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STUDI DELLA BIBLIOTECA COMUNALE DI MOLTRASIO
1 (2001), pp. 13-22
GIORGIO CASTIGLIONI
GATTONI, MERCIER E LA LETTERATURA UTOPICA
Tra il 1802 ed il 1803 il canonico comasco Giulio Cesare Gattoni pubblicò
presso l'editore Noseda due libretti intitolati Testamento e Codicillo.
Giuseppe Rovelli definisce i due scritti "un'allegoria morale" [1].
Giambattista Giovio scrive che il Testamento contiene "talvolta
legati nell'ironia tinti e nel sarcasmo" [2]. Per Maurizio
Monti, il Testamento è "un libro singolare", ma mancante
delle "grazie dell'eloquenza" e di "filosofia", e il Codicillo
un "altro libraccio su l'istessa materia e dell'istesso valore" [3].
Felice Scolari giudica il Testamento "stranissimo", "una
delle sue più stravaganti elucubrazioni" [4].
Secondo Luigi Rovelli, "cadono nel grottesco e nel faceto" e mancano
di "un valore letterario" queste due opere "che potremmo definire
un'allegoria morale intessuta di bizzarrie" [5]. Calogero
Farinella riassume così i contenuti del Testamento: "condannava
l'irreligiosità e il «filosofismo», dando sfogo alla sua
avversione per le teorie più radicali della filosofia e della politica
illuministiche e per quanti criticavano la religione cattolica" [6].
Carlo Volpati, in un articolo in cui esamina le disposizioni del Testamento
in materia di urbanistica e di edilizia, lo presenta come un "saggio di
una di quelle «fantasie», nelle quali amano spesso associarsi la
visione utopistica dell'avvenire con la satira pessimistica del presente"
e vede in esso "una profezia del cemento armato e dello stile Novecento"
in cui l'autore sa "conciliare col rispetto del passato il riconoscimento
dei diritti dell'avvenire" [7].
Volpati ha dunque il merito di aver segnalato l'appartenenza degli scritti di
cui ci occupiamo alla letteratura utopica. Va aggiunto che, all'interno di questa,
essi occupano un posto significativo, almeno per quanto riguarda l'Italia. Si
tratta infatti, come avevo già fatto notare in un mio articolo [8],
dei primi esempi in lingua italiana di "ucronia", ovvero di utopia
collocata non in un altro luogo, o non-luogo (ou-topos), come nel modello classico
da Thomas More in poi, ma in un altro tempo, o non-tempo (ou-chronos), nel futuro
[9].
Sebbene ci fossero state già in precedenza opere che collocavano la loro
azione nell'avvenire, gli studiosi in genere concordano nell'attribuire il titolo
di prima vera e propria utopia ambientata nel futuro a L'anno 2440
di Louis-Sébastien Mercier [10]. Il libro di Mercier
fu pubblicato anonimo da Van Harrevelt di Amsterdam alla fine del 1770 ed in
seguito ampliato notevolmente dall'autore. L'opera ebbe un grande successo.
Fu tradotta in inglese ed in tedesco nel 1772, in spagnolo nel 1778, in olandese
nel 1792 [11]. Prima della fine del secolo, ci fu anche una
traduzione italiana, edita da Domenico Porcile [12]. L'utopia
ambientata nel futuro di Mercier trovò nel giro di non molti anni vari
seguaci in lingua francese, tedesca, olandese [13].
Tra questi, l'unico nome di un certo spicco è quello di Rétif
de la Bretonne, che inserì all'interno di una sua opera un frammento
in forma di commedia ambientato nel futuro, intitolato L'An Deux-mille
[14].
Prima della metà del XIX secolo, comparvero alcune ucronie anche in russo:
Un sogno di Aleksandr Ulybišev, Lettere europee di Vil'gel'm
Kjuchel'beker, Fantasie verosimili e Scene di vita privata nel
2028 dopo Cristo di Faddej Bulgarin, L'anno MMMCDXLVIII di A.F.
Vel'tman, L'anno 4338 di Vladimir Odoevskij [15].
In Italia, l'abate Galiani aveva progettato già nel 1771 di scrivere
"una profezia sullo stato che avrà l'Europa fra cento anni".
L'idea non fu però sviluppata oltre "un abbozzo", per quanto,
scrive Trousson, "molto chiaro, sufficiente per constatare che si sarebbe
trattato di una vera e propria utopia nel tempo" [16].
Il merito di aver scritto la prima ucronia in lingua italiana (se nessuna opera
precedente è sfuggita a chi scrive) va, dunque, a Giulio Cesare Gattoni.
