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MAH, n.18, dicembre 2009, pp.3-4

LIBRI

Francisco J. Ayala, Il dono di Darwin alla scienza e alla religione, Casale Monferrato : Piemme, 2009.
Da biologo, Francisco Ayala osserva che, sulla base delle conoscenze acquisite dall’anatomia comparata, dalla paleontologia e dalla biologia molecolare, l’evoluzione degli esseri viventi non può essere seriamente messa in dubbio. Anzi, scrive Ayala, “con tutta probabilità, non vi è concetto scientifico di cui si sia sondata maggiormente la validità e di cui si sia avuta più completa conferma, dell’origine evolutiva degli organismi viventi” (p.187).
Da cattolico, Ayala aggiunge che la validità della teoria dell’evoluzione non è in alcun modo in contrasto con la fede. L’autore fa notare come la Chiesa cattolica e alcune denominazioni riformate e autorità ebraiche si siano pronunciate chiaramente dicendo che non esiste alcun conflitto (pp.233-235).
Da biologo e da cattolico, Ayala respinge del tutto il creazionismo, anche nella versione del “disegno intelligente”. “Il disegno intelligente è cattiva scienza o, anzi, non è affatto scienza.” è il netto giudizio dello studioso “Non è corroborato da esperimenti, osservazioni o risultati pubblicati in riviste scientifiche lette e commentate da scienziati. A mio avviso, inoltre, è cattiva religione e cattiva teologia” (p.34).
L’autore osserva che chi contesta l’evoluzionismo definendolo “solo una teoria” dimostra di non conoscere neppure la terminologia scientifica. Infatti, nel linguaggio della scienza una “teoria” è “una conoscenza consolidata” e non qualcosa che può essere semplicemente “un’idea campata in aria” (come il “disegno intelligente”) (pp.33-34).

Stephen Jay Gould, I have landed : le storie, la Storia, Torino : Codice, 2009.
Uno dei saggi contenuti in questa raccolta riguarda la teoria della ricapitolazione e il suo alfiere Ernst Haeckel (pp.329-347). La teoria della ricapitolazione è quella “asserzione secondo la quale durante lo sviluppo embriologico gli organismi ripercorrerebbero la propria storia evolutiva”. Per esempio, l’embrione umano in uno stadio di sviluppo precoce sarebbe assai simile a quello di un pesce e più avanti a quello di un rettile. In realtà, spiega Gould, per quanto “effettivamente, in alcuni stadi di sviluppo precoce, gli embrioni dei vertebrati si somigliano molto di più […] di quanto si somiglieranno poi le forme adulte”, anche questi stadi “differiscono fra loro in modo molto più sostanziale di quanto mostrino le illustrazioni di Haeckel”, nelle quali i disegni di embrioni di specie diverse non erano stati eseguiti ciascuno prendendo a modello l’embrione che doveva raffigurare, ma erano stati copiati l’uno dall’altro per far apparire esatta la tesi dell’autore.
Nel 1997 la frode di Haeckel era tornata alla ribalta dopo che su di essa aveva richiamato l’attenzione Michael Richardson. Sulla notizia si era buttato anche Michael Behe, uno dei più noti anti-evoluzionisti, argomentando che se l’analogia tra gli embrioni era una prova a favore dell’evoluzionismo, ora la scoperta che i disegni erano fraudolenti avrebbe dovuto togliere forza alla teoria. Gould fa notare che in realtà che “le frodi di Haeckel sono roba vecchia” (e infatti Richardson non ha mai preteso di essere stato il primo a notarle). Già i suoi contemporanei se ne erano accorti. Adam Sedgwick, per esempio, ne aveva apertamente messo in dubbio l’accuratezza. Louis Agassiz aveva annotato sulle pagine della sua copia di un libro di Haeckel (ora nella biblioteca Ernst Mayr del Museo di zoologia comparata di Cambridge, Massachusetts, dove è stata trovata da Gould) tutto il suo sdegno. Inoltre, e soprattutto, tali frodi “sono irrilevanti ai fini della validità dell’evoluzione o dei meccanismi darwiniani”. D’altra parte, “la scienza darwiniana confutò e abbandonò definitivamente quest’idea [ovvero la ricapitolazione] intorno al 1910”.
Un altro saggio è dedicato ad un curioso esempio di ricapitolazione che fu elaborato da Sigmund Freud (pp.141-155). In una sua “fantasia filogenetica” che poi non pubblicò (il testo fu ritrovato nel 1983), Freud suppose che “le nevrosi testimonino le vicende evolutive dell’anima umana”. L’isteria di angoscia, per esempio, sarebbe collegata alle privazioni patite dall’umanità nell’era glaciale. Esperienze come questa sarebbero state trasmesse nel patrimonio ereditario. Ovviamente si tratta, come scrive Gould, di “una speculazione bella e buona, basata su false premesse biologiche” (la ricapitolazione, appunto, e l’ereditarietà di caratteri acquisiti).
Tra gli altri argomenti affrontati nei saggi raccolti in questo volume, c’è anche quello dei “preadamiti”, ovvero gli uomini che, secondo alcune interpretazioni di qualche passo della Bibbia, avrebbero abitato la Terra prima di Adamo (pp.121-140). Gould nota che ci fu anche chi fece ricorso alle speculazioni sui preadamiti per sostenere assurde posizioni razziste secondo le quali i bianchi sarebbero derivati da Adamo, mentre le altre etnie sarebbero composte dai discendenti di “preadamiti inferiori”.

