BIBLIOTOPIA > PUBBLICAZIONI > MAH
MAH, n.49, settembre 2017, pp.1-4
LIBRI
Ilario
D'Amato, Dossier Hamer, Milano : A. Mondadori, 2017
Secondo il medico tedesco Ryke Geerd Hamer (poi
radiato dall'ordine) il cancro sarebbe la risposta dell'organismo
a un evento traumatico e sarebbe da curare affrontando e
risolvendo il conflitto psicologico. Se si aggiunge che, secondo
Hamer (morto nel 2017), le cure reali come le chemioterapie, la
radioterapia e gli interventi chirurgici sono da evitare, si può
facilmente capire come le sue idee, conosciute come “Nuova
medicina germanica”, siano non solo del tutto prive di fondamento
scientifico, ma anche molto pericolose.
Da anni il giornalista Ilario D'Amato si occupa dell'argomento. Ha
scritto articoli e ha dato vita a un sito (dossierhamer.it) che è
un punto di riferimento in Italia, e non solo, per chi si vuole
documentare sulla Nuova medicina germanica. Ora il suo lavoro è
presentato anche in questo libro. Ai capitoli che parlano di
Hamer, delle affermazioni della Nuova medicina germanica e delle
associazioni che la sostengono, si alternano quelli che
riferiscono le tragiche storie di chi si è affidato a questa falsa
cura. O hanno affidato la figlia, come nel caso di Olivia, una
bambina austriaca affetta da un tumore (pp.43-49). I medici
confidano nella guarigione attraverso un intervento chirurgico e
un ciclo di chemioterapia. I genitori, però, si oppongono e
decidono di optare per il metodo di Hamer. Un medico che ha
visitato la bambina coscienziosamente segnala il caso al
tribunale. Il tumore della bambina cresce, ma neppure di fronte
all'evidenza i genitori cambiano idea. Il giudice stabilisce che
Olivia deve ricevere le cure necessarie. Vengono mandati agenti di
polizia per prendere la bambina e portarla in ospedale, ma i
genitori se ne sono andati portando con sé la figlia: vanno in
Spagna dove incontrano Hamer. Alla fine si riuscirà a riportare la
bambina in Austria: la situazione si è molto aggravata, ma la
chirurgia, la chemioterapia e la radioterapia la salvano. I
genitori finiscono sotto processo e vengono riconosciuti colpevoli
di avere causato gravi danni alla salute della figlia. Il
tribunale, con un'argomentazione ineccepibile, dimostra anche
l'infondatezza della pretesa dei genitori di appellarsi alla
“libertà” di scelta della cura: “Gli imputati […] si sono arrogati
di decidere non riguardo a se stessi, quanto piuttosto a proposito
della vita e della salute di un'altra persona, anche se si tratta
della loro stessa figlia. Gli imputati negano il fondamento legale
dell'autonomia della bambina, e la considerano un loro possesso”
(p.48).
Non esiste nessuna prova a sostegno della Nuova medicina
germanica. Le affermazioni che sono state pomposamente chiamate
“le cinque leggi biologiche” (pp.197-202) non hanno alcun
fondamento. Le presunte “verifiche” del metodo Hamer sono in
realtà “fotocopie di foglietti firmate da un pugno di medici”
(p.52). Tra le “verifiche” viene citato anche il parere favorevole
di Hans-Ulrich Niemitz il cui campo di studi, però, non è la
medicina, ma “storia ed etica delle tecnologie e delle scienze
naturali” ed è noto come sostenitore della strampalata idea del
“tempo fantasma” secondo la quale tre secoli del Medioevo
sarebbero solo un'invenzione (p.53).
I sostenitori della Nuova medicina germanica citano un
riconoscimento che sarebbe stato tributato dall'università di
Trnava, in Slovacchia. In tale università, però, non c'è neppure
una facoltà di medicina e lo sbandierato sostegno alle
affermazioni di Hamer proviene da docenti di altre materie (e
persino loro, in realtà, ammettono che comunque mancano le prove)
(pp.53-54).
