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MAH, n.9, settembre 2007, pp.1-4
Zoologia e dintorni
RINCHIUSI NELLE PIETRE
di Giorgio Castiglioni
Nella storia dell’Inghilterra di William of Newburgh, opera medievale
che copre gli anni dal 1066 al 1198, c’è un capitolo dedicato ad
alcuni prodigi di quei tempi. Vi si racconta, tra l’altro, che i lavoratori
di una cava avevano trovato due pietre unite da una sostanza molto adesiva e
l’avevano portata dal vescovo che aveva detto di separarle. Dentro era
stato trovato un rospo con una catena d’oro al collo. Il vescovo aveva
ordinato di richiudere la pietra e sotterrarla insieme al suo inquilino.
In un altro testo medievale, la cronaca dell’abate di Mont Saint Michel
Robert de Torigni, si riferisce, in modo un po’ più sobrio, un
episodio simile: nel 1146 sarebbe stato trovato (e ucciso) un rospo all’interno
di una pietra cava usata per un muro a Mans.
Battista Fregoso, in un libro pubblicato agli inizi del XVI secolo, riferiva
che nella cavità di un sasso tagliato a metà era stato trovato
un grosso rospo senza che si vedesse alcuna fessura per la quale avrebbe potuto
ricevere aria e alimenti. Ambroise Paré raccontò che a Meudon
in una pietra senza alcuna apparente apertura era stato trovato, quando era
stata rotta, un grosso rospo.
Nel 1817 William Edwards espose i risultati di una prova che aveva fatto. Aveva
chiuso nel gesso quindici rospi e poi, a diversi intervalli di tempo, fino a
due mesi e mezzo, li aveva tirati fuori, constatando che erano tutti morti.
Un esperimento analogo fu condotto da William Buckland che nel 1825 sotterrò
24 capsule, dodici di arenaria e dodici di calcare, contenenti ciascuna un rospo.
Dopo un anno le tirò fuori e constatò che tutti i rospi nelle
capsule di arenaria erano morti e, a giudicare dall’aspetto, già
da un pezzo. Tra quelli posti in capsule di calcare, i più piccoli erano
morti. I più grossi erano ancora vivi, ma assai dimagriti (con un’eccezione:
Buckland pensò che fosse penetrato qualche animaletto che il rospo aveva
potuto mangiare). Sotterrò ancora i sopravvissuti e quando, dopo un altro
anno, li riportò alla luce erano tutti morti. Buckland osservava anche
che “nel caso in cui lucertole, serpenti o rospi saltano fuori inaspettatamente
da blocchi di pietra o di carbon fossile che vengono infranti, è quasi
impossibile assicurarsi, dopo, dello stato del pezzo di pietra”. Come
si poteva essere certi che non c’era una fessura attraverso la quale l’animale
era potuto entrare e sarebbe potuto uscire?
Anche J. N. Vallot si schierava tra gli scettici. Nel lungo elenco di casi da
lui raccolti non mancavano gli scherzi. Un tale Grignon si era visto presentare
uno di questi rospi, ma aveva capito che si trattava di una burla degli operai
che gliel’avevano portato. Meno accorto era stato un certo Guettard che
in un caso analogo si era fatto ingannare. Ma, anche lasciando da parte le beffe,
poteva trattarsi di un rospo che si era intrufolato in una cavità attraverso
una fessura o ancor più semplicemente si era trovato da quelle parti
ed era stato raccolto insieme ai frammenti di pietra, credendo erroneamente
che fosse all’interno della pietra rotta. Vallot suggeriva inoltre che
in molti casi ci fosse semplicemente un equivoco lessicale: nel gergo degli
operai i geodi venivano chiamati crapauds (rospi). La sua conclusione
era “che mai nessun rospo […] è stato trovato in mezzo a
un blocco di pietra e che tutti i racconti dei vari autori sono fondati o su
rospi ibernanti o su geodi”.
Nonostante gli sforzi fatti per confutarla, la leggenda trovava ancora seguaci.
I risultati di Buckland furono contestati da un tale William A. Thompson, di
Thompson, nello stato di New York. A suo parere, i rospi potevano resistere
ben più a lungo intrappolati nelle pietre in uno stato di torpore letargico,
senza bisogno di nutrirsi e di respirare: “non vediamo ragione perché
la sua vitalità non si mantenga per migliaia di anni”. Thompson
supponeva addirittura che alcuni rospi potessero essere stati ricoperti dalle
terre smosse dal diluvio universale ed essere da allora in stato di ibernazione,
ma pronti a riprendere la loro vita non appena avessero ricevuto nuovamente
aria e calore. L’autore aggiungeva un post scriptum nel quale
raccontava che non molto tempo prima dalle sue parti, scavando un pozzo, gli
operai avevano trovato un rospo in una pietra poco più grande della bestiola
e adattata al suo corpo. Liberato dalla pietra che lo racchiudeva, il rospo
aveva cominciato a muoversi, anche se era morto venti o trenta minuti dopo.
