa. Si reca a Menaggio (il nome del paese non viene fatto, ma si può capire che è Menaggio) e incontra Ferdinando che è la persona che l'ha vista scomparire. Ovviamente l'investigatore è molto perplesso e cerca una barca per vedere se trova il cadavere. E' scomparsa vicino alla riva, con due o tre metri di profondità. E' dunque un romanzo misterico. E' anche un thriller psicologico: l'investigatore dovrà scavare nella vita di questa donna, Livia, per scoprire cosa l'ha condotta verso il lago. Il suo passato può giustificare il suo comportamento? E' una donna molto introversa, molto religiosa, che va tutti i giorni in chiesa e frequenta dei sacerdoti, tra i quali un certo don Saverio, prete della frazione di Barna, a nord di Menaggio, con il quale ha un legame di amicizia.
La narrazione è in prima persona. Non è una scelta casuale, perché il lettore deve immedesimarsi nell'investigatore che cerca di capire il mistero. Secondo me, la narrativa in prima persona, che ho adottato solo in questo tra i miei libri, coinvolge maggiormente il lettore. Anche in questo caso l'ambientazione è molto legata al lago di Como: Menaggio in particolare, Como, Ossuccio. Da sempre mi affascina, quando passo da Ossuccio, la famosa chiesa di Santa Maria Maddalena che ho voluto visitare prima di scrivere questo libro. Mi è bastato scendere all'imbarcadero e chiedere all'ufficio lì vicino e una signora gentile mi ha fatto entrare. A parte il campanile, non è che abbia nulla di particolarmente affascinante. Comunque la chiesa e la località sono legate al romanzo. L'ambientazione spazia un po' oltre, perché l'investigatore abita in Lombardia, ma non è di Como, e ha appena dovuto abbandonare il caso di un'altra ragazza scomparsa sul lago di Garda. Sin dall'inizio pare, dunque, che sia destinato a scoprire dove sono finite le due donne. C'è un quadro raffigurante un arcangelo. Era stato regalato a Livia. Questo quadro, che lei conservava nella sua stanza, ha qualcosa di misterioso. E' un romanzo abbastanza breve (siamo intorno alle 150 pagine). Spero che susciti delle emozioni e soprattutto che sorprenda il lettore con un finale a mio parere non scontato. Rispetto al libro sul mostro, qui devo dire un po' meno per non svelare troppo rischiando di rovinare la lettura a chi volesse leggerlo. E' molto misterico, ma poco macabro. Non è un libro che, se lo si legge prima di dormire, fa fare degli incubi. Non era mia intenzione.

[domanda dal pubblico] Ma si riferisce a una storia vera?

Spesso, quando lo presento, mi chiedono: "Ma è riferito al caso di quella tal donna?" In realtà, io non sapevo nulla di casi di donne scomparse nel lago, quindi non mi sono riferito a episodi reali. L'idea mi è venuta per caso. Io sono perennemente in anticipo e, come dicevo, mentre ero lì sulla panchina ho avuto l'idea. Ho impiegato qualche mese. Era un romanzo che era rimasto per un po' nel cassetto. Da un anno e mezzo circa dirigo anche la casa editrice Silele e ho deciso che era meglio pubblicarlo sotto pseudonimo. Da una parte, non è il mio genere preferito. Con la letteratura fantastica ho una certa esperienza, ma con il thriller misterico non altrettanto. Ho cercato di scriverlo senza fretta, l'ho rivisto, l'ho sistemato e, soprattutto, sono andato in alcuni luoghi in cui è ambientato per non scrivere cose incoerenti. Poi qualcosa può sempre sfuggire.
Anche questo romanzo tratta è ambientato sul lago di Como, ma non c'entra nulla con il lariosauro: la donna non è stata mangiata dal lariosauro! Anche perchè per me il lariosauro è buono... Comunque io sono molto legato al lago di Como, nonostante io abiti molto vicino al lago d'Iseo. Da casa mia, vedo il lago d'Iseo dall'alto, è anche una bellissima vista. Non sveliamo troppo, ma anche il lago d'Iseo comunque entra in un episodio del libro. Però il lago d'Iseo, a parte Monte Isola, non è affascinante come il lago di Como, coi suoi due rami. Pensiamo anche solo al Manzoni... Il lago di Como, a livello letterario, dà più spunti creativi del lago d'Iseo. Magari scriverò qualcosa ambientato sul lago d'Iseo, ma per ora non ho idee chiare in merito. Comunque non è questo il momento per scriverlo: ho altri romanzi nel cassetto che hanno la priorità.