Insomma, quelle che dovrebbero essere le migliori prove a
disposizione sono in realtà del tutto insignificanti. I seguaci di
Hamer replicano “gridando […] al complotto” e accusando la
“medicina ufficiale” di un boicottaggio contro la Nuova medicina
germanica (p.53). Hamer, da parte sua, blaterava su una
cospirazione ebraica e si era guadagnato così anche l'accusa di
incitamento all'odio razziale da parte di due procure tedesche
(pp.65-66).
Rob
Brotherton, Menti sospettose : perché siamo tutti
complottisti, Torino : Bollati Boringhieri, 2017
Al di là dei contenuti specifici delle varie
“teorie del complotto”, ci sono tratti psicologici che sono comuni
tra i loro sostenitori. Non sorprende quindi che chi presta fede
ad affermazioni complottiste “non tende a credere a una sola
teoria del complotto”, ma ad abbracciarne diverse, anche senza
legami tra loro (pp.103-104). Inoltre tra i complottisti sono più
diffuse le simpatie per pseudoscienze, paranormale, idee new age.
I sostenitori delle “teorie del complotto” in media sono più
favorevoli alle “medicine alternative” e contrari alle
vaccinazioni e agli ogm (pp.145-146).
Il pensiero complottista, più che dalla ricerca di dati oggettivi,
appare guidato dalla voglia di contrapporsi in ogni caso alle
versioni “ufficiali”, rispetto alle quali vengono ritenute più
plausibili altre spiegazioni, anche se magari tra loro
inconciliabili. Uno studio ha mostrato che persone che avevano
dubbi sulla veridicità della notizia dell'operazione che aveva
portato all'uccisione di Osama bin Laden reputavano più
plausibile, rispetto a tale notizia, sia l'idea che fosse già
morto da tempo sia quella che fosse ancora vivo. Per quanto non si
tratti di una contraddizione (il risultato non dice che i soggetti
credono che entrambe siano vere, ma che l'una e l'altra siano più
credibili della notizia sull'uccisione), può comunque essere visto
come un indizio della tendenza complottista a contrapporsi a
priori alla versione “ufficiale” e ad accogliere qualunque idea
sia in contrasto con essa. Thabo Mbeki, presidente del Sudafrica,
oscillava tra posizioni contrapposte sul virus Hiv: da una parte
si mostrava incline a credere che le scoperte mediche sul virus
fossero una montatura e che l'Hiv fosse innocuo o addirittura non
esistesse, dall'altra vedeva di buon occhio l'idea che il virus
fosse una sorta di arma biologica creata dalla Cia (p.111).
A sostenere le idee complottiste c'è anche la pretesa di conoscere
una materia solo per aver vagato in internet. “L'università di
Google è ben frequentata” commenta l'autore e, in riferimento alle
idee complottiste sull'11 settembre, aggiunge: “Dopo aver visto su
YouTube qualche video sulle demolizioni controllate, si può avere
la tentazione di ritenersi dei buoni conoscitori dell'ingegneria
strutturale” (p.161).
Il complottismo può essere favorito anche dalla propensione delle
persone a fare il tifo per i più deboli (pp.171-172). I personaggi
al centro di teorie del complotto spesso si presentano e vengono
presentati come vittime di presunti interessi economici e
politici, come nel caso di Andrew Wakefield, autore di un articolo
che suggeriva una correlazione tra vaccino trivalente e autismo,
radiato dall'ordine dei medici dopo che un'inchiesta aveva
appurato che aveva falsificato i dati per tale articolo e che
aveva fatto fare inutili esami invasivi ai soggetti coinvolti.
Peter Duesberg è noto per l'idea secondo la quale l'aids non
sarebbe causato dal virus Hiv: tale affermazione è smentita dai
fatti, ma, per i suoi sostenitori, Duesberg sarebbe vittima di un
boicottaggio. La presa di distanza della Brigham Young University
dalle affermazioni sull'11 settembre di un suo docente, Steven E.
