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MAH, n.25, settembre 2011, pp.1-4
Leggende metropolitane
UN SOSIA PER McCARTNEY:
C'E' LA PROVA?
di Fabio Caironi
Con Il codice McCartney, scritto a quattro mani da Fabio Andriola
e Alessandra Gigante (Milano : Rizzoli, 2011), ci siamo illusi per un attimo
che la verità fosse a portata di mano. La scienza scomodata nientemeno
che per stabilire se Paul McCartney sia morto nel lontano 1966. Uno scherzo,
un’allucinazione collettiva, o accadde veramente qualcosa? Gli autori
non escludono la possibilità che tutto sia stato pianificato nei minimi
dettagli, e comunque rimangono sorpresi della mole e dell'accuratezza dell'operazione.
Che qui non sarà ripercorsa, se non negli elementi legati strettamente
alla tesi del libro. Quella di McCartney, all'interno delle leggende metropolitane
della musica, costituisce un unicum: mentre per altri (Elvis Presley, Jim Morrison,
Michael Jackson) si parla di sopravvivenza e morte simulata, per il Beatle ad
essere "finta" è proprio la sua vita.
Gli autori, a differenza di altri che hanno analizzato la storia, sembrano credere
all'assunto di fondo (ovvero che il McCartney che vediamo non è
l'originale), mentre altri studiosi sono partiti da una posizione critica, o
perlomeno neutra.
La morte "ufficiale" - 12 ottobre 1969, la morte
"ufficiale": la telefonata di Tom Zarski, studente all'Università
del Michigan a Russ Gibb, dj di un'emittente radiofonica locale. Fu solo rendere
noto ciò che nei circoli universitari si sussurrava da anni: McCartney
era morto nel 1966. Con il passaggio della storia in un'emittente nazionale,
PID (Paul is dead, ovvero “Paul è morto”) divampò
in tutto il mondo. La voce girava già nel 1967, tanto che Linda Eastman,
prima di diventare la signora McCartney, ne parlò con un collega.
Le rockstar, sembra, muoiono giovani: uno studio britannico del 2007 su 1064
musicisti dice che la speranza di vita di un artista europeo e' di 35 anni.
McCartney nel 1966 ne aveva solo 24, quindi abbassa la media.
Prima reazione di McCartney: una telefonata a Gibb 48 ore dopo la messa in onda
dello storico programma radiofonico. Secondo varie fonti a chiamare fu davvero
il Beatle, ma l’addetto stampa della band negò la circostanza.
Poi ci fu l'intervista di "Life" del 7 novembre, nella quale Paul
etichettò come "un cumulo di sciocchezze" le voci circolate
in quelle settimane. In seguito McCartney assunse un tono ricco di humour, più
in linea con il personaggio. Alquanto sbadato nel riferire i suoi ricordi, però,
secondo Andriola e Gigante, tanto da supporre che ci siano due McCartney, pre
e post 1966, con opinioni diverse.
La tesi - "Troppe cose non coincidono, molte più
di quelle richieste da un qualunque tribunale per decretare senza ombra di dubbio
sull'effettiva identità di un individuo". Così gli autori,
secondo i quali PID non è la solita leggenda metropolitana, ma una storia
complessa ed affascinante. La tesi: ci sono due o più McCartney: uno
che suona, l'altro che si presenta agli incontri pubblici, e si presta nelle
situazioni compromettenti. Come un esame di paternità. In fondo, secondo
Andriola e Gigante, nessuno è morto, i fans non sono stati ingannati,
e le "operazioni segrete" si limitano a qualche intervento di chirurgia
estetica.
Il parere dell’esperto – Per capirne di più
abbiamo chiesto un parere al massimo esperto italiano sull’argomento.