La forma letteraria utilizzata da Gattoni per la sua utopia è decisamente
curiosa: lo scritto è, come dice il titolo stesso, un testamento (fittizio,
ovviamente).
L'autore parte dal presupposto che "nel corso di cent'anni un Capitale
impiegato si moltiplicava 131. volte". Così a partire dallo "Zecchino
gigliato da tré" donatogli a Natale, quando aveva dieci anni, dallo
zio Giacomo Lucini [17], egli si sarebbe trovato con 500 lire,
da dividersi "in cinque partite di cento lire per cadauna, alle quali si
continuerà d'accrescere ogn'anno i suoi interessi" [18].
Le cinque "partite" sarebbero state ritirate rispettivamente dopo
cento, duecento, trecento, quattrocento e cinquecento anni, trasformate, grazie
agli interessi al tasso indicato, in somme sempre più favolose, così
che il testatore poteva prevedere che con esse si potesse trasformare radicalmente
Como, fondare una florida repubblica italiana con cento città modello,
assicurare la pace nel mondo (creando, tra l'altro, una sorta di Società
delle Nazioni o ONU ante litteram) [19].
Secondo la testimonianza di Giambattista Giovio, conoscente del canonico, il
libretto fece "parlare pur tanto, perché non meno d'ottanta sono
le persone per loro nome e cognome registrate in quel testamento, alle quali
l'autor d'esso lascia talvolta legati nell'ironia tinti e nel sarcasmo".
Giovio ricorda anche di aver sentito "fino essersi comprato qualche esemplare
col prezzo di due scudi, quando per arte libraria montar non poteva a due lire"
[20].
Il Testamento attirò su Gattoni anche qualche frecciata (Giovio
annotò che qualcuno suggerì che nella Como del futuro la casa
del canonico potesse essere collegata all'ospedale pubblico e "si stabilisse
poi lo Spedale de' matti nella di lui casa istessa" [21])
e qualche critica.
"Nel vedere quanto male siano state interpretate le rette mie intenzioni
nel testamento" [22], Gattoni decise di aggiungere a
questo un codicillo (e Codicillo intitolò appunto il suo nuovo
opuscolo) nel quale aggiungeva altri legati e rispondeva ad alcune "censure"
mosse al suo primo scritto utopico.
Giovio cita un episodio che avrebbe offerto uno spunto al canonico nello scrivere
le sue utopie:
Nel 1802 (Vedi la gazzetta del Veladini a pag. 445) l'avvocato vecchio Surrot
triste pe' suoi debiti si uccise con due ferite di rasoio alla gola e nove di
coltello.
Fece un testamento singolare con 80 legatarj; fra primi v'è il 2. e 3.
Console.
Il fondo ove cavare i legati consiste in 5. biglietti di lotteria, da quali
giusta suoi calcoli intendeva di ricavare due milioni e mezzo di franchi.
Vuol che la sua pelle preparata serva di camiscia per coprire il primo che si
manderà al supplizio per avere attentato alla vita del Primo Console
Bonaparte. [23]
Ma il modello, anzi, l'anti-modello, delle ucronie di Gattoni è comunque L'anno 2440 di Mercier. Lo ricorda egli stesso nel Testamento:
Quanto mi compiaccio nel meditare il mio caro Prossimo, e principalmente nell'Italica Repubblica dipinto in un quadro di riforma di quà a cinque secoli con ben tutt'altri felici, e reali colori, che non i falsi e romanzeschi di Mercier nel suo del 2440., e con quella immaginaria sua teofilantropica Religione. [24]
Il canonico aveva citato Mercier e la sua opera già in due libretti
pubblicati prima delle sue utopie, la Lettera [...] al cittadino dottore
Crisanto Cavaleri [25] e il Sogno [26],
e lo ricorderà, qualche anno dopo, anche in uno scritto sui "fulmini
di ritorno", dove leggiamo che, colpiti, appunto, da un fulmine, "i
chiodi della lastra di ferro sostenuta dal cardine e ribaditi, si viddero sortiti
dal legno, e raddrizzate le loro punte in alto, dopo un sonno lungo come quello
di Mercier" [27].