Nel 1851 la prestigiosa Accademia delle Scienze francese prese in esame il caso
di un rospo che sarebbe stato trovato in una cavità dentro una pietra
durante i lavori di scavo per rendere più profondo un pozzo a Blois.
Una commissione composta da tre studiosi concluse che si trattava di un fatto
degno di attenzione. Tuttavia, riferiva un articolo della rivista “Zoologist”,
“il distinto signor Magendie suggerì che era del tutto possibile
che si trattasse un tentativo di farsi beffe dell’Accademia facendo credere
che il rospo era stato trovato nella cavità mentre avrebbe potuto esserci
stato messo maliziosamente dagli operai dopo aver rotto la pietra. Atterrita
dall’idea di diventare lo zimbello del pubblico, l’Accademia rifiutò
di prendere una decisione formale”.
Sempre nel 1851 un tale Seguin sostenne che un rospo da lui tenuto in una stretta
cavità senza aria era sopravvissuto per cinque o sei anni.
Il Booth Museum of Natural History di Brighton, in Inghilterra, mostra ancora
un rospo “mummificato” lungo 6 centimetri e mezzo vicino alla pietra
cava che lo avrebbe contenuto. Secondo la storia riportata in un testo che accompagna
questo reperto, la pietra, trovata da due operai nel 1898 a Lewes, aveva una
piccola apertura ed era diventata “una confortevole dimora per il giovane
rospo, ma una tomba per l’animale da adulto pienamente sviluppato”
che non riuscì più ad uscirne. Del rospo di Lewes si occupò
anche Charles Dawson, personaggio noto soprattutto per la frode del cranio di
Piltdown. Naturalmente il museo non dà credito all’inverosimile
storia del rospo trovato nella pietra. “Sappiamo che è un falso”
mi dice Gerald Legg. Però si è deciso giustamente di conservare
il rospo e la “sua” pietra come testimonianza di una leggenda un
tempo tanto diffusa.
Nel 1928 “La Domenica del Corriere” riferiva il “caso di un
rospo, che è rimasto murato vivo per 31 anni in una parete del tribunale
di Eastland, nel Texas – e quindi senza nutrimento, senz’aria e
senza acqua, - e tuttavia è stato ritrovato più vivo che mai”.
Il settimanale pubblicava anche una foto del prodigioso animale e il lettore
poteva notare che il rospo… non era un rospo. Si trattava in realtà
di un frinosoma (Phrynosoma cornutum). Questo sauro in inglese viene
chiamato anche horned (o horny) toad (rospo cornuto)
e questo ha evidentemente creato l’equivoco.
La bestiola è stata chiamata Old Rip (il vecchio Rip, con riferimento
a Rip van Winkle, il protagonista di un racconto di Washington Irving che si
risveglia dopo un sonno di molti anni) ed è tuttora una vera celebrità
a Eastland. L’animale è morto il 19 gennaio 1929, circa un anno
dopo il suo presunto ritrovamento il 18 febbraio 1928, e il suo corpo è
conservato in una teca, anche se, essendo stato in passato rubato e ritrovato,
c’è chi mette in dubbio che si tratti dello stesso esemplare. “Lo
sa che Old Rip ha fatto visita al presidente Calvin Coolidge?” mi dice
entusiasta Kelly Armstrong, direttrice esecutiva della Camera di Commercio di
Eastland. Suo nonno, allora un ragazzo di sedici anni, era presente alla cerimonia
dell’estrazione dell’animale dalla pietra ed è stato anche
Gran Maresciallo della Ripfest Parade, una celebrazione che si tiene in onore
di Old Rip.
A Willis G. Hewatt, che esaminò Old Rip poco dopo il presunto ritrovamento,
la bestiola sembrò “un esemplare perfettamente normale che ha passato
l’ibernazione invernale”. Le caratteristiche escrescenze sulla testa
erano consumate e questo suggeriva che l’animale fosse vecchio, ma “per
il resto non sembrava differente da un normale frinosoma in questa stagione”.
Come altri animali, il frinosoma, dopo essersi nutrito per bene accumulando
riserve alimentari nel corpo, può passare i mesi più freddi dell’anno
rintanato senza mangiare, in stato di ibernazione. “Alcuni si ibernano
per lunghi periodi, fino a sei o sette mesi,” mi dice Wendy Hodges dell’Università
del Texas a Austin, un’autorità su questi rettili. Dal 1897 al
1928, però, è un tempo un bel po’ più lungo. Anche
volendo concedere che nella cavità in cui sarebbe stato imprigionato
potessero entrare degli insetti, resta il fatto che nemmeno nelle migliori condizioni
un frinosoma vive per 31 anni. “Penso che la maggiore longevità
raggiunta in cattività sia di nove anni” mi dice la studiosa “In
natura la mortalità è estremamente alta e la durata della vita
è intorno ai 3 o 4 anni”.
Parlando di sauri, ricordiamo anche la lucertola di Kokorno (Indiana, USA) che
nel 1904 sarebbe stata trovata in una roccia dove era rimasta “assolutamente
isolata nella pietra e priva di luce, di aria, di calore” addirittura
per “parecchie migliaia d’anni”. La stampa raccontava che
“la lucertola, destatasi dal letargo in cui era stata immersa da secoli,
morì poco dopo la sua liberazione”. Questa inverosimile notizia
ne ricorda una, altrettanto inverosimile, di mezzo secolo prima.