Glauco Cartocci, lei con Il caso del doppio Beatle ha ampiamente trattato
la leggenda su Paul McCartney: come giudica la tesi di questo libro? “Non
posso giudicare questo libro perché ancora non l'ho letto, in quanto
con gli autori siamo d'accordo di "scambiarcelo" (io darò a
loro l'ultima edizione del mio...). Vi ricordo però a onor del vero che
loro seppero di PID da me, leggendo la prima edizione del mio Doppio Beatle
nel 2005, e insieme collaborammo al documentario su Atlantide-La7. Una cosa
che mi permetto di criticare (ma non avrò remore a dirglielo faccia a
faccia) è il sottotitolo "Tutta la verità sulla morte di
McCartney". E quale sarebbe, di grazia, questa verità? Io ho di
recente formulato ben 10 ipotesi, o possibili alternative (alcune più
valide, altre meno), e la rosa delle congetture, anche così, è
ben lungi dall'essere esaurita. Andriola e Gigante non credo possano onestamente
affermare di "sapere per certo" come è andata. Per cui, il
sottotitolo è senza dubbio una "trovatina" commerciale, ma
sinceramente lo trovo fuori luogo, così come trovo di cattivo gusto la
copertina col "teschio". Se siamo seri indagatori di questo giallo,
dobbiamo dire apertamente che è ancora lontano dall'essere risolto”.
Free as a bird e l’incidente – Altro punto
importante del lavoro della coppia è l’analisi di Free as a bird.
La canzone del 1995 contiene 17 secondi nei quali si ricostruisce il celebre
incidente della leggenda, nei suoi tratti caratteristici: un coupé a
due posti incidentato, un camion, Polizia, i pompieri, una folla di curiosi
e un John Lennon del 1967. Ovvero ciò che è stato raccontato in
A Day in the Life, la canzone che chiude Sgt. Pepper's Lonely Hearts
Club Band. E anche in She's Leaving Home. Secondo la versione
ufficiale, raccontata da John Lennon, fu raccontato l'incidente di Tara Browne
e Suki Poitier, amici dei Beatles e protagonisti della Swinging London, vittime
di uno schianto fatale nel dicembre 1966. McCartney in quei mesi ebbe veramente
un incidente: con il motorino, nel quale si tagliò un labbro e scheggiò
un dente. Glauco Cartocci fu il primo a rilevare alcune evidenti contraddizioni
cronologiche, essendo l’incidente in questione sicuramente anteriore alla
primavera ’66. Era solo o c'era l'amico Tara Browne, che morirà
qualche mese più avanti? Forse ci fu un incidente d'auto, dicono gli
autori, che lasciò McCartney fuori combattimento per qualche tempo, e
costrinse i Beatles a ricorrere ad un sosia, che forse era già operativo
in quel momento. Oppure a restare coinvolto nel sinistro fu un altro. Ma chi?
Teoria del sosia - I sosia: da quelli (provati) di dittatori
e capi di Stato (Hitler, Stalin, Saddam Hussein) ad altri che "potrebbero"
essere venuti in Italia (quello di George W. Bush e Gheddafi), fino a quelli
che prendono il posto dell'originale a sua insaputa, come un finto Ringo Starr
che imperversò in Florida nel 2004. McCartney ne ha usati? Uno di loro
è morto tragicamente, tanto da far credere a molta gente che la vittima
fosse il musicista? Chiediamo nuovamente il parere di Cartocci: è dunque
possibile che i Beatles abbiano messo in campo un sosia di McCartney in un determinato
periodo, e che poi il Beatle abbia mantenuto questa usanza negli anni a seguire?
“Il discorso del sosia temporaneo che poi diviene definitivo è
uno dei possibili, anzi probabili scenari. Infatti ne parlo da anni, e lo esamino
anche in due delle 10 "fiction" che costituiscono la parte finale
della 5° Edizione, appena uscita, di Paul is dead? Il Caso del Doppio
Beatle. Però capirete bene che è una "soluzione"
del mistero che comunque rimanda ad altri interrogativi, uno su tutti: se Paul
è vivo, e sostituito, che fine ha fatto, e chi è ora, l'originale
McCartney?”
La figlia illegittima - Nella costruzione della tesi del libro
ha poi grande peso la vicenda della presunta figlia illegittima tedesca di Paul,
Bettina Huebers: l'esame dell’HLA smentisce che il Beatle sia il padre.
Perché le manda soldi per anni, se non e' lui il padre? Perché
al momento del prelievo, secondo la ragazza, negli anni Ottanta, il test viene
effettuato sul "falso" Paul. McCartney pagò gli alimenti per
la giovane fino ai diciotto anni, quindi anch'egli doveva essere convinto della
paternità. Oppure aveva preferito liquidare la faccenda con qualche soldo.
Tecnologie d’indagine - Applicare le nuove tecnologie
d'indagine su PID: non più un "cold case", ora la scienza smaschera
i criminali e scioglie i segreti. Vedere CSI per credere. La craniometria, gli
studi del francese Paul Broca attualizzati con l'utilizzo delle nuove tecnologie.
