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MAH, n.37, settembre 2014, pp.1-4
LIBRI
Massimo Polidoro,
Rivelazioni : il libro dei segreti e dei complotti, Milano : Piemme,
2014.
Sono moltissimi gli argomenti in qualche modo legati al tema del mistero di
cui l'autore si è occupato, scrivendone in numerosi libri e articoli.
Alcuni di quelli scelti per questo libro sono la forma mentis del complottismo,
l'assassinio del presidente statunitense John Fitzgerald Kennedy, gli extraterrestri,
la leggenda della morte di Paul McCartney, il pozzo di Oak Island nel quale,
si favoleggia, sarebbe stato nascosto un tesoro, il trucco indiano della corda
(in realtà tale trucco non esisteva ed era stato inventato da un giornalista
americano, ma, dopo il suo articolo, furono in molti ad affermare di averlo
visto fare), la Maschera di Ferro, il fantomatico “morbo di Morgellons”
(una patologia inesistente che è stata anche collegata alle altrettanto
inesistenti “scie chimiche”), i presunti misteri legati a opere
d'arte. Tra questi ultimi, c'è l'idea che dietro un dipinto di Vasari
sia celata un'opera di Leonardo da Vinci, La battaglia di Anghiari.
Sono state fatte, anche con grande clamore mediatico, delle prove per vedere
se poteva esserci qualcosa dipinto sulla parete dietro la pittura stesa da Vasari,
ma Polidoro, dopo aver descritto questi tentativi, si mostra d'accordo con lo
scetticismo dello storico dell'arte Tomaso Montanari che ritiene operazioni
come queste dettate dalla spettacolarizzazione più che da fondati studi.
I testi che compongono il volume sono già stati in parte pubblicati sulla
rivista “Focus” e sulle testate ad essa collegate, anche se l'autore
ha apportato ampliamenti e aggiornamenti (p.355) e probabilmente proprio per
tale origine i riferimenti bibliografici non sono forse numerosi quanto potrebbe
desiderare il lettore incuriosito dalla discussione degli argomenti, comunque
sempre molto precisa.
Massimo
Polidoro – Marco Vannini, Indagine sulla vita eterna, Milano
: A. Mondadori, 2014.
Il libro ha la forma di un dialogo tra Marco Vannini, docente
universitario di filosofia, e Massimo Polidoro, il noto indagatore di misteri
e segretario del Cicap, il comitato che si occupa di verificare le affermazioni
su paranormale e pseudoscienze. Questa impostazione pone forse qualche limite
alla trattazione degli argomenti, ma più che per le singole informazioni
che se ne possono trarre (che comunque non mancano, anche se sotto questo aspetto
altri libri dello stesso Polidoro possono essere più completi) la lettura
del libro può essere interessante proprio per il confronto tra i diversi
approcci dei due autori e perché mostra come anche una persona intelligente
e istruita, quale senza dubbio Vannini è, può prestare fede ad
affermazioni di natura pseudoscientifica che, nel libro, vengono sistematicamente
affossate da Polidoro.
Per esempio, Vannini, riferendo che Porfirio racconta dell'evocazione di un
demone da parte di Plotino, ritiene che “si debba prestar fede alla testimonianza
[…] dal momento che si tratta di due giganti del pensiero, la cui onestà
non si può mettere in dubbio nemmeno per un istante”, ma, anche
senza mettere in dubbio la loro buona fede, resta del tutto valida l'obiezione
mossa da Polidoro: le testimonianze possono essere inaffidabili anche “indipendentemente
dallo spessore morale o dai meriti accademici del testimone” (p.151).
Plotino può essere stato sinceramente convinto di aver evocato un demone,
ma questo non significa necessariamente che lo abbia davvero fatto e non è
una prova che i demoni esistano.
