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MAH, n.40, giugno 2015, pp.1-4

LIBRI

Giuseppe Lago, L'illusione di Mesmer : carisma e pseudoscienza nell'epoca dei Lumi, Roma : Castelvecchi, 2014.
Franz Anton Mesmer divenne celebre per le sue cure basate sul “magnetismo animale” che, emanato dalla sua persona, avrebbe portato il paziente alla guarigione. L'effetto sarebbe stato immediatamente visibile sotto la forma di una “crisi” del paziente che avrebbe segnato l'inizio del processo di guarigione. Le crisi avvenivano realmente e a taluni sembravano provare che il magnetismo di Mesmer fosse reale e producesse effetti evidenti. Qualcuno, però, non si lasciò ingannare dalle apparenze e notò che le crisi e i progressi che si notavano poi nei pazienti potevano essere attribuiti non a un misterioso fluido del curatore, ma alla “immaginazione” (oggi diremmo alla suggestione) del paziente.
Giuseppe Lago, in questo suo libro, ricostruisce le vicende di Mesmer e dei suoi seguaci, con numerose e ampie citazioni dai loro testi e dalle opere di chi a loro si oppose.
Come di norma avviene con i promotori di presunte cure miracolose, Mesmer rifuggiva i veri controlli (p.32). Quando era a Créteil, Mesmer si disse disponibile a far visitare da membri della Società di medicina le persone che aveva in cura. I tre membri della Società, però, chiesero di poter fare un esame ai pazienti prima che cominciassero la cura per poi potere valutare i miglioramenti dopo di essa: una richiesta legittima e anzi ovvia che, però, il magnetizzatore rifiutò (p.39). D'altra parte lo stesso Mesmer non era molto preciso nel valutare le condizioni dei pazienti prima di intraprendere la cura. “Non fa alcuna diagnosi accurata” scrive Lago “e prende per oro colato quanto gli raccontano i pazienti”, come mostra il caso del medico Portal che si presentò con una storia clinica completamente inventata: Mesmer la prese per buona senza fare alcun tentativo di verificare quanto gli era stato detto (p.38).
Il medico Malloët propose una prova “in cieco” nella quale la paziente fosse “bendata e circondata da ventiquattro persone compreso Mesmer, in modo da capire se la vicinanza di quest'ultimo sia veramente la causa delle sue crisi”: se Mesmer avesse davvero avuto il presunto fluido, la donna avrebbe avuto una reazione quando fosse passata vicino a lui anche senza vederlo e non la avrebbe avuto passando invece vicino agli altri, non dotati del fluido. Deslon, allievo di Mesmer e lui stesso poi “magnetizzatore”, respinse la proposta (pp.55-56).
In un'assemblea della Facoltà di medicina, Roussel de Vauzesmes prese una posizione decisa contro Mesmer, bollando il magnetismo animale come ciarlataneria, e criticò Deslon, che era membro dalla facoltà, per aver dato un appoggio a quel personaggio inattendibile (pp.67-69). La Facoltà decise di sospendere Deslon avvisandolo che sarebbe stato radiato se non avesse confessato le sue posizioni a favore di Mesmer (pp.70-71).
Per valutare la validità della presunta terapia proposta da Mesmer fu istituita una commissione (pp.123-141) che indagò in modo scientifico. I membri della commissione erano consci del ruolo che poteva giocare la suggestione e sottolinearono l'importanza di valutare in cieco (pp.131-132). Furono fatti numerosi esperimenti per mettere alla prova il magnetismo animale e la conclusione fu netta: si trattava solo di suggestione e le pratiche di Mesmer non avevano alcun valore. Una seconda commissione arrivò alla stessa conclusione (pp.141-143).
Mesmer e altri sostenitori della sua idea non accettarono il verdetto delle sperimentazioni. Nicolas Bergasse, allievo di Mesmer, accusò le commissioni di non sapere accettare le nuove idee e paragonò Mesmer a Cristoforo Colombo, Copernico e William Harvey (p.164; v.a. p.182). Il richiamo al presunto “nuovo” e l'appello al giudizio dei posteri (cfr p.183), così come l'immodesto paragone con personaggi che hanno realmente dato un contributo al progresso delle conoscenze, sono tuttora un ritornello dei sostenitori delle più disparate pseudoscienze quando vengono messi di fronte alla mancanza di prove a sostegno delle loro affermazioni.
