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STUDI DELLA BIBLIOTECA COMUNALE DI CAVALLASCA
2 (2000), pp.4-8
GIORGIO CASTIGLIONI
MISURE OCEANICHE ED INGLESI IN 1984 DI GEORGE ORWELL
In memoria di George Orwell, nel cinquantesimo anniversario della morte.
“It was a bright cold day in April, and the clocks were striking thirteen” [1].
Così comincia il famoso romanzo di George Orwell 1984 (Nineteen
Eighty-Four, pubblicato nel 1949) e sin da questa prima frase ci imbattiamo
in qualcosa di insolito: gli orologi battono le tredici invece che, come ci
aspetteremmo, l’una [2] (la traduzione italiana, che
trasforma "thirteen" in “una” è dunque fuorviante)
[3].
Per tutto il romanzo le ore sono indicate nel sistema a 24 ore. I minuti, quando
vengono dati, sono espressi con il loro numero (mai come mezz’ora o quarti
d’ora) e seguono ordinatamente le ore. Non troveremo dunque "eleven
o’ clock (A.M.)" ma "eleven hundred" [4],
non "half past two (P.M.)" ma "fourteen-thirty" [5],
non "a quarter past seven (A.M.)" ma "nought seven fifteen"
[6]. Non ci sono neppure espressioni come "noon":
mezzogiorno è semplicemente "twelve hundred" [7].
In una nota alla sua edizione del romanzo, Bernard Crick osserva: "The
«continental» twenty-four hour system had been adopted during the
war by the Armed service and the Civil Defence, though no actual clock was marked
that way" [8].
Nel 1984, invece, gli orologi hanno proprio i quadranti a 24 ore. E’ solo
in un appartamento affittato loro da un antiquario (che poi si rivelerà
essere un agente della "Thought Police", la terribile "Polizia
del Pensiero") che Julia e Winston, i protagonisti del romanzo, trovano
un "orologio all’antica con il quadrante a dodici ore" [9].
Per gli abitanti dell’Oceania, il superstato totalitario in cui è
ambientato il romanzo, un orologio di questo tipo è "assurdo"
[10] perché manca dei numeri per l’ora nella
seconda metà del giorno e, alle tredici, torna a segnare l’una.
Il narratore si prende dunque l’incarico di tradurre le indicazioni del
vecchio orologio: "Le lancette dell’orologio segnavano le sette e
venti: in realtà erano le diciannove e venti" [11],
"Le lancette dell’orologio segnavano le sei, che voleva dire le diciotto"
[12].
In un brano poi scartato da Orwell (ma restatoci in un manoscritto), Julia osservava
che un orologio di questo tipo poteva generare confusione, facendo scambiare
la mattina con la sera [13].
E’ proprio questo che accadrà il giorno in cui Julia e Winston
vengono arrestati dalla Polizia del Pensiero [14]. Winston
si sveglia con "la sensazione d’aver dormito a lungo, ma una occhiata
al vecchio orologio gli disse che erano le venti e trenta". Dopo l’irruzione
della Thought Police, Winston guarda ancora l’orologio e vede che "segnava
le nove, vale a dire le ventuno" [15]. Osservando però
che la luce avrebbe dovuto affievolirsi alle ventuno [16],
gli sorge il dubbio di aver dormito non fino alle venti e trenta, ma fino alle
“zero otto e trenta” del mattino seguente [17]
(ovvero che le nove indicate dall’orologio in quel momento siano le zero
nove e zero-zero e non le ventuno) [18].
Non solo l’orario, ma anche le misure di lunghezza, peso e capacità
e le unità monetarie hanno subito un processo di normalizzazione [19].
Questo intento era già chiaro per Orwell quando cominciò a pensare
al libro. In uno schema in cui aveva annotato i tratti essenziali della trama
del romanzo (per il quale aveva allora pensato al titolo The Last Man in Europe)
ed alcuni punti da inserire, leggiamo anche: “Confronto di pesi, misure
ecc.” [20].
In un suo articolo del 1947, Orwell si era dichiarato contrario all’abolizione
completa del “nostro attuale sistema di pesi e misure” [21].
L’autore di 1984 ammetteva che fosse inevitabile adottare il
sistema metrico per il lavoro scientifico e per attrezzi e macchine, “specialmente
se si vuole esportarle” [22], ma riteneva che le unità
tradizionali inglesi riuscissero meglio a dare un’immagine visiva del
loro valore e che “senza di loro saremmo un po’ più poveri”.
