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MAH, n.14, dicembre 2008, pp.1-4
Fantageologia
LE STRANE TEORIE DI ZILLMER
di Paolo Oppizzi
I creazionisti sostenitori della Terra giovane rappresentano la frangia più
radicale del movimento creazionista che difende a spada tratta la storia della
Genesi raccontata dalla Bibbia. Questa corrente di pensiero afferma che la Terra
ha più o meno 6000 anni e rifiutano di conseguenza le scoperte scientifiche
quali la teoria dell’evoluzione e le età delle rocce e dei fossili
che attestano un’età ben più antica.
L’autore di Gli errori della storia della Terra (Roma : Newton
Compton, 2008), Hans-Joachim Zillmer, è un ingegnere edilizio che ha
lavorato nelle imprese di costruzioni, prima di diventare imprenditore e scrittore
di libri di “divulgazione scientifica”. Zillmer appartiene proprio
alla scuola di pensiero creazionista, molto in voga soprattutto negli Stati
Uniti dove, fra l’altro e per questioni legate alle pari opportunità,
lo stato finanzia iniziative varie, fra cui il museo creazionista di Eureka
Spring in Arkansas. Zillmer non è nuovo a opere di questo genere: ha
infatti dato alla luce Gli errori di Darwin (recensito in “Mah”,
n.2, dicembre 2005, p.3), estesamente citato in questa nuova “creazione”.
Nei suoi otto capitoli, Gli errori della storia della Terra, definito in copertina
“Un’opera rivoluzionaria”, riscrive a suo modo la storia della
Terra e la genesi della razza umana, “dimostra” la coesistenza fra
uomini e dinosauri e ringiovanisce notevolmente l’età di formazione
della Terra stessa, spostando l’orologio geologico in avanti di alcuni
miliardi di anni, a vantaggio della tesi creazionista. Tutto ciò utilizzando
passi di antiche leggende, citando autori come Velikovsky, confutando in maniera
“scientifica” e “dimostrata” le datazioni a mezzo fossili
guida, le datazioni radiometriche, piuttosto che la velocità di deposito
dei sedimenti, la deriva dei continenti, le glaciazioni ecc.. Il libro è
scritto in maniera caotica, utilizzando la formula della domanda tendenziosa
(tanto in voga nelle trasmissioni televisive pseudoscientifiche!); l’autore
mischia e confonde fatti con miti, teorie scientifiche con strampalate ipotesi
pseudoscientifiche e sin dalle prime pagine evidenzia un’incredibile serie
di errori grossolani e una notevole dose di superficialità, oltre che
una profonda ignoranza scientifica. Molti dei fatti citati, lo sono in modo
errato, fuorviante o superficiale, i riferimenti a studi sono ripresi fuori
contesto o vengono citati studi sorpassati, le referenze bibliografiche spesso
non esistono a fine libro, ecc.. Fatti documentati (talvolta modificati) sono
ripresi insieme a bufale documentate o a eventi inesistenti, come s’usa
ormai fare correntemente in talune pubblicazioni e nel web.
Impossibile in poche righe anche solo parzialmente elencare l’infinita
serie di errori, strafalcioni scientifici e le manifeste menzogne propinate
dal libro. Alcuni esempi possono chiarire meglio quanto anticipato.
Nel Capitolo 1 Zillmer è sicuro di dimostrare la coesistenza fra uomini
e dinosauri smontando (a suo modo di vedere), “il fantasioso modello delle
lunghissime età della Terra” (p.20). Nella foga di dimostrare che
l’età delle rocce è sopravvalutata e che le rocce e il modellamento
sono il risultato di un’evoluzione geologica recente, riprende da varie
fonti alcune storie ormai già note.
- Fra queste, una delle tante che descrivono l’apparente ritrovamento
di animali vivi in rocce o muri (p. 21): "Il 18 febbraio del 1928, durante
i lavori di restauro del municipio di Eastland, in Pennsylvania, venne abbattuto
un muro. Gli operai non credettero ai loro occhi quando vi trovarono dietro
due rospi [...]". Peccato che la descrizione contenga numerosi errori (era
il tribunale e non il municipio, Eastland è in Texas e non in Pennsylvania,
non hanno abbattuto solo un muro, ma hanno tirato giù tutto l'edificio,
c'era un solo animale e non due e non si trattava di un rospo ma un frinosoma
che è un rettile, non era dietro il muro, ma in una pietra cava che era
stata usata per la costruzione) e che si dimentichi di scrivere che in effetti
non c’era nessun rospo perché l'intera storia è chiaramente
una bufala! Subito dopo (p.21 e foto a p.22) Zillmer scrive che un rospo "trovato"
in una pietra è esposto al Booth Museum, senza però aggiungere
che il museo non dice affatto che è stato veramente trovato nella pietra,
anzi sostiene esattamente il contrario e lo espone perché protagonista
di una leggenda e di una beffa (vedi Giorgio Castiglioni,
Rinchiusi nelle pietre, in “Mah”, n.9, settembre 2007,
pp.1-4).
