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MAH, n.36, giugno 2014, pp.1-4

LIBRI

Salvo Di Grazia, Salute e bugie, Milano : Chiarelettere, 2014.
Autore di “MedBunker”, un ottimo blog in cui svolge ottima divulgazione su argomenti di medicina, mettendo in guardia da affermazioni pseudoscientifiche, Salvo Di Grazia prosegue la sua lodevole attività con questo libro.
La sicurezza e l'efficacia dei medicinali viene appurata seguendo un apposito iter. I trial clinici randomizzati in doppio cieco sono uno strumento indispensabile. Purtroppo ci sono anche trucchi per aggirare i controlli e addomesticare i risultati (pp.34-38). C'è poi l'azione massiccia del marketing. L'autore porta l'esempio dell'antivirale oseltamivir, lanciato con clamore nel 2009 in mezzo ad allarmismi che parlavano di una pandemia di influenza (pp.24-27).
Sono numerosi i casi di “cattiva medicina” che hanno avuto conseguenze pesantissime. Il thalidomide, un farmaco che, non testato adeguatamente su animali gravidi, fu causa di migliaia di casi di focomelia (pp.40-45). Il thorotrast è una sospensione di particelle di torio radioattivo usata come mezzo di contrasto: si scoprì però che era cancerogeno (pp.46-50). Il Therac-25 era una macchina per la radioterapia. Un errore nella programmazione fece sì che l'apparecchio arrivasse a produrre un flusso di raggi X con una potenza decine e centinaia di volte superiore a quella prevista, con esiti dolorosi e anche letali (pp.50-56). Lo “studio Tuskegee”, così chiamato dal nome di una località dell'Alabama, aveva per oggetto la sifilide. Partì nel 1932 e reclutò diversi uomini di colore ai quali venne dato solo un placebo per osservare l'evoluzione della malattia senza cure. Si proseguì in tal modo anche dopo la scoperta della penicillina che avrebbe potuto curarli. La vergognosa pratica venne alla luce solo nel 1972 e perché fosse fermata si dovette attendere addirittura il 1990 (pp.56-60). Andrew Wakefield è l'autore di un articolo in cui si ipotizzava una relazione tra il vaccino trivalente e l'autismo. L'articolo è stato poi ritrattato come studio fraudolento e Wakefield è stato radiato dall'ordine dei medici britannico, ma l'idea che le vaccinazioni possano causare l'autismo, completamente infondata, ha purtroppo preso piede (pp.70-76).
Di Grazia passa in rassegna diverse pratiche “alternative” mostrando come le affermazioni fatte su di esse siano ingannevoli. Una delle più note è l'omeopatia: nonostante la palese assurdità di un rimedio che farebbe effetto anche in assenza del principio attivo e (che è ciò che più conta) i risultati sperimentali che indicano che si tratta solo di effetto placebo, tale pseudomedicina raccoglie molto consenso e i suoi preparati vengono persino venduti in farmacia (pp.81-102). Non diversa è la situazione per i fiori di Bach (pp.102-104). L'iridologia pretende che da tracce nelle iridi si possano scoprire problemi di salute: anche in questo caso, alla prova dei fatti, la presunta pratica medica si è rivelata del tutto inconsistente (pp.119-124). Esiste persino la “dentosofia” in cui si traggono conclusioni (ovviamente infondate) sulla salute e persino sulla vita emotiva a partire dai denti (pp.115-119). Assurde e prive di risultati sono pure la pranoterapia (pp.126-129) e le affermazioni del reiki (pp.129-132). L'uso di argento colloidale può causare l'argiria (pp.136-140). Anche se venduti pure in farmacia, i coni incerati che, dato fuoco a un'estremità e infilata l'altra nell'orecchio, rimuoverebbero il cerume sono una bufala (pp.12-13). Altrettanto inutili sono le fasce per polso che pretendono di contrastare la cinetosi (mal d'auto) (pp.13-14).