Anche considerazioni letterarie erano a favore della sopravvivenza delle vecchie
misure coi loro nomi brevi e familiari, senza contare che il cambio dei sistemi
di misurazione avrebbe costretto i lettori dei libri scritti in precedenza a
fare i calcoli per capire il valore delle misure. Dopo aver citato due versi
di William Blake (“The Emmet’s Inch & Eagle’s Mile / Make
Lame Philosophy to smile”) [23], Orwell concludeva:
“immaginate di doverlo tradurre in millimetri!”
L’Oceania ha introdotto il sistema metrico-decimale cancellando le antiche
ed irregolari misure inglesi [24]. Le distanze si misurano
in metri, i pesi in grammi, le capacità in litri, con i relativi multipli
e sottomultipli [25].
Già nelle prime righe del romanzo, la faccia del Grande Fratello sul
manifesto è “more than a metre wide” [26].
“Più larga d’un metro”, si noti, e non “larga
quattro piedi”, come era -in misure inglesi- la faccia del Leader in un
articolo di Orwell del 1944 [27].
Allo stesso modo il Ministero della Verità si trovava “un chilometro
lontano” [28] ed era alto trecento metri [29],
e così via: nel romanzo non troviamo mai pollici (inches), piedi (feet),
yards, miglia (miles) [30].
Le uniche unità di misura di lunghezza non appartenenti al sistema metrico
decimale presenti nel romanzo sono gli anni luce (light-years; ma l’ “inquisitore”
del Partito O’Brien dice “millions upon millions of kilometres”)
[31] e i fathom (una misura di profondità corrispondente
a sei piedi). Questi ultimi, però, compaiono in un sogno di Winston che
richiama l’infanzia del protagonista [32].
Che la misura non normalizzata compaia in relazione con il passato non è
forse casuale. Tale legame è esplicito quando nei ricordi di Winston
ritorna una vecchia unità di misura per i pesi: “It was a two-ounce
slab (they still talked about ounces in those days)” [33].
Nel 1984, invece, si usano grammi e chili [34].
Le vecchie e le nuove unità di misura per le capacità si scontrano
in un episodio del romanzo. In un bar, un vecchio chiede una pinta di birra,
ma il barista, più giovane, non conosce tale misura.
"«Ma sentitelo! Si fa chiamare barista e non sa nemmeno che cos’è
una pinta! Be’, una pinta è metà d’un quarto, e ci
sono quattro quarti in un gallone. Vuoi che t’insegni anche l’alfabeto?»
«Mai sentiti!» disse il barista secco. «Litri e mezzi litri...
ecco tutto quello che posso servire. Quelli là davanti sono i bicchieri.»
«E a me piace una pinta» insisteva il vecchio «m’avresti
potuto dare benissimo una pinta. Non c’erano questi litri fottuti quando
ero giovane.»" [35]
Nel 1984 sono scomparse anche le unità monetarie inglesi con le loro
divisioni irregolari: 12 pence per uno scellino (shilling) e 20 scellini per
una sterlina (pound). Al loro posto c’è il dollaro, diviso ordinatamente
in cento cents [36].
Ancora una volta, la vecchia unità di misura compare in rapporto con
il passato. Charrington, l’agente della Polizia del Pensiero sotto le
spoglie di antiquario, mostra a Winston un vecchio fermacarte: "Se per
caso vi interessasse di comperarlo, ve lo metterei quattro dollari. Io ricordo
ancora quando un affare del genere si sarebbe potuto vendere per otto sterline,
e otto sterline... be’, vediamo, non so dirvelo di preciso, ma erano davvero
un sacco di soldi. Ma chi s’interessa più degli oggetti antichi,
oggigiorno?" [37]
Lo stesso Charrington recita a Winston i primi due versi di una vecchia filastrocca:
"«Orange and lemons», say the bells of St. Clement’s,
«You owe me three farthings», say the bells of St Martin’s"
e quindi spiega: “Un farthing era una piccola moneta di rame, somigliava a un centesimo” [38].
NOTE:
[1] GEORGE ORWELL, Nineteen Eighty-Four, with a critical
introduction and annotations by Bernard Crick, Oxford, Clarendon Press, 1984,
p.157 (in seguito citato come NEF).