Jones, per i complottisti sarebbe frutto delle pressioni del
governo statunitense per far tacere una voce scomoda. Jim
Garrison, il procuratore che sostenne con argomenti inconsistenti
l'idea di un complotto dietro l'uccisione del presidente Kennedy,
viene presentato nel noto film di Oliver Stone “come un eroe
perdente” (pp.175-176). Personaggi come Wakefield, Duesburg, Jones
e Garrison “senza le teorie del complotto […] avrebbero
semplicemente torto”. Nell'ambito delle teorie complottiste,
invece, si racconta che c'è “una campagna per infangare la loro
reputazione e screditarne i risultati” e li si trasforma in “eroi
coraggiosi che sfidano le frontiere della scienza” e/o le
affermazioni del governo (p.177).
Altri tratti caratteristici della psicologia complottista del
complottismo sono l'attribuzione di un significato particolare a
quelle che sono semplici coincidenze (“Le coincidenze sono la
linfa vitale delle teorie del complotto”, scrive l'autore –
p.208), l'attribuzione di intenzionalità (p.226), la
proporzionalità (ovvero la tendenza a pensare che un evento di
grande rilievo debba avere una causa rilevante) (pp.237-257).
Un ruolo di primo piano nel complottismo è giocato dal bias di
conferma, ovvero la tendenza a prendere in considerazione e
ritenere valide le affermazioni che confermano ciò che già si
pensa e si vuole credere (pp.258-281). Lo stesso fatto, inoltre,
può essere visto diversamente da persone con posizioni diverse e a
ciascuna di esse può apparire come una conferma delle proprie idee
(p.269). Per chi è convinto che ci sia un complotto, persino ciò
che smentisce le loro idee può diventare, nella loro mente, una
conferma (pp.274-276). “Per i membri del movimento contro le
vaccinazioni,” scrive come esempio Brotherton, “la stessa mancanza
di prove sul possibile collegamento tra vaccini e autismo è la
prova che Big Pharma sta insabbiando tutto” (p.275).
Aleksandra
Kroh - Madeleine Veyssié, 14 scoperte scientifiche che
non sono servite a niente : benché questo sia tutto da
dimostrare, Milano : Bompiani, 2017
I premi IgNobel sono una sorta di parodia dei
premi Nobel. Secondo il motto degli organizzatori, sono assegnati
agli autori di studi che prima fanno ridere e poi fanno
riflettere. Come mostrano gli esempi portati dalle due autrici,
l'IgNobel ha una certa ambiguità.
Talora è un riconoscimento scherzoso, ma comunque positivo, alla
fantasia e alla creatività degli autori di ricerche che hanno
argomenti o modalità di svolgimenti curiose, ma sono comunque
condotte con metodo scientifico. Basile Audoly e Sébastien
Neukirch (pp.233-252), per esempio, si sono aggiudicati il premio
“per aver spiegato perché, quando vengono curvati, gli spaghetti
crudi si rompono in più di due pezzi”. André Geim e Michael Berry
(pp.253-276) studiavano la levitazione diamagnetica ed ebbero
l'idea di far levitare una rana (pp.261-262). Il filmato della
rana sospesa in aria divenne famoso e fruttò ai due il premio
IgNobel (in seguito Geim conquistò anche il Nobel per i suoi studi
sul grafene). Può essere accostato a questi anche l'IgNobel
assegnato a David Chorley e Doug Bower, i due burloni che,
piegando le piante nei campi in modo da comporre forme regolari,
lanciarono il fenomeno dei “cerchi nel grano” (pp.33-52).
In altre occasioni l'assegnazione del premio ha inteso, invece,
mettere in luce l'inconsistenza di affermazioni
pseudoscientifiche. In questa casistica rientra l'assegnazione del
premio a John Mack e David Jacobs, secondo i quali molte persone
sarebbero state rapite e poi rilasciate, alterando i loro ricordi,
da esseri extraterrestri (pp.43-73).