Vannini propone un argomento analogo per il medium Roberto Setti, del quale
dice che era “persona, a detta di tutti quanti lo conobbero, umile, mite,
gentile, disinteressata”. Polidoro ha buon gioco nel ribattere che, senza
discutere le qualità della persona e del messaggio che voleva trasmettere,
le presunte prove devono essere valutate per quello che sono e ricorda che il
chimico Luigi Garlaschelli, specialista delle sperimentazioni del Cicap, ha
saputo riprodurre, nelle medesime condizioni, i fenomeni presentati da Setti
e ritenuti inspiegabili dai suoi sostenitori. Anche il fatto che una persona
non chieda denaro, osserva giustamente Polidoro, non è una garanzia sull'autenticità
delle sue presunte imprese paranormali: anche il desiderio di riconoscimento
personale, pur senza un guadagno monetario, o la volontà di dare in tale
modo rilievo a messaggi che ritiene importanti potrebbero portare una persona
a usare trucchi per dare l'impressione che si verifichino fatti fuori dalla
norma (pp.188-189).
Vannini cita l'esempio della seduta spiritica che sarebbe stata fatta per sapere
dov'era tenuto prigioniero Aldo Moro, rapito dalle Brigate Rosse. Sarebbe emersa
la parola “Gradoli”, con conseguente invio di forze dell'ordine
a perlustrare, senza esito, il paese che porta tale nome, salvo poi scoprire
che un nascondiglio dei terroristi, in cui forse era stato tenuto Moro, si trovava
a Roma in via Gradoli. La coincidenza può apparire sorprendente, ma non
è difficile accorgersi che il resoconto dà per scontati un paio
di punti che, invece, possono essere messi in discussione. Polidoro scrive che
Giulio Andreotti pensava che si trattasse semplicemente di una storia inventata
per coprire un informatore e che, comunque, se ci fosse stata realmente, poteva
esserci una spiegazione: contrariamente a quanto sembra suggerire il racconto,
il nome di via Gradoli era già saltato fuori nelle indagini e, se qualcuno
lo aveva sentito, sarebbe potuto uscire dal movimento sulla tavola con le lettere
usata nella seduta grazie ai movimenti muscolari involontari (pp.152-155).
Un altro caso citato da Vannini è quello del sensitivo Gerard Croiset
che fu in alcune occasioni interpellato dalle forze dell'ordine: le sue “sensazioni”
avrebbero colto nel segno. Polidoro ricorda però che un'inchiesta del
giornalista Piet Hein Hoebens aveva dimostrato che il parapsicologo Wilhelm
Tenhaeff, scrivendo di Croiset, “aveva sistematicamente ingigantito”
i risultati, in realtà costellati di insuccessi e che un rapporto dell'ufficiale
di polizia Filippus Brink, facendo il punto sui test con Croiset, era arrivato
alla conclusione che non avevano “portato a niente che potesse essere
considerato di qualche uso pratico nelle indagini di polizia” (pp.155-156).
Le “prove” addotte dal suo interlocutore vengono, insomma, smontate
una dopo l'altra da Polidoro. E' “sufficiente usare un apparecchio moderno
e la psicofonia smette di funzionare” (p.206), osserva per esempio, aggiungendo
giustamente che credere nella registrazione di voci dall'aldilà (in questo
consiste tale pratica) espone anche al rischio di essere raggirati da personaggi
poco raccomandabili che lucrano sulle disgrazie altrui (p.207). Gli esperimenti
di Scole, una località del Norfolk, avevano grosse lacune metodologiche
e mancavano veri controlli (pp.209-210) e l'assenza di efficaci misure di controllo
caratterizza anche i tentativi di Gary Schwartz (p.210). Le “prove”
portate da Pellegrino Ernetti per mostrare che avrebbe visto e addirittura fotografato
avvenimenti del passato con uno strumento da lui ideato, il “cronovisore”,
sono del tutto inconsistenti (quella che avrebbe dovuto essere una foto di Gesù
in croce, per esempio, si rivelò essere un'immagine di un crocifisso
del santuario di Collevalenza) (pp.210-212). E così via per diversi altri
argomenti: vite precedenti “ricordate” con l'inaffidabile pratica
dell'ipnosi regressiva (p.140), near death experiences (pp.194-199), out of
body experiences (pp.199-203), xenoglossia (p.143), il libro Il tao della
fisica di Fritjof Capra (pp.25-31) e altro ancora.