[2] Contestando l’interpretazione di Anthony Burgess
che vedeva negli orologi che battono le tredici all’inizio del libro “uno
spunto comico” (1984 & 1985, Milano, Editoriale Nuova, 1979,
p.21), Stefano Manferlotti ha scritto che l’intenzione di Orwell, “più
sofisticata e tutt’altro che comica”, era quella di introdurci in
un mondo “straniato, deformato” (STEFANO MANFERLOTTI, Anti-utopia.
Huxley Orwell Burgess, Palermo, Sellerio, 1984, p.55). Manferlotti ha senza
dubbio ragione, ma va aggiunto (come intendiamo dimostrare in questo articolo)
che lo straniamento è indirizzato ad una normalizzazione. In compenso,
Burgess ha ben notato il ruolo di “particolari […] come, per esempio,
i pesi e le misure” (1984 & 1985, cit., pp.40-41).
[3] GEORGE ORWELL, 1984, traduzione di Gabriele Baldini,
Milano A. Mondadori, 1984, p.25: “Era una fresca limpida giornata d’aprile
e gli orologi segnavano l’una”. In realtà, gli orologi non
“segnavano l’una”, ma “battevano le tredici”.
Curiosamente, ritroviamo un uguale errore anche nella traduzione italiana della
biografia di Orwell scritta da Bernard Crick, dove “the radios had all
struck thirteen” diventa “tutte le radio avevano segnato l’una”
invece che “avevano battuto le tredici” (BERNARD CRICK, George
Orwell. A Life, Harmondsworth, Penguin, 1992, p.579; tr. it. George
Orwell, Bologna, Il Mulino, 1991, p.725). Crick fa riferimento all’inizio
del romanzo in una versione precedente a quella pubblicata. Cfr GEORGE ORWELL,
Millenovecentoottantaquattro. Il facsimile del manoscritto, a cura
di Peter Davison, Milano, A. Mondadori, 1984, p.3: “It was a cold, blowy
day in early April, and a million radios were striking thirteen”. Sopra
questa frase dattiloscritta compare la correzione a mano di Orwell che la trasforma
in quella definitiva.
Gli orologi battono l’una (ma “tó mesiméri”)
anche nella traduzione greca (TZORTZ ORGOUEL, 1984, Athena, Ekdoseis
Kaktos, 1978, p.11. Le altre traduzioni consultate hanno invece, correttamente,
le tredici: ebraica (Tel Aviv, Am Oved, 1995, p.5), francese (Paris, Gallimard,
1990, p.11), olandese (Amsterdam, Uitgeverij De Arbeidespers, 1978, p.5), russa
(DORD ORUELL, 1984, in “Novyj Mir”, n.2, febbraio
1989, pp.132-172; n.3, marzo 1989, pp.140-189; n.4, aprile 1989, pp.92-130;
vedi n.2, p.133), spagnola (Barcelona, Destino, 1991, p.9), tedesca (Frankfurt
am Main – Berlin, Ullstein, 1988), ungherese (Budapest, Európa
Könyvkiadó, 1989, p.7).
[4] NEF, pp.164, 165, 412; tr.it., pp.33, 34, 322: “undici”.
L’inglese “hundred” (letteralmente «cento») indica
i due zeri che seguono il numero delle ore. Le “eleven hundred”
sono quindi, più precisamente, le “undici e zero-zero”. Cfr
la traduzione russa di V. Golišev: “odinnadcat’ nol’-nol’”
(n.2, pp. 135, 136; n.4, p.121). Il testo ha nei primi due casi “nearly
eleven hundred” (“circa le undici e zero-zero”).
[5] NEF, p.180; tr.it., p.51.
[6] NEF, p.183; tr.it., p.54: “le sette e quindici”
- o meglio “le zero sette e quindici”. Le edizioni francese (p.50:
“sept heures un quart”) e greca (p.39: “eptá kai tétarto”)
ritraducono i quindici minuti nel quarto d’ora.
Cfr a. NEF, p.351: “nought eight-thirty” (l’ora manca nella
tr.it., p.249). Lo zero (“nought”) del testo di Orwell è
mantenuto dalla traduzione ebraica (pp.28, 179) e da quella spagnola di Rafael
Vázquez Zamora: “las cero-siete-quince” (p.38), “las
cero treinta” (ovvero “las cero ocho treinta”; p.217).
[7] NEF, p.315. La traduzione italiana (p.211) lo rende invece
con “verso mezzogiorno” (anche il “verso” non è
preciso: l’inglese ha “at”) (cfr anche la tr. spagnola, p.184:
“Era mediodía”). Precisa anche in questo caso la tr. russa
(n.3, p.171): “v dvenadcat’ nol’-nol’”: “alle
dodici e zero-zero”.