A Culmont (Haute Marne, Francia), nel 1856, una squadra di operai stava scavando
un tunnel ferroviario. Da un blocco di roccia che fu rotto, saltò fuori
un rettile alato che lanciò un grido e poco dopo morì. Un paleontologo
lo identificò con uno pterodattilo della specie Pterodactylus anas.
Una specie con questo nome, in realtà, non esiste. Fate però attenzione
al nome: anas in latino significa “anatra” e la parola
francese per “anatra” (canard) indica, oltre al volatile,
anche le notizie false inventate dai giornali.
FONTI:
Robert de Torigni, Chronique, t. I, Rouen : Le Brument, 1872, p.242
(il testo è consultabile in rete in Gallica, biblioteca digitale della
Bibliothèque Nationale de France, http://gallica.bnf.fr)
The History of William of Newburgh, testo in inglese in rete:
http://www.fordham.edu/halsall/basis/williamofnewburgh-one.html
Baptistae Fulgosi De dictis factisque memorabilibus collectanea, Mediolani
: per Jacobum Ferrarium, 1509, c.[54v].
Philipp Jakob Sachs, Gammarologia, Francoforte ; Lipsia : sumptibus
Esaiae Fellgibelii, 1665, pp.147-149.
De la vitalité des crapauds enfermés dans de la pierre ou
du bois, in “Bibliothéque universelle des sciences, belles-lettres,
et arts”, parte “Sciences et arts”, 17 : 51 (1832), pp.391-395).
Lettre de M.r J. N. Vallot aux Rédacteurs de la Bibliothéque
universelle, sur la vitalité des crapauds enfermés dans des corps
solides, ivi, 19 : 55 (1834), pp.69-77.
W. A. Thompson, Sur la vitalité des Crapauds renfermés dans
les corps solides, ivi, 19 : 56 (1834), pp.90-99.
[J. N.] Vallot, Sur la prétendue vitalité des crapauds renfermés
dans des corps solides, ivi, 19 : 56 (1834), pp.251-266.
I. M., recensione a Gaimard, De la suspension de la vie chez les batraciens
par l’effet du froid, in “Bibliothèque universelle de
Genève”, 5 : 26 (1840), pp.207-208.
Recensione a Sur un crapaud trouvé vivant dans la cavité d’un
gros silex ou il paraît avoir séjourné pendant longtemps,
ivi, 6 : 17 (1851), pp.337-342.
G. R., recensione a Seguin, Crapauds conservés vivants pendant plusieurs
années dans une étroite cavité et sans communication apparente
avec l’air extérieur (Comptes rendus de l’Acad. des Sc.,
15 septembre 1851), ivi, 6 : 18 (1851), p.79.
Incredible life : a handbook of biological mysteries, compiled by William
Corliss, Glen Arm : The Sourcebook Project, 1981, pp.491-499 (testi di alcuni
articoli tra il 1834 e il 1935, tra i quali quello di William A. Thompson e
quello anonimo dello “Zoologist” sul rospo di Blois).
Oeuvres du comte de Lacépède, t. I, Paris : Dumémil,
1836, p.157.
Jean-Loïc Le Quellec, Crapauds emmurés, fossiles impossibles
et haricots contaminés, in rete:
http://jean-loic.lequellec.club.fr/page0/page3/assets/Nouvelle_PLume_2.pdf
Jan Bondeson, Toad in the Hole, giugno 2007, in rete:
http://www.forteantimes.com/features/articles/477/toad_in_the_hole.html
Su Old Rip:
Willis G. Hewatt, The Eastland horned “toad”, in “Science”,
67, 1928, p.348, ripubbl. in Incredible life, cit., p.498.
Il sepolto vivo, in “La Domenica del Corriere”, 25 marzo
1928, p.9.
Wesley Treat, Old Rip, in rete: http://www.texastwisted.com/attr/oldrip/index.shtml
http://www.eastlandvisitor.com/oldRipHistory.html
Sul sauro di Kokorno:
Lucertola matusalemme, in “L’Ordine” (Como), 15 novembre
1904, p.3.
Sullo Pterodactylus anas:
Umberto Cordier, Guida ai draghi e mostri in Italia, Milano : Sugarco,
1986, pp.36-37
Jean-Jacques Barloy, Gli animali misteriosi : invenzione o realtà?,
Roma : Lucarini, 1987, pp.118-120.
Vittorio Martucci, Strani animali e antiche storie, Padova : Muzzio,
1997, pp.37-38.
Grazie a Wendy Hodges (University of Texas at Austin), Kelly Armstrong (Camera di commercio di Eastland), Gerald Legg (Booth Museum of Natural History di Brighton).
Potete trovare delle immagini relative a questo articolo sul sito di Bibliotopia:
http://bibliotopia.altervista.org/zoologia/animalinellepietre.htm