Il Giornale gallo-cisalpino, il diario che Gattoni segretamente compilò
durante il periodo dell'occupazione francese, contiene, sotto la data del 27
febbraio 1798, un passo di estremo interesse sul libro di Mercier:
Un libro in 8. di pagine 402 senza nome di Autore e che si crede di Mercier stampato la prima volta l'anno 1772 con data di Londra [28], e che ha per titolo .L'An Deux Mille Quatre Cent Quarante. Réve s'il en fut jamais. Con epigrafe di Leibnitz .Le tems present est gros de l'Avenir. E' un libro meravigliosissimo per provare che la Rivoluzion presente delle cose è il frutto della Cabala filosofica e Massonica meditata, e preparata in moltissimi anni. Ivi il Sognatore risvegliato dopo aver dormito 672 anni trova compita la rivoluzione generale delle cose che noi vediamo di presente, discendendo a parlare perfino alle più minute particolarità. Sembrò un Romanzo ridicolo quando apparve il libro, e mi ricordo che quando l'ebbe il primo 26 anni fà da suoi figlj d'Olanda D. Francesco Guajta si rideva alla sera nella conversazione del Generale Hardenek dell'Autor del libro come del più allegro pazzo. Ma ora comprendesi benissimo che i pazzi eravam noi e ch'egli ne sapeva più di tutti. Mercier era un filosofo Volterriano, ed era al fatto del piano stabilito, ed ora lo vediam eseguito in tutte le sue parti come vien descritto dal Sognatore a distruzione del Trono, e dell'Altare. Le presenti sciagure della Francia, d'Italia, Roma Costantinopoli e.c. tutto ci vien indicato come da un Profeta che ha presente l'avvenire. Ciò sia di notizia per alcuni che ostinatamente sostengono che Roma nello stato nel quale era stata ridotta da Bonaparte sarebbe rimasta, se l'accidente del morto Dufaut [29] non ne fosse stata la causa. Sì, questa morte n'è il pretesto da Galli stessi fatto nascere; Se non fosse stato questo; un po più di ritardo, ma ne avrebbero fatto nascere un altro, a compimento dell'antico piano machinato dall'Ateismo massonico. [30]
Il 20 marzo dello stesso anno, parlando di chiese trasformate in stalle e di monache cacciate dai monasteri, il canonico commentava:
E sembra che tutta l'impostura tanto del militare, quanto della nostra Municipalità non abbia avuto altro scopo che la persecuzione degli ultimi che restano a proffessare i consigli del Vangelo. Tutto ciò và in ordine del Piano filosofico-Massonico che rilevasi da tanto tempo combinato in tante opere notorie, e principalmente nelle postume di Federigo II. e di Mercier. [31]
Anche in un manoscritto del maggio del 1798 Gattoni metteva il libro di Mercier in relazione con la Rivoluzione francese e gli eventi ad essa seguiti:
Inaspettate dico, per chi non ebbe mai notizia del piano filosofico già stabilito da tant'anni per rovesciar il Trono, e l'Altare con la presente rivoluzione così ben descritta sei lustri fà dal Mercier; Nel commercio letterario di Federico II., E poi principalmente dalle spiegazioni, che agli articoli della Costituzione ha dato il Curato Du Moy [32].
Lo stesso Mercier, d'altra parte, si atteggiò a profeta della rivoluzione:
[...] pubblico [...] questo Sogno che fu già il foriero della
Rivoluzione Francese. Non può negarsi che molti autori non l'abbiano
essi pure presentita; ma [...] in grazia d'alcune parole vaghe o insignificanti
[...].
Io, senza far violenza al senso delle parole e in un modo chiaro e preciso,
diedi alla luce una non equivoca Predizione di quanto poi è
avvenuto [...].
Giammai, oso dirlo, alcuna predizione non fu più vicina agli avvenimenti,
né alcuna fu nel tempo stesso più detagliata riguardo alla serie
maravigliosa di tutte le metamorfosi particolari accadute: Io (lo dico senza
orgoglio,) sono dunque il vero Profeta della Rivoluzione. [...] voleasi privarmi
di ciò che apparteneva sì apertamente e sì di fresco, attribuendolo
a degli Scrittori anteriori, o ad altri che ne parlarono in una maniera oscura
ed equivoca. [33]
Un passo fortunato della "profezia" di Mercier è certamente
quello in cui il protagonista viene informato che "la Bastiglia era stata
rovesciata da cima a fondo" [34].
Gattoni, come abbiamo visto sopra, scriveva esplicitamente di volersi porre
in antitesi a Mercier e non vi è dubbio che le idee dei due autori fossero
alquanto diverse. Per fare un esempio, si può vedere quel che scrivono
nelle loro opere sulle "riduzioni" dei Gesuiti del Paraguay [35].
Nel 2440 di Mercier, ad Asunción "si è fatta una grande festa
in memoria dell'abolizione della vergognosa schiavitù nella quale era
ridotta la nazione sotto l'impero dispotico dei Gesuiti e, dopo sei secoli,
si considera dono della Provvidenza la distruzione di questi lupi-volpi"
[36]. Per Gattoni, invece, i "moderni antievangelici
Filosofi" parlavano tanto di libertà ed eguaglianza, ma l'unica
vera realizzazione di questi principi era quella "che con infiniti sudori,
e pene seppesi introdurre dalla antifilosofica società [37]
nella Provincia del Paraguaij prima del 1773. [38], e che
da poi il livido Filosofismo giunse ad annichilare" [39].
