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MAH, n.24, giugno 2011, pp.3-4
LIBRI
Syusy Blady, Patrizio
Roversi, Misteri per caso : un viaggio intorno al mondo che non racconta
la solita storia, Milano : Rizzoli, 2011.
Dopo essere stato, qualche anno fa, un programma televisivo, Misteri per
caso ha dato il titolo anche a un libro nel quale la conduttrice di quella
trasmissione, Syusy Blady, espone a Patrizio Roversi, che interviene con commenti
e domande, una storia che potrebbe “cambiare i sussidiari”. Si tratta,
come si può intuire di fronte a una locuzione di questo tipo, delle solite
affermazioni fantaarcheologiche che hanno fatto la fortuna di autori come Zecharia
Sitchin, che l’autrice ha incontrato e cita spesso nel libro.
Un’idea che percorre il libro è quella dell’esistenza di
un’antica civiltà diffusa a livello planetario che corrisponderebbe
ai racconti su Atlantide. A proposito di Atlantide, l’autrice cita un’immagine
di Google Earth al largo delle coste occidentali dell’Africa in cui si
vedono, sul fondo dell’oceano, delle linee che si tagliano ad angolo retto
e che possono sembrare le vie di una città. “L’ho chiesto
ad alcuni geologi e loro ci sono rimasti […] di stucco” dice Blady
“Non si capisce cosa possa essere” (p.103). In realtà, Google
ha spiegato cosa è: semplicemente un artefatto nella costruzione dell’immagine.
I presunti solchi sul fondale non ci sono.
Parlando dell’equatore, Blady cita una sorta di esperimento fatto in Ecuador
con “due lavandini: uno è piazzato nell’emisfero Sud, a pochi
metri della linea dell’equatore. L’altro è lì accanto,
ma già nell’emisfero Nord. Tu apri l’acqua e la fai uscire
dallo scarico, e vedi che in un lavandino il gorgo gira in senso orario, e nell’altro
in senso antiorario” (p.134). Questo dovrebbe essere una conseguenza della
forza di Coriolis, ma in realtà l’effetto di tale forza sull’acqua
di un lavandino è molto debole e, per osservarlo, bisognerebbe portare
i lavandini in laboratori in cui, in condizioni rigorosamente controllate, si
possa eliminare l’influenza di altri fattori che lo rendono altrimenti
irrilevante. Ovviamente è possibile, con qualche prova, scoprire come
far sì che due lavandini (o lo stesso lavandino messo in due posizioni
diverse) si comportino nel modo desiderato ed eseguire poi il trucco dei gorghi
diversi davanti ai turisti facendo loro credere che sia un effetto della forza
di Coriolis.
La pagina migliore del libro è quella in cui Blady racconta il suo incontro
con Giuseppe Orefici, archeologo che studia il sito di Nazca. L’autrice
dice di avergli parlato delle teorie di Sitchin. “Ma lui cosa ha detto?”
chiede Roversi. “Che sono tutte cretinate” ammette Blady “Guardandomi
severamente ha detto: «Non diciamo cretinate con tutte queste storie degli
extraterrestri!»”. Roversi approva: “Bravo Orefici!”
Mariano Tomatis,
Num3ri assass1ni : come scoprire con la matematica tutti i segreti del crimine,
Milano : Kowalski, 2011.
La matematica può aiutare le indagini sui crimini. Tomatis
spiega, per esempio, come la forma delle macchie di sangue può dare informazioni
sulla dinamica dell’omicidio. Sono anche stati sviluppati metodi matematici
per tentare di capire in quale area abiti un assassino seriale a partire dai
luoghi in cui ha commesso i suoi delitti (“profiling geografico”)
o addirittura di prevedere quando potrebbe verificarsi il suo successivo crimine.
L’autore non manca, comunque, di sottolineare che i risultati di tali
metodi vanno usati con le dovute cautele. In televisione il successo è
assicurato, ma, avverte Tomatis, “nel mondo reale il geographic profiling
fornisce solo grossolane approssimazioni” e “in molte occasioni,
le curve previsionali applicate ai serial killer mancano del tutto il bersaglio”
(p.202). Stabilito come “punto fondamentale” che la matematica non
può mai sostituire le altre discipline impiegate in ambito criminologico”
(p.222), l’autore scrive che comunque, “malgrado tutti questi limiti,
gli strumenti numerici applicati ai crimini hanno una loro efficacia”
(p.202).
Tomatis dedica alcune pagine all’uccisione del presidente statunitense
John Kennedy. C’è chi ha contestato la ricostruzione dell’attentato
fatta dalla commissione di ciò incaricata (la commissione Warren) sostenendo
che solo una “pallottola magica” con una traiettoria impossibile
avrebbe potuto colpire Kennedy e poi il governatore del Texas John Connally,
seduto davanti a lui nell’auto, in quel modo. Tale affermazione non tiene
però conto del fatto che “il sedile anteriore della limousine era
spostato verso l’interno e il corpo di Connally era ruotato verso destra”:
tenuto conto di ciò, il percorso del proiettile è quello che ci
si deve attendere (pp.137-146).