Dolores Krieger è stata riconosciuta meritevole (se così si può
dire) del premio in quanto sostenitrice del “tocco terapeutico”
(pp.79-96). Una ragazzina di 11 anni, Emily Rosa, condusse un
esperimento brillante. I terapeuti del “tocco”, stando a quanto
affermavano, avrebbero dovuto “sentire” la presenza di una mano
anche senza vederla. Nella prova si fece in modo che la mano non
fosse visibile e fu chiesto ai soggetti di dire in quale posizione
fosse: i terapeuti indovinarono un numero di volte pari a quello
che avrebbe ottenuto chi tirasse a caso (pp.88-89). L'esperimento
fu illustrato in un articolo per il prestigioso “Journal of the
American medical association” e divenne famoso quando ne parlarono
i giornali (pp.89-91). Krieger, riferiscono le autrici, si
espresse in modo sprezzante verso la ragazzina e disse che
l'ostilità verso il suo metodo era dettata dagli interessi di
medici e case farmaceutiche (p.94). Si rifiutò di andare a
ritirare il premio IgNobel assegnatole (p.92). Marc Abrahams,
ideatore del premio, pensò allora di invitare al suo posto Emily
Rosa che fu accolta trionfalmente dal pubblico presente alla
premiazione (pp.93-94).
Un altro IgNobel per demeriti nel campo della medicina è stato
assegnato a Deepak Chopra (pp.97-115), diventato famoso per le sue
affermazioni, prive di fondamento scientifico, sul “combattere le
malattie con il pensiero” (p.102). Chopra, in modo gravemente
irresponsabile, parla persino di guarigioni “di forme di tumore
che la medicina non sapeva curare”, dicendo che “il malato
raggiungeva un livello di coscienza superiore: e proprio in quel
momento le cellule cancerose scomparivano, talvolta da un giorno
all'altro” (p.105). A suo dire ciò sarebbe “molto simile a un
salto quantico” (p.105). Messo alle strette da chi sa cosa è la
fisica quantistica, comunque, Chopra “spiega che l'utilizzo del
termine “quanto” ha un significato metaforico che non ha molto a
che vedere con la teoria quantistica” (p.114). E non ha nulla a
che vedere neppure con la medicina.
Secondo Corentin Luis Kervran (pp.123-142), “reazioni di fusione e
di fissione si produrrebbero all'interno degli organismi viventi”
(p.129). Ci sarebbero batteri “capaci di togliere un protone dal
nucleo dell'atomo di calcio per farne potassio” mentre nel corpo
delle galline, al contrario, il potassio contenuto nel mangime si
trasformerebbe in calcio, come Kervran avrebbe appurato nutrendo
delle galline con orzo (p.130). Le sue idee, oltre a un IgNobel,
hanno raccolto le simpatie di Georges Ohsawa, ideatore della
macrobiotica (pp.134-135), ma non si può dire che Kervran sia
diventato molto popolare. Come scrivono con ironia le autrici,
“ignorato dalla comunità scientifica, Kervran non ha fatto una
carriera degna di nota neppure come ciarlatano” (p.141).
La fusione fredda è stata l'oggetto di diverse affermazioni
roboanti che, però, non si sono mai tradotte in qualcosa di
verificabile. Ha però fruttato un premio IgNobel a John Bockris
(pp.143-170). Pur essendo docente universitario di chimica,
Bockris ha sostenuto poi idee prive di base scientifica come “la
telepatia, la premonizione, la psicocinesi, la percezione
extrasensoriale, le case stregate e la reincarnazione” (p.168).
Jacques Benveniste di premi IgNobel ne ha vinti addirittura due
(pp.171-228). Il primo gli è stato assegnato per le sue
affermazioni sulla “memoria dell'acqua” che finirono pubblicate
addirittura sulla prestigiosa rivista scientifica “Nature”, ma
furono poi stroncate da una commissione di controllo della stessa
rivista. In seguito Benveniste se ne è aggiudicato un altro per la
sua “biologia digitale” (pp.203-215): “una molecola di interesse
biologico emetterebbe una sorta di segnale elettromagnetico […]
che l'acqua […] immagazzinerebbe per diffonderlo in seguito”
(p.206). Benveniste “dichiara con orgoglio che il suo laboratorio
è l'unico al mondo a possedere le competenze per il rilevamento,
l'elaborazione digitale e la trasmissione tramite linea telefonica
dell'attività molecolare” (pp.211-212). Nonostante questi toni
trionfalistici, il fatto che questo risultati spuntino solo da lui
più che a un'eccellenza del suo laboratorio fa pensare a
un'inconsistenza delle sue affermazioni.