Anche Giambattista Giovio si espresse con favore sull'esperienza dei Gesuiti
del Paraguay. Ricordando come, nel 1790, era stato accusato "che volessi
introdurre la social vita de' Paraguajesi", scriveva che non riteneva tale
affermazione un'offesa, facendo notare che Montesquieu [40]
e Muratori [41], "che non furon al certo baggéi
devoti", avevano lodato l'esperienza dei Gesuiti [42].
Ma ci sono anche numerosi punti di contatto nelle utopie di Mercier e Gattoni.
Entrambi gli autori ritengono l'agricoltura ben più importante del commercio
[43], auspicano la costruzione di canali [44],
chiedono che si coltivino le piante utili e non "il tiglio, lo sterile
ippocastano e l'olmo stentato" (Mercier), non quelle "che non alimentano
se non se un vano lusso di curiosità" (Gattoni) [45].
Entrambi vietano le lotterie, che illudono ed ingannano i poveri, rendendoli
sempre più poveri [46].
Nel 2440 di Mercier troviamo "torri situate sulla cima delle montagne.
Là si fanno osservazioni continue che si incrociano e si corrispondono"
[47]. Gattoni, per la Como del futuro, vorrebbe "un
osservatorio per l'Astronomia [...], ma per questo sarà bene l'acquistare
le torri della cinta urbana, sopra le quali si faranno anche tutte l'osservazioni
meteorologiche" [48], come il canonico aveva realmente
fatto ottenendo l'uso di una torre delle mura di Como, ancor oggi nota come
"torre Gattoni", per i suoi esperimenti [49]. Società
scientifiche dovevano sorgere in tutte le città della sua Repubblica
italiana. "Ogni mese tutte le società spediranno il risultato delle
lor osservazioni a quella di Como, e vicendevolmente se le comunicheranno"
[50].
Sia Mercier che Gattoni non vedevano con favore i grandi ospedali come l'Hôtel
Dieu di Parigi, dove si concentravano un grande numero di pazienti [51].
Nel suo diario manoscritto, il canonico annotò che, in occasione della
costruzione del "nuovo pezzo d'Ospedale"
Io aveva proposto il disegno di non seguire l'idea della vecchia Fabbrica cioè d'una longa Sala nella quale in vece de' letti per gl'infermi, basta metterle le mangiatoje per essere una pulita scuderja di Cavalli: Ma in vece tante alcove con la corsja per di dietro, ed una porta per ciascun luogo della corsja. Allora l'infermi sarebbero o guariti, o morti senza essere disturbati, o disturbare li vicini, li mali vergognosi fisici, e spirituali non sarebbero stati esposti agli altrui occhi, la modestia la morale decenza, alla quale, alcun più non pensa, sarebbessi serbata com'è di dovere. In faccia alle Alcove il longo corridore avrebbe avuto le finestre e sotto la volta de' ventilatori a trasportar gli animali effluvj. Al caso di necessità in codesto corridore si sarebbero moltiplicati i letti. Il mio pensiero fù ricevuto per una stravaganza. [52]
Idee analoghe avevano i due sull'importanza della diffusione della vaccinazione.
Nel 2440 di Mercier c'è addirittura un "Palazzo dell'inoculazione"
e l'uomo del futuro rimprovera i contemporanei del protagonista per essere stati
"proprio testardi" ed aver posto ostacoli alla diffusione di una misura
così salutare [53]. Gattoni pone tra i suoi esecutori
testamentari il "perspicace Fisico Carlo Carloni delegato dal Governo per
la vaccinazione, ma con poco vantaggio della mia Patria" perché,
nonostante "i grandiosi esempj d'Imperi, Regni, ed intere Provincie, che
colla sola vaccinazione esterminarono ne' lor terr[it]ori la peste variolosa",
forti erano le resistenze [54].