Per quanto riguarda l'agopuntura (pp.105-115), messe da parte le inconsistenti affermazioni su presunte linee, i “meridiani”, nei quali scorrerebbe una non meglio precisata “energia”, l'autore osserva che i risultati non cambiano se si infilano aghi in punti a caso e neppure se si appoggiano soltanto sulla pelle senza penetrarla affatto. Di Grazia cita il fenomeno della “distrazione”: la puntura di un ago potrebbe distrarre la percezione del dolore e quindi avere un blando effetto antidolorifico. In sostanza, però, non c'è nulla di rilevante e la conclusione dell'autore è che l'agopuntura “è un placebo. Se vogliamo essere ottimisti è forse qualcosa di più, ma molto poco”.
Basata sulle inesistenti linee di “energia” è anche la moxibustione, che si effettua facendo bruciare una sostanza di origine vegetale posta su determinati punti della pelle. Secondo i suoi sostenitori, avrebbe successo anche nel far girare un feto in posizione podalica. Inutile aggiungere che non esistono prove di efficacia di questa curiosa pratica (p.14).
Hanno guadagnato una certa popolarità le affermazioni sulla “dieta alcalina”, ovvero un regime alimentare che produrrebbe effetti benefici rendendo più basico il sangue. In realtà, il corpo umano ha delle misure per mantenere il pH del sangue entro un certo intervallo di valori – per fortuna, si può aggiungere, perché se il sangue davvero diventasse più alcalino superando tali soglie, si avrebbe un'alcalosi metabolica e sarebbe un problema, e non certo un vantaggio, per la salute (pp.143-148).
Una tipologia particolarmente pericolosa sono le presunte terapie contro il cancro. Di Grazia ricorda una serie di casi: il siero Bonifacio, il metodo Di Bella, l'uso del veleno dello “scorpione azzurro” di Cuba, l'unguento chiamato black salve, il laetrile, la cura con bicarbonato dell'ex medico Tullio Simoncini (che, contro l'evidenza dei fatti, sostiene che il cancro sia un fungo), la Nuova medicina germanica dell'ex medico Ryke Hamer, il metodo di Hulda Clark, l'essiac di Rene Caisse (pp.158-206, 217-232). Alcune pagine sono dedicati al metodo Stamina (pp.206-213) che, fondandosi sul sostegno mediatico (una particolare responsabilità ricade sul programma televisivo “Le Iene”) invece che sulle prove scientifiche (inesistenti), ha guadagnato una grande popolarità, mostrando che, purtroppo, i casi analoghi che l'hanno preceduto non hanno insegnato a sapere valutare con maggiore cautela le affermazioni di chi propone metodi dai risultati strabilianti senza mostrare prove scientifiche di ciò che dicono.

Jon Ronson, Psicopatici al potere : viaggio nel cuore oscuro dell'ambizione, Torino : Codice, 2014.
Una serie di vicende di psicopatici, o presunti tali, e di psichiatri compone il libro del giornalista Jon Ronson. Esiste un rumoroso gruppo di complottisti che sostengono che gli attacchi terroristici dell'11 settembre furono in realtà eseguiti dagli Stati Uniti stessi. Ronson li definisce efficacemente “Agatha Christie da salotto che si trovavano su forum, si scambiavano link di YouTube e si davano ragione a vicenda” (p.180). Anche l'attentato alla metropolitana di Londra del 7 luglio 2005 è stato oggetto delle speculazioni dei complottisti. Alcuni di questi avevano preso di mira il blog di Rachel North, una ragazza scampata all'attentato. Nella loro visione paranoica, l'attentato era fasullo e la ragazza era un agente dei servizi segreti o, addirittura, un personaggio inventato. Rachel decise di incontrarli e, giunta nel locale dove si erano dati appuntamento, aveva trovato tra loro David Shayler, un ex agente del MI5 che acquistò in seguito una certa celebrità per alcune sue affermazioni complottiste. Col passar del tempo, però, Shayler cominciò a fare asserzioni che anche i media che in precedenza gli avevano dato spazio cominciarono a trovare troppo eccentriche, così che preferirono, con suo disappunto, ignorarlo. Sostenne che l'attentato dell'11 settembre era stato una messa in scena realizzata con ologrammi, una tecnica che, a suo dire, i governi avrebbero intenzione di usare per far credere a un'invasione di alieni (a Ronson che gli chiedeva che senso avrebbe tutto ciò, Shayler rispose che era un piano “per istituire la legge marziale in tutto il pianeta e privarci dei nostri diritti”) e proclamò di essere il Messia (capitolo 8, pp.177-205).