Lago nota che i magnetizzatori che seguivano le orme di Mesmer passavano prima da una fase in cui erano sottoposti loro stessi all'azione delle presunte terapie che avrebbero poi messo in atto e commenta che ciò appare un'iniziazione settaria più che una formazione professionale (pp.56, 180). Gli aspiranti magnetizzatori investivano quindi tempo e denaro per apprendere una pratica e si auguravano di potersi rifare attuandola e insegnandola a loro volta (p.206). Non è difficile immaginare, osserva Lago, che, pure di fronte a prove contrarie, fossero quindi restii ad abbandonare qualcosa su cui avevano investito e da cui si attendevano ora di trarre un guadagno che li ricompensasse dell'impegno (p.219).
Un oppositore del magnetismo animale, Jean-Jacques Paulet, scrisse che cadere nelle illusioni è facile e ancora di più lo è quando si deve affrontare una malattia e che, tra le affermazioni false spacciate per vere, quelle che riguardano la salute sono particolarmente odiose (p.197). Sono osservazioni che conservano la loro attualità.
Una pratica come quella di Mesmer doveva risultare inefficace quando si tentasse di applicarla su persone che non si lasciavano suggestionare dalle affermazioni pseudoscientifiche addotte come spiegazioni e dai rituali messi in atto dal magnetizzatore. Julien Dufau, un avversario della presunta terapia magnetica, scrisse che Mesmer aveva escogitato una risposta per dar conto di questi fallimenti: “quando egli incontra immaginazioni salde, difficili da influenzare con le sue differenti manovre, risponde che ci sono persone che hanno una proprietà talmente opposta al suo principio, che la loro sola presenza distrugge tutti gli effetti del Magnetismo animale” (p.203).
Lago contesta l'idea che l'essersi avvantaggiato della suggestione in ambito terapeutico possa fare di Mesmer un precursore della psicoterapia e della psichiatria (p.18). Mesmer, scrive l'autore, era “troppo onnipotente e astratto per ammettere che i fenomeni suggestivi da lui suscitati possano dipendere dalla mente del suggestionato” (p.96). Chi aveva capito e spiegato il ruolo della suggestione erano stati, invece, i membri delle commissioni che avevano valutato la sua presunta terapia (pp.96-97, 151-154).

Alberto Gaino, Falsi di stampa : Eternit, Telekom Serbia, Stamina, Torino : Gruppo Abele, 2014.
L'autore è un giornalista e sottolinea l'importanza di un lavoro d'indagine che vada oltre a un “giornalismo accomodante e distratto” (p.30). Fra i tre casi su cui si indirizza in particolare l'attenzione dell'autore, ricordati nel sottotitolo, c'è quello del “metodo Stamina” proposto da Davide Vannoni per la cura di diverse malattie (pp.137-190).
Gaino nota che “le notizie su Vannoni erano sin dalla prima ora allarmanti”, ma in pochi agli inizi ne avevano parlato (p.166). “Su Stamina”, scrive l'autore, “l'informazione è stata inizialmente minima o assente, secondo le fonti, in ogni caso intermittente, poi ondivaga o, peggio, schierata” (p.141). Attraverso i media la figura di Vannoni è apparsa come quella di “un paladino delle cure compassionevoli e naturalmente gratuite” (p.148) A proposito della gratuità della presunta terapia, Gaino mette opportunamente in luce una contraddizione palese: Vannoni “vorrebbe che del suo protocollo si facesse carico la sanità pubblica, ma dichiara di mettere gratuitamente a disposizione la sua terapia” (p.161).
Le ragioni dell'informazione scientifica sono spesso messo in secondo piano rispetto alle regole dello spettacolo. Così diventano “uno scoop” le esternazioni a favore del metodo Stamina di Adriano Celentano (pp.142-143, 152-153), certamente ben noto come cantante, ma altrettanto certamente non un'autorità sulle cellule staminali. Ancora più rilevante è stato il “martellamento mediatico condotto dall'informazione spettacolo della trasmissione Le Iene” (p.150).