[domanda dal pubblico] Questo esperimento con un nuovo genere ha trovato riscontro nel pubblico?

Sì. Il giallo - thriller in generale vende di più del fantasy e anche del romanzo d'avventura e del romanzo storico. Quindi, dal punto di vista commerciale, questi libro funziona. Dal punto di vista dei contenuti, lascio giudicare al lettore quale può essere il migliore. Uno preferirà questo e uno l'altro, a qualcuno piaceranno entrambi, a qualcuno né l'uno né l'altro. E' soggettivo. Io cerco di trasmettere emozioni, come in genere fanno gli scrittori. Voglio lasciare qualcosa nel lettore. Sono partito dalla narrativa fantastica, ma penso che uno scrittore debba cimentarsi un po' in tutti i generi letterari. Poi ci sarà quello che predilige, ma se uno vuole crescere a livello letterario deve continuare a scrivere e provare anche a scrivere cose nuove. Quindi scriverò ancora libri di questo genere.

[domanda dal pubblico] Hai detto che la narrazione in prima persona coinvolge maggiormente il pubblico. In che senso?

Narrando in prima persona, secondo me (questo è il mio parere, poi qualcuno magari la penserà diversamente), il lettore si sente parte integrante del romanzo e si identifica nel protagonista. Quando l'investigatore cerca di scoprire il passato di questa donna, pur non avendola conosciuta, diventa il suo miglior amico, diventa quasi un fratello o uno sposo inconsapevole, perché deve capire cosa ha spinto questa donna ad avvicinarsi al lago. Secondo me, la narrazione in prima persona aiuta il lettore a scoprire quegli indizi che, mascherati, sono sparsi nel libro. Gli indizi sono comunque sottili perché volevo che il finale fosse una sorpresa. Non è il giallo alla Agatha Christie, nel quale ci sono indizi che, se si legge il libro due o tre volte, lasciano capire chi è il colpevole. Questo, essendo un thriller misterico, ha un qualcosa di misterico che sorpassa anche gli indizi. In un libro come questo, più che nell'altro che ho presentato, bisogna aver chiaro subito l'epilogo. Io generalmente mi faccio una scaletta. Quando, però, scrivo un romanzo fantastico o d'avventura, spesso il finale viene un po' da sé. Nello scrivere il libro si sviluppa man mano. Poi naturalmente si rilegge, si rivede, si cerca di migliorarlo. In questo caso, invece, sapevo già come doveva finire. Ho scritto l'inizio e la fine prima dei contenuti interni. Questo tipo di libro, poi, va riletto con attenzione perché è più facile cadere in qualche equivoco o contraddizione rispetto a un romanzo d'avventura o a un fantasy dove tutto è possibile. Non mi ritengo un giallista, ma mi piacerebbe continuare a scrivere questo genere di libri. Molti autori partono con la narrativa fantastica, oppure con il genere sentimentale, e poi passano ad altri generi. A me piacerebbe diventare un giallista affermato, ma so che, purtroppo, in Italia c'è un mercato saturo di scrittori e quindi, quando uno scrive, sa già che difficilmente diventerà famoso. Si scrive innanzitutto come valvola di sfogo e per trasmettere qualcosa ai lettori.
Anche quando scrivo narrativa fantastica, parto sempre da elementi storici. Nel romanzo d'avventura con il lariosauro, ho fatto riferimento ai fossili. C'è sempre uno sfondo storico. Tra i miei libri, quello a cui sono più affezionato è Il mostro del lago di Como. Probabilmente il più elaborato è Cerberias, scritto prima, ambientato su un'isola fantastica a nord di Creta, abitata dal Cerbero. In quel caso parto da un episodio della seconda guerra mondiale, l'invasione tedesca di Creta. C'è un soldato britannico che fugge e si ritrova su quest'isola, da cui deve cercare di liberarsi perché è un'isola stregata da elementi mitologici correlati con la seconda guerra mondiale. Se e quando riuscirà a liberarsi dall'isola, finirà la guerra. I miei autori preferiti sono Agatha Christie, Orwell e Calvino.
Il mio stile traspare anche nel thriller: è un thriller misterico, quindi c'è qualcosa di fantasioso e si capisce che sono un autore legato alla narrativa fantastica. Io ritengo Il mostro del lago di Como un romanzo di avventura fantastiosa, perché credo nell'esistenza del mostro e l'ambientazione è reale. Il primo editore che lo pubblicò lo mise nella collana del fantastico, insieme ai fantasy, perché si avvicina a quel genere. Quindi c'è un filo conduttore in tutti i miei libri.
L'unico che si discosta è un romanzo di attualità che ho scritto nel 2009. Alcuni lettori mi hanno fatto notare che mi dilungavo un po' troppo nei dialoghi tra le persone, che risultavano un po' surreali perché un protagonista, un ragazzo, diceva delle parole che un ragazzo non avrebbe usato: avrebbe usato un linguaggio più semplice. Era, però, anche il mio secondo libro e non avevo molta esperienza. Ho cercato di migliorare questo aspetto nei libri successivi.
Non sono obbligato comunque a proseguire con lo pseudonimo per i gialli. La scelta si lega al fatto che la proprietà precedente della casa editrice un anno e mezzo fa si è trovata in difficoltà e mi ha proposto di rilevarla. Io avevo una cartolibreria. Non avere troppi libri con il nome del proprietario era meglio. Tra l'altro Walter Eric Bronner è uno pseudonimo che era già stato usato per un altro libro, scritto a quattro mani. L'idea l'ha avuta un mio collaboratore e io l'ho in qualche modo rielaborato. Era un giallo ambientato nel Canton Ticino e aveva venduto bene. Diventando editori, si deve purtroppo guardare anche all'aspetto commerciale.
Non ci sono vincoli particolari. Salvo per grandi editori, sono in disuso. Andrea Vitali, per esmpio, avrà qualche vincolo con Garzanti, essendone l'autore di punta. Io, come editore, non metto vincoli agli autori. Se utilizzano uno pseudonimo, è perché vogliono farlo loro. Non sono io che lo impongo. Io l'ho usato per i motivi che ho detto: era per me un genere nuovo, c'erano già tre libri col mio nome in catalogo e c'era un precedente giallo pubblicati con quel nome che aveva avuto un certo riscontro.