[8] NEF, p.429, n.1; cfr l’introduzione di Crick a questa
edizione, p.21.
[9] “old-fashioned clock with the twelve-hour face”:
NEF, p.274; tr.it., p.163 (“orologio col suo quadrante all’antica
e le sue dodici ore”).
[10] NEF, p.282: “the absurd twelve-hour clock”,
“l’assurdo orologio a dodici ore”. L’edizione italiana
(p.172) traduce però “l’orologio di foggia antica”.
L’aggettivo “assurdo” manca anche nell’edizione ungherese
(p.161: “az ódivatú, tizenkét számjegyes órát”,
“l’orologio all’antica con dodici cifre”) ed in quella
russa (n.3, p.156: “dvenadcaticasovoj ciferblat”, “il quadrante
a dodici ore”).
[11] “The clock’s hands said seven-twenty: it
was nineteen-twenty really”: NEF, p.274; tr.it., pp.163-164 (la traduzione
che abbiamo dato è leggermente diversa). L’edizione tedesca (p.138)
traduce: “Die Uhr zeigte zwanzig nach sieben: eigentlich war es 19.20
Uhr”. L’intento del traduttore appare quello di porre in contrasto
l’ora dell’orologio all’antica, espressa in un vecchio formato
(“zwanzig nach sieben”), e quella “ufficiale” oceanica,
espressa in forma standardizzata in cifre (“19.20 Uhr”; cfr poco
dopo “19.30 Uhr” e, a p.36, “7.15 Uhr”). Tuttavia, dal
momento che il testo originale esprime entrambi gli orari nella stessa forma
ore – minuti ed in lettere (non in cifre), era forse meglio seguire questo
metodo anche nella traduzione. Troviamo orari espressi in cifre anche nell’edizione
greca (p.144: “23.30’ ”, “23’ ”) ed in quella
italiana (p.318: “13.30”, tre volte – ma il testo originale
ha “fifteen-thirty”, le quindici –non le tredici- e trenta).
[12] “The clock’s hands said six, meaning eighteen”:
NEF, p.330; tr.it., p.227. Ma v.a. NEF, p.280; tr. it., p.170, dove “nearly
nine” non viene trasformato dal narratore in “nearly twenty-one”.
[13] “[...] & examining the twelve-hour clock with
a sort of tolerant amusement. She had never seen one before. In her practical
way she at once pointed out that such clocks were dangerous. You might, she
said, oversleep yourself & think it was only twenty hours when it was really
eight in the next morning” (“tolerant amusement” corregge
“amused curiosity”; ORWELL, Millenovecentoottantaquattro. Il facsimile
del manoscritto, cit., p.79; cfr l’introduzione di Davison, p.xvi).
[14] NEF, pp.346, 351; tr.it., pp.243, 249.
[15] “the clock on the mantlepiece said nine, meaning
twenty-one”. L’edizione greca (p.221), che riporta quasi sempre
gli orari al sistema a 12 ore, non traduce la parte dopo la virgola.
[16] L’edizione italiana traduce “le nove”,
ma il testo ha “at twenty-one hours” e Winston sta proprio pensando
che potrebbero non essere “le nove”, bensì le ventuno. Anche
nella traduzione greca troviamo qui le “nove”.
[17] L’edizione italiana non traduce le ore (“Si
chiese se [...] non avessero dormito tutt’intera la notte e non fosse,
ora, la mattina seguente”). Curioso l’errore della traduzione francese
(p.317) dove le “twenty-thirty” (venti e trenta) diventano le “vingt-trois
heures” (ventitré) e le “nought eight-thirty” (zero
otto e trenta) le “neuf heures” (nove). Tra l’altro, un orologio
che segna le nove potrà indicare semmai le ventuno, non certo le ventitré.
[18] v.a. NEF, p.353; tr.it., p.253: “Non era ancora
riuscito a stabilire, e probabilmente non ci sarebbe mai riuscito, se lo avessero
arrestato di sera o di mattina”.
[19] Non tratteremo qui della normalizzazione del linguaggio
che richiederebbe un lavoro a parte.
[20] Trascritto NEF, appendix A, p.137; tr.it. in CRICK, George
Orwell, cit., appendice A, p.735.
