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STUDI DELLA BIBLIOTECA COMUNALE DI CAVALLASCA
1 (1999), pp.9-10

STEFANO RAI

IL FURETTO DI LEONARDO

Ha suscitato molto scalpore il passaggio in Italia della "Dama con l'ermellino", il quadro di Leonardo conservato presso il museo Czartoryski di Cracovia, in Polonia.
Quasi nessuno, però, ha prestato la dovuta attenzione all'animale del quadro. La bestiola raffigurata non è, infatti, un ermellino (mustela erminea), ma un altro membro della famiglia dei mustelidi, il furetto (mustela furo), una specie di fratello chiaro della puzzola [1].
Per quanto furetto ed ermellino si assomiglino, l'identificazione è facile. L'animale dipinto da Leonardo ha il pelo biancastro-giallognolo e gli occhi bruno-rossastri, il che è perfetto per un furetto, ma non certo per un ermellino. Quest'ultimo, infatti, ha un manto invernale candido come la neve (nell'altra stagione diventa bruno; in entrambi i periodi, la punta della coda -peccato che nel quadro non si veda- è nera) e gli occhi neri. Anche la forma del muso (quello dell'ermellino è più tozzo), delle orecchie e del naso corrispondono esattamente a quelle del furetto [2].
Emilio Tadini [3] ha citato il caso di una donna che parlava di una "Signora con la pelliccetta" come esemplare del fatto che, tra coloro che andavano a vedere il quadro, "molti non sanno neanche di cosa si tratti". Tra questi "molti" andrà, però, contato anche lui stesso perché anch'egli parla di ermellino invece che di furetto. Ma quello di Tadini è un peccato veniale.
Ciò che merita invece d'essere bacchettato per bene è la moda chic di voler apparire controcorrente (che è ben diverso dall'essere realmente controcorrente). Nel caso specifico, se tutti lodano la dama con il furetto ("Il dipinto è meraviglioso", scrive, per esempio, l'or ora citato Tadini), fa chic dire che è brutta. Per lo scultore Luciano Minguzzi, anzi, il ritratto è così mal fatto da farlo arrabbiare. L'edizione milanese del "Corriere della Sera" abbocca (o è complice) e pubblica le sue dichiarazioni [4].
Anche la bestiola della dama non è di suo gradimento. Non rappresenta bene, secondo lui, l'ermellino, che è un "mammifero tutto scatti e ferocia". Sarà forse perché è invece un furetto, animale che da secoli viene facilmente addomesticato? [5]
Il critico d'arte del "Corriere" di Como Giuliano Collina [6] rimprovera tra l'altro a Leonardo (autore di celebri disegni di anatomie umane ed animali!) di aver dipinto "un ermellino davvero improbabile". Come ermellino sarà anche "improbabile", ma, come furetto, è preciso anche in dettagli minuti come la conformazione del naso e le pieghe del padiglione auricolare. Piuttosto, ci sembra "improbabile" che a tenere tra le braccia la bestiola sia, come leggiamo nell'articolo, una "ragazzina cinquecentesca", dato che il quadro è del tardo '400 e non del '500.
Restiamo tra i critici d'arte. Passando dai quotidiani ai libri, non è detto che le cose migliorino. Ecco come Donatella Lana conclude il suo commento al quadro: "investiti dal fascio luminoso, viso e braccia si raccordano con la curva del corpo dell'ermellino in un impulso dinamico di unificazione compositiva che suggerisce il girare della forma e la sua tridimensionalità". Perbacco! L'unica cosa chiara in queste parole, ci sembra, è che anche lei non ha capito che si tratta di un furetto e non di un ermellino.
Poco prima, l'autrice sosteneva che Leonardo avrebbe ideato un gioco di parole tra il cognome della dama (Gallerani) ed il greco "galée" che significherebbe, così leggiamo, "ermellino" [7].
Tuttavia, il dizionario greco - italiano del Rocci offre tra le traduzioni di quel vocabolo "puzzola" e (con l'aggiunta dell'aggettivo "agria") "sor[ta] di gatto selvatico o furetto", ma non "ermellino".
Se, dunque, l'ipotesi in questione è valida (in effetti Leonardo amava i giochi di parole e fu un pioniere dei rebus) ed il Rocci è una guida valida, anche in questo caso arriviamo piuttosto al furetto.

NOTE:
[1] Il pelo della puzzola è bruno. Ricordiamo che l'animale nero e bianco che spesso viene chiamato "puzzola" si chiama in realtà moffetta. Cfr, per fare un solo esempio di questa confusione di nomi, il libro per ragazzi di J. STEVENSON, Le Olimpiadi degli animali, Milano, Mondadori, 1999: sullo striscione a p.36 c’è scritto “puzzola”, ma gli animali disegnati nelle pagine seguenti sono chiaramente delle moffette.
[2] La corretta identificazione è riuscita a conquistarsi qualche riga sulla stampa. Si veda la lettera indirizzata al "Corriere della Sera" (12 novembre 1998, p.41) da Angela Di Bella: "non sono d'accordo riguardo all'identità attribuita all'animale raffigurato [...] A mio parere (sono un medico veterinario) si tratta quasi sicuramente di un furetto". Tre giorni dopo sullo stesso quotidiano (p.39) è apparsa un'altra lettera sull'argomento che, citando una guida, suggerisce l'ipotesi-donnola. No: né ermellino, né donnola: è un furetto.
[3] "Io Donna", n.48, 28 novembre 1998, p.246.
[4] "Corriere della Sera", 30 novembre 1998, p.46 (edizione di Milano).
[5] Cfr, per esempio, M. CORTESE, Piccola enciclopedia pratica dell'allevatore, vol. II, Milano, Hoepli, 1981, pp.775-778.
[6] "Il Corriere" (Como), 13 dicembre 1998, p.16.
[7] Storia dell'arte italiana, diretta da Carlo Bertelli, Giuliano Briganti, Antonio Giuliani, vol. III, Milano, Electa - Bruno Mondadori, 1986, pp.26-27. Nel libro, peraltro, sono traslitterate male le lettere greche gamma (che assomiglia ad una "y" del nostro alfabeto, ma è una "g") e eta (che, con un po' di fantasia, può sembrare una "n", ma è una "e" - parlo del greco antico, s'intende) e così invece di "galée" troviamo "yalen".