- Oppure, le presunte impronte di calzari (p. 22) che calpestano dei trilobiti,
ritrovati nella Formazione Wheeler del Cambriano medio ad Antelope Springs nello
Utah, che attesterebbero la coesistenza di uomini e trilobiti. In realtà
si tratta di inclusioni di roccia con forma vagamente ovoidale in una matrice
più recente, particolarmente abbondanti (così come i trilobiti)
in questa formazione geologica.
- Sempre parlando di trilobiti (p.24) scrive che "con mia somma sorpresa,
Evan Hansen mi spedì dallo Utah due immagini di un trilobite apparentemente
ancora in vita" (tavole 1 e 2). Non viene in realtà mostrato un
trilobite, ma semplicemente un triopside, animali ancor oggi viventi, come ben
sa la vera scienza e persino i venditori di giocattoli che potrebbero proporre
a Zillmer di acquistare un gioco scientifico con il necessario per allevarli
(vedi l’intervento di Giorgio Castiglioni nel forum di Bibliotopia: http://bibliotopia.forumfree.net/?t=20917041).
- Prosegue con l’uomo di Moab (p. 38): “Le ossa dell’uomo
ritrovato nei pressi di Moab sono rivestite di una patina verde smeraldo. L’“Uomo
di malachite” fu trovato 15 metri sotto la superficie terrestre nell’arenaria
del Dakota (Giurassico), risalente all’età dei dinosauri.”
In realtà, le ossa appartengono a sepolture accidentali nell’area
della “Big Indian Copper Mine” o “Keystone Azurite Mine”
(già utilizzata dagli indiani per l’estrazione dell’azurite)
come dimostra sia il sedimento nelle quali sono collocate, sabbie soffici e
non arenarie, sia le età al radiocarbonio (14C), incompatibili con le
arenarie del Dakota di età cretacica (e non giurassica come indicato).
Infine, le sepolture si trovavano a 15 piedi (4-5 metri) di profondità
e non 15 metri (50 piedi), come sostiene sempre Zillmer.
- Le ossa di Macoupin (p. 39), presunto ritrovamento di uno scheletro umano
completo ed anatomicamente moderno a 30 metri di profondità nella Macoupin
Country, in Illinois, USA in una formazione del Carbonifero, vecchia di 300
milioni di anni. Peccato che il fatto consista unicamente in una notizia data
da un giornale locale e riportata quale semplice curiosità dalla rivista
"The Geologist". Ecco la citazione completa:
“Anonymous (1862) Fossil Man. The Geologist. vol. 5, p.470. (December 1862). "Fossil Man. - La Salle Presse states that, in Macoupin county, Illinois, the bones of a man were recently found in a coal-bed capped with two feet of slate rock, ninety feet below the surface of the earth before the run cut any part. The bones, when found, were covered with a crust of coating of hard glossy matter, as black as coal, but when scraped away left the bones white and natural." This could be anything from either an April Fool's joke run in the La Salle Presse or local rumor reported as news in the paper to an honest mistake on the part of people who mistook siderite nodules or coal balls for human bones. There is simply not any evidence at all that human bones were actually found.”
E via di seguito... fino alla fine del primo capitolo dove Zillmer sentenzia
che “Il pilastro della teoria evoluzionistica crolla miseramente sotto
i colpi dei fatti finora raccolti e dimostrati. Ma anche i pilastri angolari
della datazione geologica e biologica con un inizio e una fine del Mesozoico
(il Medioevo geologico) starebbero iniziando a vacillare, piegandosi in direzione
dell’era attuale” (p. 50). Proseguendo con il Cap 2 sulle Galapagos,
si viene a sapere che “La scala temporale geologica del nostro pianeta
non è il risultato di moderne ricerche scientifiche, come si potrebbe
pensare…”. Utilizzando una citazione (peraltro ripresa in modo parziale)
completamente fuori contesto. Nel Cap. 3 (“La tettonica lacerata”)
Zillmer crede di dimostrare, ricorrendo ad antiche leggende indiane o tirando
in ballo i terrazzamenti andini di alta quota, che sono avvenute due catastrofi
globali, una 10000 anni or sono e un’altra (Diluvio Universale, ovvio)
verificatasi “probabilmente” 6000 anni dopo la prima (p. 63). Si
mette pure in dubbio il meccanismo della tettonica a placche, proponendo in
alternativa un aumento di volume della Terra per spiegare l’allontanamento
reciproco dei continenti. Nel Cap. 4 (“Il caos celeste”) si parla
nuovamente di Diluvio Universale, invocando come causa la collisione fra Terra
e il corpo celeste alla cui origine vi sarebbe la formazione della Luna. L’urto
avrebbe letteralmente fatto esplodere il guscio di drenaggio idrico preistorico
(ampiamente trattato nel Cap. 7), facendo defluire le acque alla superficie.