Su questa base, scrive l'autore, Vannoni aveva indubbiamente “la garanzia di poter contare su un'enorme diffusione mediatica delle sue parole […] per spiegare, chiarire, illustrare il proprio metodo di cura”. Che abbia “scelto di non farlo”, osserva Gaino, dimostra che gli interessava persuadere emotivamente “e non convincere dell'efficacia della propria terapia” (p.155). In questa ottica i filmati con i bambini malati, “girati in alcuni casi dai genitori, diventano lo strumento più diretto ed efficace” (p.148).
Ricostruendo le vicende mediatiche del metodo Stamina, l'autore individua un punto di svolta, con un “ridimensionamento di Vannoni”, nel maggio 2013 e mette questa “controtendenza informativa” in relazione con “la dura reazione della comunità scientifica italiana, spalleggiata da quella internazionale” (p.179). Nelle ultime pagine del libro, l'autore fa riferimento ai giudizi espressi da esperti in materia come Massimo Dominici e la sua équipe (pp.183-186) ed Elena Cattaneo (pp.186-190).

Ornella Corazza, Viaggi ai confini della vita, Milano : Feltrinelli, 2014.
Il libro parla delle near death experiences (NDE), ovvero di esperienze provate da chi è stato vicino alla morte, per esempio per un arresto cardiaco. Alcuni autori hanno segnalato una serie di elementi che ricorrono in queste esperienze, come un senso di benessere, la sensazione di uscire dal proprio corpo o il passaggio in un tunnel buio che porta verso una luce. Questi elementi non si presentano sempre: per esempio, il tunnel, spesso citato come emblematico delle NDE, è comparso solo nel 23% dei resoconti di queste esperienze raccolti in una ricognizione di Kenneth Ring citata dall'autrice (p.63).
Nel libro si prendono in esame le NDE sia in Occidente che in Oriente (in particolare in Giappone): l'autrice ritiene che, “nonostante le NDE abbiano spesso una struttura comune”, ci siano anche notevoli differenze tra le esperienze nelle diverse aree (pp.83-114).
Secondo l'autrice per comprendere fenomeni come le NDE o le sensazioni provate da chi ha fatto uso di ketamina (descritte e confrontate con le NDE nel quarto capitolo del libro) si dovrebbe far riferimento al concetto di “corpo esteso”, secondo il quale il corpo, con le sue percezioni e la coscienza, sarebbe “un'entità indefinita, che […] non ha confini o delimitazioni di natura fisica come la pelle” (p.160). Non esistendo, però, alcuna prova dell'esistenza di questo “corpo esteso”, resta senza fondamento la pretesa di spiegare con esso qualsivoglia fenomeno.
Corazza cita a sostegno della sua idea (per quanto le ritenga ancora limitate da un “qualche tipo di dualità fra mente e corpo”) le affermazioni di Rupert Sheldrake su “mente estesa” e “campi morfogenetici” (pp.49-51), ma neppure queste asserzioni hanno dimostrato la loro validità. L'autrice chiama in causa (pp.171-174) il qi, una presunta “energia vitale che pervade ogni corpo umano, così come l'intero universo” (p.171). Non vi è tuttavia alcuna prova che il qi esista.

Giorgio Temporelli, Acqua: sai cosa bevi?, Roma : Il pensiero scientifico, 2014.
Il libro, come mostra il titolo, parla dell'acqua, del suo trattamento, delle questioni legate al suo uso alimentare. Nell'ultimo capitolo Temporelli presenta una serie di “curiosità” (è questo il titolo del capitolo) riguardanti l'acqua, rispondendo a domande come le seguenti: perché l'acqua del mare è salata (p.127), quanta acqua c'è in una nuvola (pp.128-129), qual è la pressione in una bottiglia di acqua gassata (pp.129-130), perché l'acqua spegne il fuoco (pp.130-131). In questo capitolo l'autore parla anche di due affermazioni pseudoscientifiche, una di antica data, la rabdomanzia (pp.138-139), e una di recente nascita, la storia delle “scie chimiche” (pp.141-143).