Gattoni aveva esposto il suo giudizio negativo anche a Louis Odier (1748-1817),
medico ginevrino che da anni era impegnato a far conoscere l'utilità
della vaccinazione. Fu così che Odier, sulle pagine della "Bibliothèque
Britannique" di Ginevra, presentò Como come esempio negativo di
un'Europa che pur si vantava di essere più illuminata degli altri continenti:
Il signor Canonico Gattoni mi annuncia che nella piccola città di Como, sua patria, malgrado i reiterati inviti dell'Amministrazione, le esortazioni dei curati, lo zelo e le insistenze del dottor Carloni, medico delegato per la diffusione della vaccinazione, gli intrighi di alcuni medici invidiosi e ignoranti prevalgono ancora al punto che il vaiolo si è portato via nei due ultimi mesi del 1803 quasi trecento bambini i cui genitori avevano ostinatamente rifiutato di farli vaccinare. [55]
Tale duro giudizio fu vivacemente contestato in una "lettera indirizzata
al prof. Odier dai medici di Como", pubblicata in estratto sulla stessa
rivista e firmata dai dottori Della Porta, Pini, Perlasca, Mocchetti e Solari,
i quali affermavano che "tutti i medici di Como, non uno eccettuato, hanno
in ogni tempo, dopo la scoperta del dottor Jenner [ovvero il vaccino] colto,
per quanto hanno potuto, tutte le occasioni favorevoli per raccomandare ed eseguire
la vaccinazione", che i bambini morti erano solo 41, contando anche i dintorni
di Como, e che i casi di vaiolo erano da imputarsi alla cattiva qualità
del vaccino ricevuto. La rivista si scusava con gli autori della lettera per
"l'involontario errore in cui siamo stati indotti" [56].
Sia Mercier che Gattoni si indignavano per il "barbaro commercio"
(Mercier) [57] degli schiavi, "l'infernal commercio,
e barbaro trattamento, che le Nazioni colte usano co' Neri" (Gattoni) [58]
e puntavano il dito contro le crudeltà commesse dagli europei ai danni
dei popoli delle terre "scoperte" dai loro esploratori.
La Spagna, scriveva Mercier, "gemeva per aver coperto il nuovo continente
di trentacinque milioni di cadaveri, per aver perseguitato i resti miserevoli
di mille nazioni nel fondo delle foreste e nei buchi delle rocce" [59].
"L'America è soggiogata da un pugno d'uomini crudeli e depredatori,
i quali per conquistare una terra che produce l'oro, distruggono la specie umana
che ne popolava la superficie. Giammai lo sguardo irritato del Cielo non vide
di così atroci crudeltà, e prolungate con fredda insensibilità"
[60].
Gattoni invitava ad una riflessione sull'argomento: "Osservinsi i viaggi
tutti de' Navigatori da Colombo, e Magallano fino a Cook, e dicasi poscia, se
un [sic] anima di virtù fornita possa trattener le lagrime nel vedere
gli amari frutti, che trassero i miseri selvaggi dalle visite de' nostri Europei
privi della vera carità del Vangelo" [61].
Anche nel Giornale Gattoni condannava senza mezzi termini la conquista
dell'America: gli "snaturati lor iberici conquistatori", i "barbari
castigliani", avevano talmente infierito sugli indigeni che questi dicevano
ai missionari che "di buon grado rinunziavano al paradiso di cui lor parlavasi,
quando là ancora ritrovar dovessero dei Spagnoli" [62].
Il canonico non esitava neppure a criticare papa Alessandro VI che non aveva
alcun diritto di "donare i popoli pacifici dell'altro mondo alle due Potenze
Europee" (Spagna e Portogallo) con la sua bolla (la Inter caetera
del 1493) "di sempre dolorosa, ed esecrabile memoria" [63].
Gattoni voleva invece che gli abitanti dei paesi meno progrediti fossero ospitati
nella sua repubblica e qui ricevessero un'istruzione e la vera religione. Il
canonico aveva previsto la "costruzione di cento Città per cento
cinquanta mille anime cadauna" e per popolarle sarebbe stato opportuno
anche "lo spedire sei navi al giro del Globo fin che siansi caricate di
quegli infelici popoli tanto poco favoriti dalla natura, e che si muojono di
freddo tutto l'anno, come i Filandesi [64] Groelandi, e tant'altri
de' Cerchi polari. Indi quelli dell'altre estremità, e gl'Isolani del
Mar equatoriale, e gli adusti della Zona torrida. ec. che vivono al par de'
Bruti" [65]. Le porte della futura Italia sarebbero
state aperte per tutti: "La nostra italiana Repubblica [...] a torme accoglierà
gli emigrati dagli altrui domini" [66].
Nel Codicillo, per rispondere a chi "si ride della popolazione,
che ho fissato d'anime 150. mille per ogni Città", ritenendola eccessiva,
Gattoni sosteneva che, con "religione, costumi, attività a moltiplicare
i mezzi d'esistenza senza voragini d'angherie, ed abolita per sempre la sfrenata,
e pazza assurdità delle guerre, e del celibato filosofico, voluttuoso,
militare, e servile" (queste erano le forme di celibato da combattere,
non quello religioso, "tanto necessario"), "in un secolo non
resta più nel mondo abitabile un palmo di terreno, che non sia calcato
da umano piede".