Nel libro si parla anche del poligrafo, la “macchina della verità”.
Il principio su cui si basa lo strumento è che un soggetto che mente
dovrebbe avere una reazione emotiva che produce qualche variazione nel ritmo
della respirazione, nel battito del cuore e nella traspirazione della pelle.
E’ però vero che tale reazione potrebbe essere indotta anche da
altre cause. Una persona innocente potrebbe temere che la sua risposta, per
quanto veritiera, potrebbe lasciare dei sospetti, oppure potrebbe provare vergogna
o imbarazzo per una domanda che possa svelare qualcosa di cui, pur non essendo
in alcun modo illegale, non vorrebbe comunque parlare. Viceversa, un soggetto
con un forte autocontrollo potrebbe mentire senza avere reazioni che possano
essere registrate dalla macchina. Gli studi effettuati, dice l’autore,
mostrano che il poligrafo “fornisce responsi migliori di quelli che si
otterrebbero con il lancio di una moneta, ma non molto” e “non ha
ancora dimostrato di lavorare meglio di un bravo psicologo in grado di leggere
i segnali del corpo” (pp.164-168).
Tomatis osserva come la citazione di dati statistici, nonostante l’apparenza
di oggettività del numero, possa risultare fuorviante (pp.175-179).
Pascal Voggenhuber,
Messaggi dall’altro mondo, Milano : A. Mondadori, 2011.
L’autore del libro è un medium svizzero descritto
nell’ultima di copertina come “una delle personalità più
dotate in grado di comunicare con l’Altro Mondo, noto per la precisione
delle testimonianze dei defunti che riesce a riportare”. I resoconti dei
suoi presunti successi sono in effetti molto dettagliati, ma, nonostante Voggenhuber
affermi che per lui è importante far sapere anche attraverso i media
che “c’è una vita oltre la morte” e aiutare a “superare
la paura della morte” (p.128), in tutto il libro non risulta un solo caso
in cui tali rivelazioni siano state fatte in una situazione caratterizzata da
un adeguato controllo, come ci si aspetterebbe se volesse davvero convincere
le persone di quanto afferma.
L’autore così scrive riguardo a una sua conferenza: “Trasmisi
queste informazioni e chiesi se qualcuno tra il pubblico le capiva. Risposero
cinque persone, tre delle quali erano sorelle. A quel punto si trattava di fornire
informazioni precise, in modo che alla fine rimanesse solo una possibilità”
(p.132). Il modo di procedere mostra una notevole somiglianza con un trucco
ben conosciuto dai prestigiatori e in particolare dai “mentalisti”.
Si fa un’affermazione anche abbastanza dettagliata confidando nel fatto
che, all’interno di un pubblico numeroso, ci saranno alcune persone per
le quali risulterà corretta. Quindi si possono aggiungere altre informazioni
finché rimarrà una sola persona la quale potrà essere colpita
dal fatto che tutto quanto detto è corretto per lei.
Un altro passo interessante è il seguente: “Capita spesso che,
prima di della persona che si desidera contattare, se ne presentino altre. […]
Una volta mi è capitato che una cliente volesse assolutamente un contatto
con sua madre. Le descrissi accuratamente una signora, le dissi persino un nome
e le chiesi se capiva le informazioni. Rispose di no. Diedi ancora qualche dettaglio
[…]. La cliente disse: «No, non c’entra nulla con mia madre!»
Io risposi: «Non ho parlato di sua madre, ma conosce qualcuno per cui
queste informazioni hanno senso?» Lei assentì” (p.136). Insomma,
se la “lettura” del cliente non dà il risultato sperato,
si può sempre dire che era un’altra persona (come sopra, si può
confidare nel fatto che per una delle persone conosciute andrà bene)
e fare un altro tentativo.
Come è usuale in questo campo, Voggenhuber usa spesso la parola “energia”
in modo che nulla ha a che vedere con il suo significato fisico (per esempio:
“per comunicare con il mondo spirituale devo far vibrare la mia energia
molto più velocemente e a un livello più alto”, p.100).
Non mancano, purtroppo, neppure le sciocchezze su presunti poteri curativi di
medium e guaritori (pp.22-23, 157-158). L’autore avrebbe fatto meglio
a tener presente che, come lui stesso scrive in altro contesto, “una mia
affermazione incauta può avere conseguenze devastanti sulla vita di un
cliente” (p.97) ed evitare con cura tali affermazioni infondate.