Una persona la si riconosce da punti immutabili nel cranio di una persona, e
dalle sue orecchie, che rimangono costanti nel tempo. L’indagine viene
effettuata sulle fotografie scattate nel corso degli anni. Sono stati gli esperti
italiani Gabriella Carlesi e Francesco Gavazzeni, rispettivamente anatomopatologa
e tecnico informatico, ad analizzare le foto del Beatle prima e dopo il 1966.
Il responso: ci sono differenze sostanziali tra il soggetto delle foto più
vecchie e quello delle più recenti. Anche tramite l'identificazione dentale
emergono, secondo i due esperti, si notano delle differenze. Analisi effettuate
sulle fotografie, ovviamente, visto che il diretto interessato non si è
prestato all'esperimento.
Anche secondo prove foniche ci sarebbero stati più McCartney in circolazione.
Lo stesso vale per gli esperti di grafologia. Cartocci, la convincono le prove
scientifiche portate dagli autori a sostegno della loro tesi (craniometria,
studio delle foto, esame grafologico ecc...)? “Quelle "prove"
scientifiche sono altamente probanti, e non ho dubbio che l'analisi sia stata
svolta in buona fede e con competenza. Anche se, come purtroppo succede sempre
fra "scienziati", per due periti che dicono una cosa ne saltano fuori
dieci che sostengono esattamente l'opposto. E' già successo che le tesi
di Gavazzeni e Carlesi siano state "contestate" da colleghi degli
stessi. Vi ricordo poi che proprio Gavazzeni e Carlesi dicono di non poter garantire
l'esattezza completa delle analisi, in quanto "svolte su foto e non su
cadaveri". La pista grafologica invece è molto interessante, ma
come sapete, anche questa branca della scienza dà spunti di ricerca,
indizi ma non certezze "riconosciute" come dirimenti”.
L’antitesi – La prima critica che si può
muovere al lavoro di Andriola e Gigante è questa: vari capitoli che contestualizzano
la tesi del libro non vanno veramente a fondo. Gli autori usano lo stesso sistema
usato dai fans della leggenda su Internet: ripercorrere le "tracce"
contenute nelle canzoni e nelle copertine, speculando sulle interpretazioni
e sui "si dice", dando forza a concetti che, spesso, ne hanno palesemente
poca. E sfiorando i cliché che i "cacciatori" di leggende metropolitane
hanno faticosamente individuato e combattuto negli anni, vedi rock satanico,
messaggi subliminali e centinaia d'idiozie che altro non erano che... idiozie.
Dal mio punto di vista si è trattato di un gigantesco mix tra elementi
creati ad arte per vari scopi (marketing, forse), scherzo consapevole tra Lennon
e McCartney, e una dose d’isteria collettiva.
Altrimenti perché il finto Paul si sarebbe prestato al gioco, sapendo
che poteva essere smascherato e i suoi giorni nei Beatles sarebbero finiti?
I quattro di Liverpool hanno volutamente intorbidato le acque che facevano finta
di tenere pulite, e tutto questo mantiene su di loro l'attenzione dopo oltre
quarant'anni. Lo stesso avrebbe fatto Paul durante la sua carriera solista.
Conclusione - Gli autori non arrivano a dichiarare con certezza
che McCartney sia morto, oppure che si sia servito di sosia nel corso degli
anni, né chi siano questi doppi. Ci fu un incidente? Ci fu una vittima,
o perlomeno un ferito? La risposta del libro è: "Forse". Un
po' poco da chi professava (nel sottotitolo) di avere la verità sul caso
della presunta morte del Beatle. Sulla rigorosità e fondatezza delle
prove scientifiche che vengono portate non posso esprimere un giudizio. L'ipotesi
del sosia saltuario è interessante, ma serve a mettere un tassello in
più, non a trovare la soluzione del puzzle. Dobbiamo aspettare libri
di rivelazioni, che forse non verranno mai pubblicati, o la verità di
Yoko Ono? Con pazienza, aspetteremo…
“Mah” aveva già dedicato un articolo a questo argomento:
Giorgio Castiglioni, La “morte”
di Paul McCartney, “Mah”, n. 6, dicembre 2006, pp.1-4.