Per dar forza alla sua tesi, Gattoni citava il caso di George Pines: "Pinés
inglese portossi con quattro donne a stabilirsi in un'isola deserta. Nel giro
di 60. anni produsse una colonia di 7089. persone. Dopo 15. anni ancora giunsero
a 12000. tanto leggesi nel Giorn. di Trevoux" [67].
A dire il vero, però, il numero dei discendenti dopo 60 anni, nell'opera
originale, è di 1789 e, soprattutto, tale opera non è un resoconto
di fatti accaduti, ma un romanzo con qualche tocco utopistico, L'isola di
Pines dell'inglese Henry Neville [68].
In tema di utopie, nel Giornale di Gattoni compare anche un curioso
richiamo alla celebre opera di Platone: "Di tutti i tre Ceti ve ne sono
anche di quelli che fingono amare la Repubblica ma che la vorrebbero vedere
nel solo libro di Platone nel tempo d'una qualche dificile digestione"
[69]. E, a proposito di repubblica, a chi sosteneva che quella
portata dai "Galli" era felice, egli ribatteva che "in tal modo
son felici anche quelle della [sic] Scimie, e de' Castori ma codesti animali
che le compongono, non aspettano un Dio che di là ha da venire [...]
che dottati non sono di Spirito immortale, e ragionevole" [70].
NOTE:
[1] GIUSEPPE ROVELLI, Storia di Como, parte III, t.
III, Como, Carl'Antonio Ostinelli, 1803, p.172.
[2] Articolo storico di Giambattista Giovio intorno alla
vita ed agli studi del canonico Giulio Cesare Gattoni, estratto dal "Giornale
della Società d'Incoraggiamento delle Scienze e delle Arti", Milano,
Marelli, 1809, p.13.
[3] MAURIZIO MONTI, Storia di Como, vol. II, parte
II, Como, C. Pietro Ostinelli, 1832, pp.516-517.
[4] FELICE SCOLARI, Il canonico Giulio Cesare Gattoni (1741-1809),
in "Voltiana" (1926), p.434.
[5] LUIGI ROVELLI, Storia di Como, vol. 3, Milano,
Marzorati, 1963, pp.73, 189.
[6] CALOGERO FARINELLA, Gattoni, Giulio Cesare, in
"Dizionario Biografico degli Italiani", vol. 52, Roma, Istituto della
Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani, 1999, p.664.
[7] CARLO VOLPATI, Fantasie di un canonico in tema di piano
regolatore, in "Broletto", n.3, marzo 1935, pp.30-31.
[8] Giulio Cesare Gattoni,
Cavallasca ed il confine svizzero, in "Studi della Biblioteca
Comunale di Cavallasca", 2 (2000), pp.9-12.
[9] Va però ricordato che il "non-tempo" del
libro di Charles Renouvier da cui è stato preso il vocabolo "ucronia"
(Uchronie, appunto) non è il futuro rispetto al tempo in cui
fu scritto. L'opera è una storia alternativa (cosa sarebbe successo se...).
Su ucronia e storia alternativa, cfr LAURA TUNDO, Louis-Sébastien
Mercier: il secolo, l'uomo, l'opera, in LOUIS-SEBASTIEN MERCIER, L'anno
2440, Bari, Dedalo, 1993, pp.32-34; THIERRY PAQUOT, La signification
politique des uchronies, in "Revue Française d'Histoire des
Idées Politiques", [5] (1999), pp.353-364; GIANFRANCO DE TURRIS,
Tutti i futuri del mondo. Le ragioni del Possibile, postfazione a Se
la storia fosse andata diversamente. Saggi di storia virtuale, a cura di
John Collings Squire, Milano, Corbaccio, 2000, pp.291-326.
[10] RAYMOND RUYER, L'utopie et les utopies, Paris,
Presses Universitaires de France, 1950, p.205; BRONISLAW BACZKO, L'utopia,
Torino, Einaudi, 1979, p.170; RAYMOND TROUSSON, Viaggi in nessun luogo,
Ravenna, Longo, 1992, p.150; WERNER KRAUSS, Geist und Widergeist der Utopien,
in EIKE BARMEYER (Hrsg.), Science Fiction. Theorie und Geschichte,
München, Fink, 1972, pp.35-36; DARKO SUVIN, Le metamorfosi della fantascienza.
Poetica e storia di un genere letterario, Bologna, il Mulino, 1985, p.147;
UMBERTO BALDINI, La storia delle utopie, Roma, Armando, 1994, p.94.
Per Trousson, l'ucronia di Mercier "costituisce nella storia dell'utopia
una vera svolta copernicana" (RAYMOND TROUSSON, La distopia e la sua
storia, in Utopia e distopia, a cura di Arrigo Colombo, Bari,
Dedalo, 1993, p.22).
