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MAH, n.27, marzo 2012, pp.1-3

Grafologia
ERRORI GRAFOLOGICI
a cura della redazione

Di tanto in tanto sui giornali o in televisione appare qualche grafologo che, analizzando un documento scritto a mano, sostiene che le caratteristiche della sua grafia indicano questo o quel tratto della personalità dello scrivente, trovando, per esempio, segni di aggressività in una lettera scritta da un criminale.
Questa capacità di individuare in modo preciso tali correlazioni appare però in netto contrasto con i risultati che la grafologia (da non confondere con le perizie calligrafiche, che si occupano dell’attribuzione della scrittura a una persona, senza entrare nel merito delle caratteristiche del soggetto) ha raccolto negli studi scientifici, dai quali è emersa “una chiara incapacità da parte dei grafologi di svelare tratti della personalità o prevedere il rendimento sul lavoro” (I grandi miti della psicologia popolare, Milano : Cortina, 2011, pp.212-217; cit. a p. 216 – recensione del libro in questo numero di “Mah”).
Ovviamente va notato che tra i due casi c’è una fondamentale differenza: nel primo caso il grafologo sa chi è la persona che ha scritto e, anche inconsciamente, può essere portato a interpretare la scrittura nel modo che corrisponde a quanto sa della persona, analogamente a quanto accade con gli interpreti delle profezie che riescono a rintracciare l’evento “previsto” dopo che è successo, quando già, dunque, lo conoscono: non sono le parole di Nostradamus o altri presunti lettori del futuro ad aver previsto l’evento, ma è l’evento accaduto ad aver fatto trovare all’interprete quel senso in parole che, di per sé, non lo avevano. Nell’esempio fatto sopra, sapendo che a scrivere è un criminale, la sua attenzione potrebbe essere attratta da una caratteristica che la sua scuola grafologica associa all’aggressività e non da altre che sono associate a tratti del carattere non corrispondenti.
Non sorprende, dunque, che in casi in cui hanno analizzato testi attribuiti erroneamente a una persona i grafologi abbiano individuato tratti della personalità del presunto autore e non di quello reale. Qualche decennio fa, per esempio, il grafologo svizzero G. E. Magnat, esaminando un manoscritto del poema Le bateau ivre, aveva concluso che la grafia suggeriva che Arthur Rimbaud avrebbe presto abbandonato la poesia. Ma davvero la scrittura suggeriva ciò o il grafologo aveva “trovato” nella scrittura semplicemente ciò che già sapeva? Evidentemente la seconda perché non si trattava di un manoscritto autografo di Rimbaud, bensì di una copia del testo scritta dal suo amico Paul Verlaine (caso citato in Paola Urbani, Processo alla grafologia, Bari, Dedalo, 2004, p.149).
Vediamo un paio di esempi più recenti. Nel 2005 le grafologhe Elaine Quigley e Helen Taylor hanno esaminato alcuni appunti scarabocchiati su un foglio trovato al World Economic Forum e che si riteneva fossero dell’allora premier del Regno Unito Tony Blair. Secondo le grafologhe gli appunti mostravano proprio quell’indecisione di fondo che veniva considerata un difetto di Blair. Il risultato dell’analisi grafologica sembrava dunque calzante. Era però emerso che quegli appunti “indecisi” non erano di Blair, ma di Bill Gates, proprietario del colosso dell’informatica Microsoft (BBC News, 1 febbraio 2005; http://news.bbc.co.uk/2/hi/uk_news/magazine/4223445.stm). Il fatto che l’analisi abbia portato a caratteristiche attribuibili alla persona che le grafologhe credevano avesse scritto anziché a quella che aveva effettivamente scritto porta a pensare che il responso proveniva dalle aspettative di chi analizzava e non dalle caratteristiche dei tratti e si potrebbe supporre che, se avessero saputo che gli appunti erano di Gates, le grafologhe avrebbero trovato segni di un carattere, al contrario, deciso e intraprendente come quello che viene attribuito al padrone di Microsoft.