[domanda] Hai parlato di urban fantasy e di mythic fantasy. Puoi spiegarci di cosa si tratta?

E' una cosa che anch'io ho scoperto da poco, quando ho presentato un libro in una biblioteca a Sarnico, sul lago d'Iseo. Una persona specialista in editoria mi ha detto che il mio libro era un mythic fantasy, perché gli elementi mitologici erano predominanti. In quel libro c'era la storia, molto conosciuta, del Minotauro e comparivano Poseidone, le Erinni e altri elementi mitologici, insieme a elementi fantasiosi. Libri come Le cronache di Narnia sono invece urban fantasy perché partono dalla realtà (in quel caso i ragazzini passano nel mondo di fantasia attraverso l'armadio) e poi tornano alla realtà. Il mio libro Cerberias sarebbe una via di mezzo tra un mythic e un urban, perché ha elementi mitologici e parte dal mondo reale.
L'unica volta che ho fatto il bagno nel lago di Como è stata proprio qui a Moltrasio, qualche anno fa. Io non ho paura dell'acqua fredda. Era maggio o giugno. Mentre nuotavo vicino alla riva, pensavo un po' anche al lariosauro: "Il mio prozio l'ha visto, ma speriamo che non venga qui adesso!" Però io l'ho sempre visto come un mostro buono. Infatti in quel libro i ragazzi devono proteggerlo. Io mi identifico in uno dei due ragazzi, Stefano. Nell'altro libro mi identifico nell'investigatore. Spesso lo scrittore si identifica in uno dei protagonisti.

[domanda dal pubblico] Quanto ci si mette a scrivere un libro, comprese le ricerche?