Nel nono capitolo (pp.207-223), Ronson racconta gli errori clamorosi di un criminal profiler: la realtà è un po' diversa dalle vicende di certi film nei quali i profilers indovinano infallibilmente le caratteristiche del malvivente.
Il capitolo successivo (pp.225-245) si occupa del problema degli eccessi diagnostici in ambito psichiatrico. Allen Frances, il cui libro sull'argomento abbiamo recensito nello scorso numero di “Mah”, dice a Ronson che “in psichiatria è facilissimo scatenare una nuova falsa epidemia” e che con il DSM IV, di cui Frances guidò la redazione, “senza volerlo abbiamo contribuito a scatenarne tre […] autismo, deficit dell'attenzione e disturbo bipolare infantile”. Ronson cita anche la falsa correlazione tra vaccinazione e l'autismo e le conseguenze della diffusione di questa bufala: “I genitori smisero di vaccinare i loro figli. Risultato: alcuni contrassero il morbillo e morirono”.

Margherita Hack – Viviano Domenici, con la collaborazione di Gianluca Ranzini, C'è qualcuno là fuori?, Milano : Sperling & Kupfer, 2013.
Esistono forme di vita extraterrestri? Il libro tratta l'argomento muovendosi, come annunciato sulla sovraccoperta, tra “le indagini della scienza e gli inganni della fantarcheologia”.
Sul versante scientifico ci sono le riflessioni su quali condizioni potrebbero permettere lo sviluppo della vita (pp.37-52) e la ricerca di pianeti che presentino caratteristiche simili a quelle della Terra (pp.143-150). Qualche studioso ritiene che forme di vita extraterrestri siano già state scoperte. Durante una missione delle sonde Viking su Marte fu svolto un esperimento su campioni di suolo marziano per vedere se potevano contenere microrganismi: secondo alcuni ricercatori i risultati, interpretati in senso negativo dalla Nasa, sarebbero invece compatibili con la presenza di vita microbica (pp.115-120). Su alcuni meteoriti di origine marziana, tra i quali ALH 84001, sono state osservate strutture che possono sembrare batteri (pp.121-123). Tali interpretazioni, come osservano gli autori, sono però molto discusse e non sono certo prove sicure.
Oltre a presentare la questione della vita extraterrestre dal punto di vista scientifico, il libro confuta una serie di presunte prove della presenza aliena sul nostro pianeta. Un esempio sono le opere di Zecharia Sitchin nelle quali i miti mesopotamici sono fantasiosamente interpretati come una descrizione di eventi reali che avrebbero avuto per protagonisti esseri appartenenti a una civiltà evoluta di un altro pianeta che avrebbero addirittura dato vita alla nostra specie attraverso manipolazioni genetiche compiute sugli ominidi trovati sulla Terra (pp.152-180). Un capitolo è dedicato agli ufo (pp.181-209). Vengono riferiti alcuni episodi famosi nella storia dell'ufologia: il presunto avvistamento di Kenneth Arnold, l'“ufo crash” di Roswell, il caso di George Adamski che raccontò di aver conosciuto alcuni alieni e mostrò una celebre fotografia di un ufo. C'è anche chi sostiene che in dipinti dei secoli passati compaiano degli ufo. Un caso divertente è quello della Tebaide di Paolo Uccello: nella parte centrale dell'opera si vedrebbe un disco volante rosso che vola con alcuni tratti curvi, rossi pure essi, che darebbero, in questa interpretazione, l'idea del movimento. In realtà il presunto ufo è un cappello da cardinale appoggiato a terra e i tratti rossi sono i lacci da legare sotto il mento. Viene ricordato anche un “fuori onda” di Dmitrij Medvedev in cui il primo ministro russo parlava di informazioni segrete sugli alieni: gli autori dicono di sperare che fossero “parole […] ironiche” e, a dire il vero, non c'è dubbio che fossero tali. Se si ascolta l'intero discorso, e non solo la parte riportata con enfasi da diversi ufologi e complottisti, si sente Medvedev dire che su tale argomento si può vedere il noto “documentario” Men in black, ovvero un film di fantascienza. La trattazione comprende anche statuette giapponesi, raffigurazioni australiane e dipinti rupestri africani in cui qualcuno ha voluto vedere figure con un casco sulla testa (pp.21-36), le piste di Nazca (pp.61-67), il bassorilievo di Palenque con un presunto antico astronauta (pp.92-98), i “canali di Marte” avvistati dall'astronomo Giovanni Virginio Schiaparelli e “confermati”da Perceval Lowell (pp.124-134) ed altri casi, tutti discussi con rigore scientifico.