[11] CLAUDIO DE BONI, Uguali e felici. Utopie francesi
del secondo Settecento, Messina - Firenze, D'Anna, 1986, pp.164-165.
[12] L'anno due mila quattrocento quaranta. Sogno di cui
non vi fu l'eguale seguito dall'uomo di ferro, Genova, Domenico Porcile,
1798, in 4 tomi. DE BONI, Uguali e felici, cit., p.165, riferisce di
un progetto di traduzione italiana già per il 1773, abbandonato con la
messa all'Indice del libro di Mercier.
[13] TROUSSON, Viaggi in nessun luogo, cit., p.154,
n.87; DE BONI, Uguali e felici, cit., p.165. Nella bibliografia del
libro di Trousson (p.195) troviamo anche una Anticipation, or the Voyage
of an American to England in the Year 1899 del 1781
[14] [NICOLAS EDME RETIF DE LA BRETONNE], L'An Deux-mille,
Comedie-heroïque, mélée d'ariettes; en trois Actes,
in [ID.], Le Thesmographe ou Idées d'un honnete-homme, sur un projet
de reglement [...], La Haie, Changuion - Paris, Maradan, 1789, pp. 515-556.
[15] Testi e notizie sugli autori in Utopisti russi del
primo Ottocento, a cura di Marina Rossi Varese, Napoli, Guida, 1982, e
Russkaja literaturnaja utopija, a cura di V.P. Šestakov, Moskva,
Izdatel'stvo Moskovskogo Universiteta, 1986. Cfr anche NICHOLAS P. VASLEF, Bulgarin
and the Development of the Russian Utopian Genre, in "The Slavic and
East European Journal", XII (1968), pp.35-43; LEONID HELLER - MICHEL NIQUEUX,
Histoire de l'utopie en Russie, Paris, Presses Universitaires de France,
1995, pp. 114-120.
Faddej Bulgarin, in una nota all'inizio delle Fantasie verosimili,
scriveva: "Non voglio appropriarmi di cose non mie e confesserò
al lettore che già molti prima di me si sono messi a viaggiare nel futuro
sulle ali dell'immaginazione. Il famoso scrittore francese Mercier e il tedesco
Julius von Voss si sono soprattutto distinti in questo genere. Ma poiché
il campo dell'immaginazione è enormemente vasto, e a ognuno è
permesso di viaggiarvi senza tributo alcuno e senza dogana, anch'io mi sono
proposto di spostarmi mille anni più avanti (naturalmente nell'immaginazione)
e guardare che cosa fanno i nostri discendenti. Mercier e Von Voss nelle loro
opere hanno messo molte cose inverosimili, contro le leggi della natura; io
invece, basandomi sulle principali scoperte scientifiche, prevedo nel futuro
solo ciò che è verosimile, anche se è irrealizzabile nel
nostro tempo." (Utopisti russi del primo Ottocento, cit., p.57,
n.a).
[16] TROUSSON, Viaggi in nessun luogo, cit., p.150
[17] Nato il 17 settembre 1719, fratello di Caterina Lucini,
madre dell'autore del Testamento. Cfr GIULIO CESARE GATTONI, Giorni
Nattalizi Degli Attorj D'una parte del Teatro di questo Mondo (BIBLIOTECA
COMUNALE DI COMO (BCCo), ms 1.1.17), s.v. "Gattoni" e "Lucini".
[18] Testamento del cittadino canonico Giulio Cesare Gattoni,
Como, Noseda, [1802], pp.7-8.
[19] Non mi dilungo sui contenuti dell'opera dal momento che
un riassunto di essa si può trovare nell'articolo
di Ivo Mancini in questa stessa rivista. L'idea che, con l'accumulo degli
interessi, un piccolo capitale possa trasformarsi in una somma talmente enorme
che su di essa si possa fondare la costruzione di un nuovo ordine sociale è
alla base di un romanzo di uno dei più celebri nomi del genere fantascientifico
- utopico: The Sleeper Awakes di Herbert George Wells (1899).
[20] GIOVIO, Articolo storico, cit., p.13. MONTI,
Storia di Como, cit., pp.516-517, ripete quanto scritto da Giovio.
[21] Annotazione manoscritta in una pagina precedente il frontespizio
della copia conservata presso la BCCo, 86-4-91. Così anche in GIOVIO,
Articolo storico, cit., pp.13-14.
[22] Codicillo del canonico Giulio Cesare Gattoni,
Como, Noseda, [1803], p.[3].
[23] Annotazione manoscritta di Giambattista Giovio sulla
copia del Testamento conservata presso la BCCo, segnatura 86-4-91.