Quando Vannini cita il caso delle sorelle Fox, uno degli episodi più
noti nella storia dello spiritismo, Polidoro ricorda ovviamente che le Fox stesse
ammisero che avevano imbrogliato e che i presunti colpi che gli spiriti avrebbero
fatto udire per comunicare con i presenti erano in realtà opera loro.
Vannini però non si mostra convinto neppure di fronte a ciò e
afferma che ci sono “testimonianze e pareri diversi” e che quei
fenomeni “continuarono a essere creduti genuini da Crookes, Richet e altri
uomini di scienza” (pp.166-168). I casi di Crookes e Richet, peraltro,
confermano che anche persone intelligenti e persino validi scienziati possono
farsi ingannare da presunti fenomeni paranormali.
Antonio Socci, Tornati
dall'Aldilà, Milano : Rizzoli, 2014.
Le near death experiences (spesso indicate semplicemente
con la sigla NDE) sono, come suggerisce il nome, esperienze fatte da persone
in situazioni estreme in cui sono stati vicini alla morte. Molte persone hanno
raccontato sensazioni come vedere un tunnel di luce o rivedere momenti significativi
della propria vita.
L'autore sostiene che le NDE non sono, a differenza dello spiritismo, in contrasto
con la dottrina cattolica (pp.205-206) e, anzi, afferma che possono essere viste
“come un insieme di grazie speciali che Dio concede a tanti uomini”
(p.159). Inoltre, ritiene che possano essere niente meno che una “prova
razionale della sopravvivenza dell'anima immortale” (p.159). Un problema
del libro è che nelle sue argomentazioni l'autore finisce per confondere
i due piani, teologico e scientifico.
Facendo riferimento agli scritti sulle NDE di Pim van Lommel (presentati in
particolare alle pp.108-117), Socci scrive che nel novero dei casi da prendere
in esame “non dovrebbero essere compresi ovviamente coloro che hanno cercato
tale contatto con quei mezzi illusori – attraverso medium – che
la Chiesa condanna e che non dovrebbero rientrare nella casistica di van Lommel”
(p.215). Sul fatto che non si possa fare affidamento sui sensitivi siamo ovviamente
d'accordo, ma è evidente che un'affermazione di carattere teologico,
pur se legittima nel suo campo, non può costituire un criterio di inclusione
o esclusione in ambito scientifico.
Parlando della testimonianza della colombiana Gloria Polo (pp.140-148), Socci
suggerisce che “probabilmente potrebbe essere stata anche un incubo durante
l'anestesia dell'operazione” (p.148) perché, pur se approvata da
un vescovo, ha a suo giudizio “aspetti […] che sembrano in contraddizione
con la dottrina della Chiesa” (p.147). Senza entrare nel merito delle
considerazioni teologiche, è però chiaro che, se si vuole fare
un discorso scientifico, non si può catalogare un'esperienza come semplice
incubo o, invece, come una vera NDE (qualunque cosa sia poi una vera NDE) in
base alla correttezza dottrinale.
Nel tentativo di dare alla sua trattazione anche un aspetto scientifico, Socci
si richiama anche alla fisica quantistica che, a suo dire, darebbe un sostegno
alle NDE così come a “fenomeni-limite contigui alla NDE (come bilocazione,
telepatia, premonizione, visione remota, influenza della mente sulla materia,
psicocinesi, telecinesi, teletrasporto)” (pp.116-117). L'autore sembra,
però, fare riferimento a quella filosofia misticheggiante che si appropria
dell'aggettivo “quantistica”, ma che in realtà non ha nulla
a che vedere con la reale fisica quantistica che non si occupa di tali presunti
fenomeni (il cosiddetto “teletrasporto quantistico” non c'entra
nulla con il paranormale).