[21] As I Please, in “Tribune”, 14 marzo
1947; in The Collected Essays, Journalism and Letters of George Orwell,
ed. by Sonia Orwell and Ian Angus, Harmondsworth, Penguin, 1987, vol. IV, pp.350-352.
[22] cfr a. un’annotazione sotto la data 22 settembre
1942 nel diario tenuto negli anni della guerra: “Most of the ammunition
for our Sten guns is Italian, or rather made in Germany for Italy. I fancy this
must be the first weapon the British army has had whose bore was measured in
millimetres instead of inches” (The Collected Essays, Journalism and
Letters of George Orwell, cit., vol. IV, p.506).
[23] Si tratta dei versi 105-106 degli Auguries of Innocence,
dal manoscritto Pickering (Blake’s Poetry and Designs, selected
and edited by Mary Lynn Johnson and John E. Grant, New York - London, Norton,
1979, p.211).
[24] Secondo Bernard Crick, Orwell voleva fare della satira
contro “lo zelo burocratico della CEE” (NEF, p.430, n.8).
[25] Crick segnala che alla Harcourt Brace, la casa editrice
che pubblicò il romanzo negli Stati Uniti, non aveva capito l’intenzione
dell’autore e si erano “inizialmente cambiati i metri ed i litri
di Orwell in yards e pinte” (ibid.). Scongiurato questo pericolo, il lettore
delle edizioni americane (cfr, per esempio, quella della Signet) può
al massimo lamentarsi del titolo in cifre (1984) invece che in lettere
(Nineteen Eighty-Four), come è nelle edizioni inglesi, e della
grafia statunitense “meter” e “liter” in sostituzione
di “metre” e “ litre”.
[26] NEF, p.157; tr. it., p.25.
[27] “the face of the Leader, four feet wide, glares
from every hoarding” (As I Please, in “Tribune”,
28 aprile 1944; in The Collected Essays, Journalism and Letters of George
Orwell, cit., vol. III, p.159).
[28] “A kilometre away”: NEF, cit., p.158; tr.it.,
p.27.
[29] “three hundred meters”: NEF, p.159. Nell’edizione
italiana, il palazzo che ospita il Ministero della Verità è meno
imponente: “saliva, a gradini, per cento metri” (p.27).
[30] Ovviamente, il discorso vale anche per le misure di volume:
“the few cubic centimetres”: NEF, p.179; tr.it., p.50.
[31] NEF, pp.388, 407; tr.it., pp.294, 315.
[32] Nel sogno, sua madre e sua sorella lo guardano “through
the green water, hundreds of fathoms down and still sinking”: NEF, p.182.
La tr.it., p.53, esagera un po’ le distanze sostituendo ai fathom le leghe
(“a centinaia di leghe di profondità”). Meglio sarebbero
state le braccia, come nella traduzione francese di Emilie Audiberti: “à
des centaines de brasses de profondeur” (p.49). Cfr a. la traduzione tedesca
di Michael Walter (p.35: “schon viele hundert Faden tief unten”).
La traduzione russa (n.2, p.143: “s glubiny v sotni saenej”)
utilizza (bene) la sagena, una “vecchia misura lineare russa uguale a
m 2,134” (N.SKORZOVA-B.MAIZEL, Dizionario italiano-russo = Italjansko-russkij
slovar’, Moskva, Russkij Jazyk, 1977, p.1678, s.v. saen’).
[33] NEF, p.297; tr.it., p.190: “Era una tavolettina
da due once (parlavano ancora di once, a quel tempo)”.
[34] Cfr “a 20 kilo bomb” (NEF, p.163, tr.it.,
p.32), “from thirty grammes to twenty” (pp.178, 190; tr.it., pp.49,
62), “twenty grammes” (2 volte, pp.206-207; tr.it., p.82), etc.
[35] NEF, p.232; tr. it., p.112. Nel testo originale, il vecchio
parla un inglese non certo oxfordiano (“I likes” per “I like”)
e si mangia le “h” (‘Ark, ‘im, ‘isself, etc.,
per Hark, him, himself, etc.). Nel bere birra, però, “sembrava
che il vecchio si fosse scordato dei suoi pregiudizi contro i litri interi”
(p.233; tr. it., p.113).
[36] Si tenga presente che Orwell scrisse il suo romanzo prima
della riforma monetaria britannica del 1971 che divise la sterlina in cento
newpence.
[37] NEF, p.238; tr. it., pp.119-120.
[38] NEF, p.241; tr. it., p.123; il farthing equivale ad un
quarto di penny.