Per il mio primo libro, L'altopiano del desiderio, impiegai due anni e mezzo. Era scritto per sfogarsi, senza sapere se sarebbe mai stato concluso e pubblicato. Poi, con l'esperienza, prendendo fiducia in sé stessi, si va più veloci. Ho scritto Il mostro del lago di Como in tre o quattro mesi e La donna scomparsa nel lago di Como in un paio di mesi. Una tecnica secondo me molto costruttiva è quella di scriverli, rileggerli e poi lasciarli riposare un po' nel cassetto, riprendendoli poi a distanza magari anche di un anno. In questo modo si riesce a migliorarli, a cogliere elmenti sia stilistici che di contenuti che subito dopo non si vedono. Poi sono tutti libri soggetti a editing e i correttori di bozze li hanno ulteriormente migliorati. Tutte le buone pubblicazioni devono essere riviste da editor.
Io quando scrivo mi rilasso. Se quel giorno sono un po' arrabbiato, magari scrivo un episodio negativo. Se fuori piove, mi viene da scrivere che la giornata è triste, magari anche nel libro piove. Se invece è una bella giornata e sono di buon umore, tendo a metterci elementi positivi. La vita quotidiana può influenzare quello che scrivo. Però io scrivo soprattutto per rilassarmi, evado dalla realtà, mi immergo in questi mondi fantastici, in storie di fantasia. Prima di tutto penso a scrivere per me stesso. Poi, quando rivedo i libri, cerco di renderli più appetibili per il lettore. Però come prima cosa scrivo come valvola di sfogo, perché ho la necessità di scrivere. Ho scritto anche altri libri, ma per ora li ho lasciati nel cassetto perché attualmente non sono pubblicabili.
Ora sono editore. Avevo una cartolibreria, ma purtroppo con la crisi economica c'erano problemi e i costi dell'affitto restavano. Ho avuto l'opportunità, quando ero ancora cartolibraio, di rilevare questa casa editrice. Adesso ho poco tempo per scrivere perché devo seguire i miei autori, tra le presentazioni, leggere i manoscritti che arrivano in redazione, aiutare gli editor (ci sono quelli esterni, ma anche io cerco di correggere quel che posso). Quindi ho poco tempo e sono un po' fermo. Avrei bisogno di ricominciare. Adesso la sede è a Villongo, vicino a Sarnico. Fino a dicembre era a Bergamo, dove avevo la cartolibreria. L'idea di aprire la cartolibreria, che è durata putroppo solo tre anni e mezzo, è nata proprio perché ero un autore. Non sono laureato, ho un diploma in informatica, non avevo mai lavorato in quel settore. Avevo trovato lavoro nel settore metalmeccanico, con uno stipendio discreto, e lavoravo sulle frese. Poi c'è stata la crisi economica, cominciata nel 2009, quando avevo già scritto il mio primo libro, e sono stato messo in cassa integrazione. Stanco di starmene a casa, anche se in quel periodo ho scritto tantissimo, ho deciso di aprire un'attività che era un po' il mio sogno. Non avevo mai pensato di fare l'editore perché io mi sento uno scrittore. Quello è nato un po' per caso perché uno degli editori per cui ho pubblicato aveva problemi e io lavoravo già un po' per loro nel settore commerciale, mi ha proposto di prendere la casa editrice. Non sapevo come sarebbe andata. In realtà, sta andando molto bene. Sono passati quasi due anni da quando ho cominciato a collaborare con loro. Ha sovrastato la cartolibreria che ho dovuto chiudere. L'editore lo si può fare anche da casa. L'Italia è dominata da tre grandi gruppi editoriali, Mondadori, Rizzoli e, per capirci, quello della Longanesi. Poi ci sarebbe anche la Feltrinelli che è medio-grande. I grandi gruppi occupano circa il 95% del mercato. Poi ci sono circa duemila soggetti editoriali piccoli che si dividono il restante 5%. Se però si ha un po' di buona volontà, voglia di proporsi, di trovare autori nuovi che possono scrivere dei buoni libri, si riesce a emergere, mentre nel settore commerciale si hanno spese fisse molto grosse. Il libro, poi, è un prodotto di nicchia. La gente, il cibo, lo deve comprare comunque perchè deve sopravvivere. Il libro è una delle ultime cose. Poi ci sono anche le biblioteche: la gente dice: "vado in biblioteca e non devo spendere 14 o 20 euro per un libro". Quindi è più difficile avere una cartolibreria, con i centri commerciali che ti mangiano. Bergamo è circondata dai grandi centri commerciali. E' una giungla con una concorrenza tale che ti fa smettere. Per la scolastica, per esempio, una piccola libreria fa lo sconto del 15%, ma il supermercato fa il 20%. Come fa il libraio a sopravvivere? L'editore ha dei margini maggiori. L'editore deve sapere fare i passi giusti. Ho conosciuto editori che hanno voluto partire con tirature altissime di libri che poi non hanno funzionato a livello commerciale e si sono bruciati. Quando si investono migliaia di euro su libri che poi vanno al macero, si buttano i soldi. Invece con la stampa digitale, che ormai utilizzano anche i grandi editori (dove vengono stampati i nostri libri, stampano anche Mursia e Sellerio), si può partire con tirature più basse e poi fare le ristampe, che ormai vengono pronte in una settimana.