E' curioso che, dopo essersi rifatto, probabilmente senza rendersene conto,
a un'interpretazione non scientifica della fisica quantistica radicata tra i
cultori della parapsicologia e negli ambienti new age, l'autore motivi le sue
forti riserve su quanto raccontato da Eben Alexander nel suo libro Un milione
di farfalle scrivendo che diversi aspetti del contenuto di tale opera “porterebbero
lontani dalla NDE e piuttosto vicini a esperienze parapsicologiche o new age”
(p.138). Le critiche mosse da Socci al racconto di Alexander, che sostiene di
aver visto l'aldilà mentre era in coma, non appaiono azzeccate, ma sul
fatto che tale racconto sia inattendibile si può senza dubbio essere
d'accordo.
Socci cerca prove a sostegno della sua tesi anche nei secoli passati. Parlando
di resurrezioni, cita le testimonianze di Ilario di Poitiers, Ambrogio e Agostino,
aggiungendo che sta “parlando di grandi intellettuali e uomini di governo,
non certo di oscuri e inaffidabili personaggi” (p.70). Ugualmente, menzionando
Raimondo da Capua, segnala che era “una personalità molto seria
e attendibile” (p.171). Riferendo di un atto che ebbe come testimoni quattro
religiosi, sottolinea che “il loro abito li impegnava in modo particolare
ad attestare la verità” (p.175). Anche accettando di dare piena
fiducia alla sincerità dei testimoni, questo non implica necessariamente
che quanto da loro affermato corrisponda per forza a quanto è realmente
successo. Socci confonde due diverse questioni, l'attendibilità del testimone
e l'attendibilità della testimonianza. Una persona potrebbe essere perfettamente
sincera e riferire, senza alcuna volontà di imbrogliare, quello che crede
di aver visto, ma dare comunque una testimonianza errata.
Francesco F. Calemi
– Michele Paolini Paoletti, Cattive argomentazioni : come riconoscerle,
Roma : Carocci, 2014.
na caratteristica dei discorsi dei sostenitori delle pseudoscienze
è che cadono spesso in fallacie argomentative. I sostenitori della “memoria
dell'acqua”, per esempio, non mancheranno di dire ad un interlocutore
scettico che non può definirla un'idea priva di fondamento scientifico
dato che è sostenuta anche da un premio Nobel, Luc Montagnier. La veridicità
di un'affermazione, però, viene data dalle prove a suo sostegno e non
dal fatto che qualcuno, per quanto autorevole, sia favorevole ad essa. La fallacia,
in questo caso, sta nell'appello all'autorità (il famoso ipse dixit)
– e, si può aggiungere, nello scegliere il premio Nobel che fa
comodo per la propria tesi ignorando gli altri che, ben più numerosi,
ritengono la “memoria dell'acqua” una sciocchezza.
Se mettete in dubbio l'efficacia dell'agopuntura, facilmente vi sentirete rispondere
che in Cina la usano da secoli. L'appello alla tradizione, però, non
è una prova di validità. Può anche capitare che il fan
degli aghi affermi che lo scetticismo scientifico nei confronti di tale pratica
sia dovuto a una sorta di razzismo o almeno di senso di superiorità degli
occidentali rispetto ad altre culture. Anche in questo caso abbiamo a che fare
con un'argomentazione scorretta dato che, invece che portare prove a favore
della propria affermazione, si cerca di screditare la posizione altrui attribuendole
falsamente una motivazione disdicevole.
Il libro di Francesco F. Calemi e di Michele Paolini Paoletti è una veloce
guida alle fallacie, classificate in quattro grandi categorie (fallacie di ambiguità,
manipolative, di diversione, formali) suddivise poi in sottogruppi, corredate
da esempi (quelli presentati sopra, però, non sono tratti dal libro,
ma sono stati scelti da noi).