Un caso divertente è quello che ha avuto per protagonista, nel 2011, la grafologa Candida Livatino. Intervistata dal Tg5, il telegiornale della rete televisiva Canale 5, Livatino ha trovato i tratti del carattere di Matthias Schepp, un uomo fuggito da casa portando via le due figlie senza far sapere nulla alla moglie, nelle frasi scritte su una cartolina. Le parole della grafologa sembravano ben descrivere la personalità che appariva dalle notizie di cronaca: “L’angolosità, molto evidente nella M e nella N, come ad esempio nella parola "manchi", rivela un’aggressività latente, la rabbia che ha dentro ed ha anche uno spirito vendicativo. L’attaccata, cioè il fatto che nello scrivere, Matthias non stacca mai la mano dal foglio, come lo possiamo vedere nelle parole "vivere" e "manchi" segnala invece il tentativo di soffocare le emozioni e di tenere a bada gli impulsi”. Sfortunatamente per lei, la grafologa, troppo presa da “angolosità” e “attaccata”, non aveva notato la caratteristica più evidente di quella grafia: le lettere erano troppo regolari per essere state scritte da una persona. A scrivere quelle lettere non era stata una mano umana, ma una stampante. Schepp aveva in effetti scritto una cartolina con un testo come quello, ma nella sua lingua, il tedesco. Quella analizzata dalla grafologa non era tale cartolina, ma una cartolina finta, tradotta in italiano, realizzata appunto con una stampante dal programma “Chi l’ha visto?”, che si era occupato del caso, per una ricostruzione filmata delle vicende interpretata da attori.
Un altro caso interessante per il tema di questo articolo è quello di Ruth Rostron, grafologa e presidente del British Institute of Graphologists, che ha esaminato gli scarabocchi fatti da alcuni personaggi famosi. Le farfalle disegnate dallo scrittore Vladimir Nabokov sono a suo dire un segno della sua volontà di sfuggire ai legami (Paolo Conti, Stelle e navi, l’ambizione e la fuga : cosa dicono di noi gli scarabocchi, “Corriere della Sera”, 13 settembre 2011, p.29). L’interpretazione sembra corrispondere alla personalità di un autore noto per un libro scabroso come Lolita. Sfortunatamente per la grafologa, esiste un’interpretazione decisamente più convincente, ovvero che Nabokov disegnasse farfalle non per quel che rappresenterebbero, ma, più semplicemente, per quello che sono. In altre parole, disegnava farfalle perché amava le farfalle. Per quanto sia diventato famoso come scrittore, Nabokov infatti era un lepidotterologo e aveva in particolare dedicato i suoi studi alla tassonomia dei Polyommatini (le farfalle conosciute in lingua inglese come blues). In una lettera aveva scritto: “Il mio laboratorio occupa metà del quarto piano. Gran parte di esso è ingombro di armadi, tutti in fila, contenenti le teche con le farfalle. Io sono il custode di queste collezioni assolutamente favolose” (cit. in Stephen Jay Gould, Non esiste scienza senza fantasia, né arte senza fatti: le farfalle di Vladimir Nabokov, in Id., I have landed, Torino : Codice, 2009, pp.23-53; cit. a p.27).
L’apparente successo dei grafologi nel rintracciare tratti del carattere di un politico, di uno scrittore o di una persona protagonista delle cronache può far colpo sul lettore o spettatore, ma non è certo una prova a favore della grafologia e non può modificare il giudizio negativo sulla validità di tale pratica che emerge dagli studi scientifici.

I casi citati nell’articolo sono stati raccolti nel forum di Bibliotopia. Grazie per il loro contributo a Francesco Orsetto, Mr Tipps, Fljll Flòi, Giorgio Castiglioni.
http://bibliotopia.forumfree.it/?t=51428449&st=15#entry452031690