Per quanto riguarda la prima, l'autore scrive che i rabdomanti sono spesso in buona fede nel ritenere che le loro facoltà siano reali e diano una garanzia di riuscita totale (o quasi), ma, quando vengono fatti esperimenti con veri controlli scientifici, “le percentuali di successo calano vertiginosamente tanto da confondersi con risultati casuali”. I movimenti della bacchetta usata dai rabdomanti, peraltro, sono spiegabili con i movimenti ideomotori, lievi azioni dei muscoli che avvengono continuamente in modo inconscio.
L'idea che attraverso le scie di condensazione degli aerei vengano rilasciate nell'aria sostanze pericolose per la salute o atte a modificare il clima o ad altri scopi non benevoli e non dichiarati ha raccolto un certo seguito negli ultimi anni. Come nota Temporelli, si tratta di affermazioni “di natura complottista, carenti dal punto di vista scientifico, che vanno anche contro il buon senso”. In realtà, le scie sono semplicemente il risultato della condensazione di acqua e la diversa forma e persistenza, additata dai sostenitori delle “scie chimiche” come una prova che ci siano scie diverse da quelle ritenute normali, sono dovute puramente alle diverse condizioni del cielo dove sono rilasciate.

Paolo Sciortino, Storia segreta di Milano, Roma : Newton Compton, 2014.
L'autore segue le apparizioni, in tempi e contesti diversi, del “biscione” nella storia di Milano. Secondo Sciortino il serpente sarebbe “il testimone misterioso di una segreta eredità, di un occulto mistero, che va al di là dei comprensibili legami di sangue, delle discendenze genealogiche accertate” in un “disegno logico, ma non visibile a occhio nudo” (p.11). Questo “disegno” si snoderebbe nei secoli coinvolgendo nomi celebri della storia milanese.
Alessandro Manzoni, secondo l'autore, sarebbe stato un adepto del biscione (un “Draco converso” - p.243) e avrebbe nascosto nelle sue opere qualche indizio di tale sua appartenenza. Tra gli esempi di quel che chiama il “codice del Manzoni” (pp.241-256), Sciortino riporta due righe del Conte di Carmagnola (“Siam fratelli; siam stretti ad un patto: / Maledetto colui che l'infrange”) e commenta: “L'allusione più immediata è alle sorti degli italiani, certo, ma quella più recondita potrebbe essere benissimo riferibile a una ristretta cerchia di adepti, di consanguinei reali e non metaforici, legati da antichi patti di generazione, non solo da ideali contingenti” (p.242). Interpretazioni di questo tipo, non sostenute da dati concreti, possono però servire magari per un romanzo, ma non per affermazioni di carattere storico.
Il legame con i rettili non sarebbe solo simbolico. Sciortino scrive che, dato che Carlo Borromeo sopravvisse a un attentato compiuto sparandogli contro con un archibugio da breve distanza, “si può legittimamente pensare […] che il nostro fosse dotato di una speciale corazza [...] assimilabile, appunto, al rivestimento cheratinoso di un dinosauro” (p.170). E' chiaro però che, se si ritengono legittime ipotesi come questa, più che storia si sta scrivendo fantascienza.
Sciortino scrive che san Colombano di Bobbio “si era distinto in patria per avere affrontato il mostro di Loch Ness” (pp.56-57). Evidentemente l'autore sta facendo confusione con san Columba di Iona che, secondo la Vita scritta da Adomnán, avrebbe intimato a una bestia mostruosa emersa, per la precisione, nel fiume Ness e non nel lago, di andarsene senza fare alcun male al suo discepolo che stava attraversando il corso d'acqua.
L'autore parla degli scheletri rinvenuti da Giuseppe Costale e li descrive come “parti di scheletro fossile di un rettile sconosciuto” che sarebbero stati analizzati da esperti “senza esiti rilevanti” (pp.88-89). In realtà gli scheletri non sono fossili e non sono neppure di rettile. Si tratta semplicemente di scheletri di gatti montati erroneamente con il bacino al posto del cranio, che manca (per un'analisi dettagliata si può vedere la precisa ricostruzione di Lorenzo Rossi, Il “serpegatto” delle valli ossolane, pubblicata in data 5 luglio 2013 sul suo sito criptozoo.com: http://www.criptozoo.com/it/news/curiosita/item/256-il-serpegatto-delle-valli-ossolane).