Certamente utili, per seguire gli argomenti trattati, sono le numerosi immagini, in bianco e nero e, in 24 pagine fuori testo, a colori, di cui è corredato il libro.

Brian Clegg, Extrasensoriale : scienza e pseudoscienza dei fenomeni paranormali, Bari : Dedalo, 2014.
Nel capitolo introduttivo, l'autore sostiene che non si deve negare “in maniera troppo precipitosa” l'esistenza di facoltà extrasensoriali, formulando “critiche basate su preconcetti personali”. C'è anche un accenno alla possibilità di spiegare la telepatia con l'entanglement quantistico, argomento che viene poi ripreso in modo più ampio (pp.35-50) in un capitolo successivo. Clegg afferma anche di aver avuto, da ragazzino, un'esperienza che gli pare riconducibile alla telepatia. Avrebbe voluto gridare a un amico di fermarsi, ma non era riuscito a far uscire alcun suono dalla bocca. L'amico però aveva sentito ugualmente la sua richiesta (p.32). Un lettore scettico un po' impaziente potrebbe a questo punto abbandonare la lettura sospettando che gli appelli ad “evitare i giudizi a priori” (p.11) siano il consueto trucco retorico di chi vuole accreditare affermazioni non provate. Invece, quando passa ad analizzare le presunte prove di fenomeni paranormali, l'autore si mostra rigoroso (e riconosce che anche il suo ricordo della sua presunta esperienza “paranormale” potrebbe essere ingannevole: nella situazione concitata potrebbe aver gridato senza rendersene conto e ricordarlo poi e dunque l'amico lo avrebbe semplicemente sentito con l'udito).
A J. B. Rhine, famoso studioso di parapsicologia, riconosce il merito di aver voluto introdurre un metodo sperimentale nell'analisi di tali presunti fenomeni. Indica però anche i punti deboli delle prove attuate da Rhine e valuta che, tenuto conto di questi, i risultati ottenuti non sono certo sufficienti per provare l'esistenza di facoltà extrasensoriali (pp.135-179).
Un capitolo (pp.191-199) è dedicato a uno dei più ambiziosi progetti nel campo del paranormale, il programma di ricerca Pear (Princeton Engineering Anomalies Research), svolto presso l'università di Princeton, nel quale sono stati impiegati sistemi per generare eventi casuali e si è poi esaminato se, in lunghe serie, si notavano variazioni dai valori attesi. Clegg critica l'impostazione osservando che, se è vero che su numeri molto elevati di prove anche una variazione di lieve entità può essere ritenuta significativa, resta del tutto “possibile che qualche aspetto della configurazione o dell'analisi abbia generato l'apparente anomalia” (p.198): insomma, non casuale, ma neppure paranormale. L'autore nota anche che i tentativi di riprodurre i risultati, svolti a Friburgo e a Giessen e nella stessa Princeton, non hanno dato esito positivo.
Pur dichiarandosi possibilista verso la telepatia e, in misura minore, verso la visione a distanza (cfr p.e. p.260), Clegg non corre a conclusioni affrettate, esamina la questione sulla base delle prove e riconosce che per ora non esistono prove convincenti a favore delle percezioni extrasensoriali.