[domanda dal pubblico] Cosa pensi degli ebook?

Gli ebook per ora noi non li facciamo. Neanche la proprietà precedente aveva messo una piattaforma per gli ebook. Credo che in Italia non ha ancora preso piede bene, anche se è in crescita. Ne parlavo con un esperto che mi diceva che è passato dal 2 al 4% in un anno. Però rispetto a Stati Uniti e mercato anglosassone siamo ancora indietro. In un domani, se, come spero, questa avventura continuerà, dovrò anche pubblicare ebook. Però io sono molto legato al cartaceo. Mi piace sfogliare i libri, sentire l'odore della carta. Quindi spero che l'ebook non arrivi mai a sovrastare il cartaceo. E' una delle poche cose dell'arretratezza italiana di cui vado fiero il fatto che abbiamo paura dell'ebook. Ben venga!
L'ebook è certo comodo da portare in giro, anche se noi facciamo il formato tascabile, 13 x 20, un po' più piccolo del formato più usato, 14 x 21. Il 13 x 20, con carta leggera, permette di mettere il libro nella borsetta senza avere un peso eccessivo. Questo formato piace anche per questo motivo. Coloro che chiedono di più gli ebook, è un paradosso, sono gli autori, forse perché non sanno che a livello commerciale non vanno ancora molto.
Se un autore sconosciuto riesce a vendere più di mille copie di un libro è già un grosso successo in Italia. Il mercato italiano è saturo di pubblicazioni e gli autori italiani che vivono di scrittura si contano sulla punta delle dita di una mano. Molti autori di nome fanno anche altro, magari sono giornalisti o altro. Se l'ebook è al 4%, quella percentuale su mille copie corrisponde a poco. Se la percentuale crescerà, ci si penserà, ma ci vorrà ancora qualche anno, salvo colpi di scena.

[domanda dal pubblico] Possono essere utili i corsi di scrittura creativa?

Sicuramente sì. Può essere utile. Però il miglior dono di uno scrittore è proprio la fantasia. Uno può scrivere benissimo, ma senza fantasia non riesce a creare. Anche quando si valuta un libro, ciò che più conta sono le idee e i contenuti. Ovviamente uno deve scrivere abbastanza bene. Però si privilegia un libro con buoni contenuti piuttosto che un libro scritto con stile migliore, ma con contenuti poveri. Lo stile un po' carente si può migliorare in fase di editing, ma il contenuto non si può snaturare. Un libro, quando viene proposto, ha quel contenuto. Se è incoerente o deficitario, si scarta. Arrivano in redazione anche libri che non si possono neppure chiamare libri.

[domanda] Sei stato un autore che cercava un editore. Ora sei (anche) un editore a cui si rivolgono autori. Come vedi la questione stando "dall'altra parte"?

Quando contattiamo l'autore perché io e la commissione di lettura che mi aiuta nella selezione riteniamo il suo lavoro buono, la prima cosa che gli dico è che si trova di fronte un collega, che capisce quello che può provare un autore che propone un'opera. Purtroppo la prima cosa che devo dire è di tenere i piedi per terra, perché il mercato italiano non consente illusioni. Anch'io all'inizio mi ero illuso. Spesso l'esordiente si illude, ma c'è la dura realtà. "Pubblicano il mio libro: lo troverò in tutte le librerie!" Non è così. In tutte le librerie si trovano quei pochissimi libri che vengono stampati in centinaia di migliaia di copie. Se la tiratura è di 300 - 400 copie, potrà arrivare in alcune librerie, ma certo non dappertutto. Bisogna sapere che più si riesce a presentare il libro, più si hanno possibilità di venderlo. I negozi sono disponibili al "firma copie" perché non richiedono una grande organizzazione: solo un piccolo spazio per l'autore con i suoi libri. Bisogna proporsi: io l'ho fatto in passato con altri editori e lo faccio tuttora. Seguo gli autori della mia casa editrice a questi eventi le prime volte per far loro vedere come devono fare e io o altri collaboratori facciamo da relatori.