Michael Hesemann, Contro la Chiesa : miti, leggende nere e bugie, Cinisello Balsamo : San Paolo, 2009.
Intorno alla storia del Cristianesimo è fiorita una serie di affermazioni senza fondamento storico, ma che hanno conosciuto una vasta popolarità. Sfatare queste leggende è l’intento di questo libro di Michael Hesemann, convinto che tanti autori che amano giocare il ruolo della “mente illuminata” e del “cacciatore della verità perduta” siano piuttosto furbacchioni che hanno ben capito che “raccontare le leggende nere della Chiesa cattolica […] è quasi una garanzia di alte tirature, di successo” (p.7).
In effetti storie del tutto inconsistenti come quelle della linea di sangue dei Merovingi, del Priorato di Sion, di Rennes-le-Château hanno fatto la fortuna di scrittori come Michael Baigent, Richard Leigh e Henry Lincoln e non c’è dubbio che parte del successo del Codice da Vinci di Dan Brown è dovuto alle simpatie riscosse da queste strampalate affermazioni.
Non si può dare torto a Hesemann neppure quando se la prende con James Tabor, che nell’introduzione del suo libro La dinastia di Gesù (ed. it. Casale Monferrato : Piemme, 2006) presenta come plausibile l’idea che il sepolcro di Talpiot contenesse, tra gli altri, i resti di Gesù (che quindi sarebbe stato un comune mortale) e che un ossario spuntato qualche anno dopo fosse quello di Giacomo fratello di Gesù.
La tomba di Talpiot conteneva in effetti un ossario con il nome di “Gesù figlio di Giuseppe” e un altro con il nome di Maria, ma, come osserva Hesemann, bisogna considerare che i tre nomi in questione erano molto comuni e quindi nulla ci dice che si trattasse di Gesù di Nazareth, ipotesi che, anzi, appare del tutto inverosimile.
Anche per il presunto ossario di Giacomo il Giusto, la prudenza avrebbe potuto suggerire che la coincidenza dei nomi (Giacomo figlio di Giuseppe e fratello di Gesù), per quanto singolare, non sarebbe stata una prova sicura che si trattasse proprio di quel Giacomo. Comunque le analisi hanno poi mostrato che l’iscrizione che la attribuiva al fratello di Gesù è stata fraudolentemente aggiunta in tempi recenti e quindi la coincidenza, in realtà, neppure esiste.
Hesemann prende in esame diversi altri argomenti, dalle leggende sulla papessa Giovanna e sul Graal alle speculazioni romanzesche sui Templari, oggi molto di moda, al complottismo sulla morte di papa Giovanni Paolo I.
Ci sono anche parti meno convincenti, come quelle su Galileo e su Giordano Bruno. A proposito di quest’ultimo, l’autore scrive che “a mandarlo sul rogo non furono le sue tesi, non furono i suoi scritti, ma la testardaggine con cui mentì, il continuo insistere sul fatto di non avere commesso errori: in altre parole il suo narcisismo pressoché patologico” (pp.253-254). Anche questo, però, continua a non sembrare proprio una ragione per una condanna a morte.