In questo caso si confondono un po’ i tempi. La collisione dovrebbe essere
avvenuta attorno a 4.5 miliardi di anni or sono, mentre il Diluvio è
avvenuto (secondo l’interpretazione data alla Bibbia) nel 4000 e rotti
prima dell’Epoca Volgare. Non è però tutto, in effetti la
Terra avrebbe vagato nello spazio, ci sarebbero stati incontri con altri corpi
celesti e si viene a sapere che le glaciazioni si sono verificate di recente
(alcuni popoli ne conservano addirittura memoria storica) e sono dovute al cosiddetto
“inverno da impatto” effetto del Diluvio Universale.
Nel Cap. 5 l’Età della pietra diventa un’invenzione della
scienza ufficiale e Zillmer scopre la vera natura dei dipinti delle caverne,
eseguiti da artisti professionisti che si spostavano da un posto all’altro.
Non contento, ipotizza (ma non solo) la conoscenza dei metalli ben prima della
loro effettivo uso attestato dalla scienza archeologica. Il metallo, si sa,
non si conserva a lungo nel terreno e solo per questo non scopriamo attrezzi
metallici neolitici. Ma no, in California è stato trovata una candela
di un’automobile in una geode. Riecco la candela Champion moderna, fatta
risalire al Neolitico!
Che dire poi della fantasiosa e totalmente campata per aria teoria del “guscio
di drenaggio idrico” (Cap. 7) che tira in ballo la presenza di uno strato
di acqua fra la crosta e il mantello, responsabile della deriva dei continenti,
della formazione della discontinuità di Conrad, dell’intrusione
di lave varie e, ovviamente, anche del Diluvio Universale. Come poteva mancare?
Il guscio idrico salino, prima del Diluvio, avrebbe avvolto l’intero pianeta
(p. 231) come una guaina e sarebbe perciò la fonte dell’acqua necessaria
al Diluvio medesimo. Come facesse a stare per aria e come si potesse vivere
sulla superficie terrestre con tutta quell’acqua sopra la testa non lo
dice. Forse un miracolo?
Zillmer non spiega come sia possibile che la crosta rocciosa, costituita da
granito e affini con densità di 2.5 g/cm3, galleggi sopra all’acqua
che possiede una densità di 1 g/cm3. Ma sono quisquiglie, sicuramente
esiste una spiegazione non dogmatica e molto scientifica a questo proposito.
Nel Cap. 8 infine, in un’allegra carrellata di citazioni piene di strafalcioni,
ci ripropina il Diluvio Universale, la migrazione dei poli, nuovamente l’espansione
della Terra quale spiegazione alla deriva dei continenti (p.98) e altre amenità
dello stesso tipo.
Infine, se qualcuno ha tempo e voglia, provi a verificare quante delle citazioni
bibliografiche presenti nel testo sono effettivamente riportate alla fine del
libro oppure si provi a verificare i termini trattati nel “glossario”.
Questo libro, come tanti altri che cavalcano l’onda del sensazionalismo
del creazionismo o di qualsivoglia altra branca di questa pseudoscienza da ignoranti,
è una presa in giro e non si può che sconsigliarne l’acquisto.
E’ vero che ognuno ha il diritto di pubblicare quello che vuole nel rispetto
altrui, ma qui questo principio di base viene completamente a mancare. Non si
rispetta il lettore curioso ma non addentro nella materia, propinandogli delle
fandonie belle e buone vendute con arroganza e scorrettezza, non si rispetta
lo scienziato, facendolo passare per “cretino”. Ci si augura seriamente
che la stagione di queste inutili opere volga presto al termine, a tutto vantaggio
dell’utilizzo di alberi per la fabbricazione della carta, destinata comunque
a ritornare nell’ambiente sotto forma di spazzatura.