[domanda dal pubblico] Ci sono tanti giovani che propongono libri? Si può vivere di scrittura?

Tantissimi giovani. Ci sono però anche tante persone di età maggiore. Si scrive a tutte le età. Purtroppo non ci si vive. E' un hobby.

[domanda dal pubblico] Come si valuta l'opera proposta?

Ci sono degli appassionati lettori che, lavorando su commissione (non ho dipendenti; questi lettori ricevono qualcosa, ma lo fanno soprattutto per passione), a turno leggono le opere proposte. Di solito, un buon autore fa avere una "sinossi", ovvero una breve presentazione dell'opera, che è fondamentale perché permette di capire di cosa parla l'opera. Trovarsi un manoscritto senza presentazione rende più difficile la valutazione. Se dalla sinossi si ritiene che, per i contenuti, l'opera sia valida, si procede. Noi consigliamo di mandare la sinossi e il libro, suggerendo di inviarlo in formato Word. Molti lo mandano in formato PDF perché pensano che uno possa rubare un libro, ma è un timore assurdo. In Italia c'è quasi più gente che scrive che gente che legge: nessun editore ruberebbe un libro. La nostra commissione di lettura è formata da una decina di persone. Non tutti i libri passano da tutti i lettori: di solito vengono dati a un paio, a rotazione, che leggono la presentazione e parti del libro. Alcuni lettori della commissione erano già con la gestione precedente, altri li ho aggiunti io. Sono persone di fiducia.
La nostra casa editrice segue dei tipi di libri e non altri. Per esempio, non pubblichiamo poesia. Se uno ci manda un'opera poetica, per quanto possa essere un capolavoro, non la prendiamo in considerazione. Abbiamo tre collane di narrativa, per narrativa fantastica, romanzo d'avventura storica e giallo - thriller, e una collana di varia dove rientrano altri libri che riteniamo interessanti e non rientrano nelle tre categorie precedenti: saggi, romanzi sentimentali, manuali, biografie romanzate (vanno di moda ultimamenti: molti autori le scrivono). Quando l'opera viene ritenuta interessante, la guardo anch'io, contatto l'autore, cerco di capire le sue aspettative per vedere se si può trovare un accordo editoriale. Se, per esempio, l'autore si aspetta che una piccola casa editrice pubblichi subito 5000 copie della sua opera e che arrivi subito in tutte le libreria, gli consiglio di provare con un editore più grosso (anche se tra di me penso che dubito che gli risponderanno).
Arrivano tantissimi manoscritti, in media 20 - 30 alla settimana, ma ne pubblichiamo 20 - 25 l'anno. Purtroppo spesso vengono scartate anche opere valide. Se il mercato è saturo e ne arrivano così tante, si rischia anche di scartare cose valide.

[domanda del pubblico] I giovani leggono?

I giovani purtroppo leggono poco. I bambini leggono o, almeno, sfogliano, sono attratti dal prodotto libro. Quando avevo la cartolibreria c'erano adolescenti che ogni settimana venivano a comprare libri, ma sono pochi. In età adulta si legge un po' di più. Manca, secondo me, da parte dei genitori il trasmettere il valore della lettura. Purtroppo la televisione è un grosso avversario della lettura.

[intervento del pubblico] E' un po' strano che ci siano più scrittori che lettori.

E' un paradosso italiano. Comunque è un modo di dire che ci sono più scrittori che lettori. Non è vero dal punto di vista matematico. E' un modo per dire, e questo è vero, che ci sono tantissimi scrittori. L'Italia è una patria di scrittori. "Scrittore" è chiunque scrive. Magari non ha pubblicato il libro, ha ancora il suo manoscritto nel cassetto. In Svizzera ci sono meno autori e meno editori, ma la gente legge di più.