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MAH, n.24, giugno 2011, pp.1-2
Animali
I CERCATORI DI MIELE
di Giorgio Castiglioni
Nel numero 21 della nostra rivista si è
parlato della presunta simbiosi tra il coccodrillo del Nilo e l’uccello
(si tratti di Pluvianus aegyptius o di Vanellus spinosus)
che si occuperebbe della sua pulizia orale. Un altro caso citato spesso come
esempio di simbiosi è quello tra l’indicatore del miele (Indicator
indicator), un uccello africano, e il ratele o tasso del miele (Mellivora
capensis), un mammifero della famiglia dei mustelidi.
Secondo quel che viene raccontato, l’indicatore fa quel che appunto dice
il suo nome, indicando al ratele la strada per arrivare a un alveare di api
selvatiche. Il ratele, ghiotto di miele, lo segue e, arrivato a destinazione,
attacca l’alveare. L’indicatore approfitta della distruzione fatta
dal ratele per mangiare a sua volta cera, uova, larve e pupe di api e larve
di lepidotteri parassiti che si introducono negli alveari.
Questa simbiosi è citata già da Anders Sparrman, che descrisse
scientificamente, nel 1777, l’indicatore maggiore (con il nome di Cuculus
indicator) e compare poi in diversi testi successivi. L’ornitologo
Herbert Friedmann, della prestigiosa Smithsonian Institution, notò che
gli autori sembravano però limitarsi a ripetere quanto detto da altri
in precedenza e che lo stesso Sparrman non si basava su osservazioni personali,
ma su quanto aveva sentito dire (Friedmann 1955, pp.27, 41). D’altra parte,
Friedmann riferiva che si raccontava anche che, se gli uomini che venivano portati
dall’indicatore a un alveare non lasciavano alla loro guida alata un po’
di miele come ringraziamento, l’uccello puniva la loro ingratitudine guidandoli
all’occasione successiva verso incontri con animali pericolosi (p.31;
cfr Short e Horne 2001, p.102: i due studiosi osservano che, seguendo un indicatore
si potrebbe in effetti imbattersi in tali animali o trovarsi di colpo davanti
un precipizio ed episodi di questo tipo potrebbero essere stati interpretati
come vendette dell’indicatore per un torto subito, ma ovviamente che l’uccello
in questione pensi a nuocere, o viceversa a evitare pericoli, alle persone che
lo seguono “è al di là di quel che ragionevolmente ci si
può aspettare da un indicatore”). Si trattava quindi di distinguere
i fatti dal folclore. Quando, nel 1950, fu in Africa, Friedmann si propose di
indagare sulla questione. Non riuscì a osservare di persona l’interazione
tra i due animali, ma raccolse alcune testimonianze che giudicò comunque
valide e sufficienti per stabilire la veridicità della simbiosi tra le
due specie (pp.43-45). La conclusione è stata accettata da testi autorevoli
come l’opera in più volumi sui mammiferi africani di Jonathan Kingdon
(1989).
Si trattava comunque, come è chiaro dal suo testo, di informazioni che
Friedmann aveva avuto da altre persone che non erano esperti in materia. Neppure
in seguito sono arrivate prove certe sull’esistenza della simbiosi tra
l’indicatore e il ratele.
Richard Dean, Roy Siegfried e I. A. W. Macdonald (1990, p.99) hanno fatto notare
che “nessuno di questi resoconti dà una sequenza di guida completa
e nessuno offre una prova chiara che ci sia una evoluta associazione mutualistica
tra l’indicatore e il ratele. […] I resoconti sembrano avere una
base aneddotica piuttosto che fattuale”. Short e Horne (2001, p.102) osservano
che il ratele, dotato di un odorato e di un udito ben sviluppati, può
tranquillamente individuare gli alveari da solo e non ha bisogno che ci sia
un uccello che gli indichi il tragitto da compiere per arrivarci.
Nel documentario sudafricano Animals are beautiful people (1974) si
vede un indicatore guidare un ratele sino a un alveare di api selvatiche. Potrebbe
sembrare una prova dell’esistenza della simbiosi, ma, in realtà,
il filmato non convince per nulla. Nelle immagini in cui si vedono insieme il
ratele e l’indicatore, il volo di quest’ultimo non appare naturale.
Il ratele, tra l’altro, più che desideroso di seguire la presunta
guida sembra addirittura volerla colpire con una zampa. Nella sequenza davanti
all’alveare le ali restano distese nella medesima posizione mentre l’uccello
si muove su e giù. In breve, non sembra proprio un uccello vero, ma un
modellino attaccato a un filo e fatto muovere davanti al ratele. Richard Dean,
del Percy FitzPatrick Institute of African Ornithology dell’università
di Città del Capo, conferma la mia impressione: “Sono d’accordo
con te: l’uccello sembra legato a una corda e il movimento delle ali è
del tutto sbagliato”.
Dean mi racconta di aver visto un filmato che appariva “molto più
convincente” usato in una pubblicità trasmessa qualche anno fa
dalla televisione sudafricana: “Ho scritto all’agenzia di pubblicità
in questione manifestando il mio interesse per sapere dove e quando era stato
fatto il filmato e ho anche detto loro che poteva essere la primissima prova
che gli indicatori guidano i ratele. L’agenzia mi ha risposto dicendomi
che il filmato era stato fatto in Kenya e che erano due filmati diversi che
erano stati mescolati insieme, una ripresa del ratele e una ripresa separata
dell’indicatore intrecciate poi insieme per far vedere che l’indicatore
guidava il ratele. Quindi non era affatto una prova. Non bisogna credere a tutto
quel che si vede in televisione”.
In conclusione, nonostante la si trovi nominata in opere valide come quelle
citate di Friedmann e di Kingdon, la reale esistenza di un rapporto simbiotico
tra l’indicatore e il ratele è quanto meno molto dubbia.
FONTI:
- Andrew Sparrman, A voyage to the Cape of Good Hope, towards the Antarctic
Polar Circle, and round the world: but chiefly into the country of the Hottentots
and Caffres, from the year 1772, to 1776, London : Robinson, 1786, vol.
II, pp.181, 186-187.
- Herbert Friedmann, The honey-guides, Washington : Smithsonian Institution,
1955.
- Jonathan Kingdon, East African mammals. Vol. III, part A, Carnivores,
Chicago : The University of Chicago Press, 1989, pp.91-96.
- W. R. J. Dean, W. Roy Siegfried, I. A W. Macdonald, The fallacy, fact,
and fate of guiding behavior in the greater honeyguide, “Conservation
Biology”, 4 (1990), pp.99–101.
- Lester L. Short, Jennifer F. M. Horne, Toucans, barbets and honeyguides:
Ramphastidae, Capitonidae and Indicatoridae, Oxford : Oxford University
Press, 2001, p.102.
- W. Richard J. Dean, comunicazione personale, 3 dicembre 2010.