Vedi anche GIOVIO, Articolo storico, cit., p.14. L'affermazione del
Giovio è riproposta da MONTI, Storia di Como, cit., p.516 ("se
fosse suo proprio il pensiero di tal romanzo, e non copiato dal francese Surrot")
e da VOLPATI, Fantasie di un canonico, cit., p.30.
[24] GATTONI, Testamento, cit., p.145.
[25] Lettera del Canonico C° G.C. Gattoni al cittadino
dottore Crisanto Cavaleri, Como, Carl'Antonio Ostinelli, [1799], p.22:"le
mode tutte del sogno profetico di Mercier per il 2440. [...] che parte sono
già tra noi all'ordine del giorno".
[26] Sogno Nella notte vigesima sesta di Giugno Poco prima
dell'Aurora L'Anno mille ottocento uno. Dell'Era Cristiana, Como, se, 1801,
pp.30, 31, 33: "questo invaso veneratore del 2440.", "Se si eccettui
la parte della Religione, per la quale egli fù sempre di fermo opposto
sentimento; Il bel quadro del due mille quatro cento quaranta avea di modo tale
riscaldata la fantasia di questo povero Cittadino, che avrebbe dato anche due
terzi del suo sangue a promoverne il felice compimento", "colpito
dal fantastico 2440", "Stoltamente lusingossi egli colla sua generosità,
e privazioni di potere a noi accellerare quell'aureo secolo, con tanta rapidità;
con quanta scorrono le procellose scintille del primo italico, ed ancor unico
isolato suo conduttore elettrico", "portato con piacere pesi enormi
per la guasta immaginazion del 2440".
[27] Foglio non numerato unito all'estratto Lettera del
sig. can. Giulio Cesare Gattoni all'editore sui fulmini di ritorno, 1808
(l'articolo era stato pubblicato nella "Nuova scelta d'opuscoli interessanti",
2 (1808), pp.289-302), conservato presso la Biblioteca Comunale di Como (segnature:
Sala Mondelli, 85-5-18 e Sala Mocchetti, 67-8-44).
[28] In realtà, come si è detto sopra, il libro
fu stampato per la prima volta in Olanda nel 1770.
[29] Léonard Duphot, generale francese, ucciso a Roma
il 28 dicembre 1798.
[30] GIULIO CESARE GATTONI, Giornale gallo-cisalpino
(BCCo, ms 4.6.1), pp.786-787, 27 febbraio 1798.
[31] Ivi, p.803, 20 marzo 1798
[32] GIULIO CESARE GATTONI, Riflessioni sopra le censure
fatte dal Cittadino Carlo Mossi Prevosto di S.Eusebio a dubbj contro il Giuramento
Cisalpino, 18 maggio 1798, ms rilegato nel Giornale gallo-cisalpino,
cit., tra le pp.830 e 831, c.587r
[33] L. S. MERCIER, Nuovo discorso preliminare premesso
alla traduzione italiana L'anno due mila quattrocento quaranta, cit.,
t.I, pp.5-7. Cfr anche p.28.
[34] MERCIER, L'anno 2440, cit., p.113.
[35] Sulle "riduzioni", LUDOVICO ANTONIO MURATORI,
Il cristianesimo felice nelle missioni dei padri della Compagnia di Gesù
nel Paraguai, a cura di Paolo Collo, con una nota di Angelo Morino, Palermo,
Sellerio, 1985 (l'edizione originale è del 1743); EBERHARD GOTHEIN, Lo
Stato cristiano-sociale dei Gesuiti nel Paraguay, rist. anast., Firenze,
La nuova Italia, 1987; ALBERTO ARMANI, Città di Dio e Città
del Sole. Lo «Stato» gesuita dei Guarani (1609-1768), Roma,
Studium, 1977; JUAN CARLOS GARAVAGLIA, I Gesuiti del Paraguay: utopia e
realtà, in "Rivista storica italiana", XCIII (1981), pp.269-314;
MICHEL CLEVENOT, "Il Regno di Dio sulla terra"? Le "Riduzioni"
dei gesuiti nel Paraguay, in "Concilium", XXII (1986), pp.749-758;
NICOLETTA SALVATORI, Paraguay: l'utopia infranta dei Gesuiti, in "Airone",
n.135, luglio 1992, pp.64-77; PAOLO COLLO, L'utopia e la guerra. L'esperimento
dei Gesuiti in Paraguay, San Domenico di Fiesole, Edizioni Cultura della
Pace, 1993.
[36] MERCIER, L'anno 2440, cit. , p.294.
[37] La Societas Jesu (Compagnia di Gesù),
ovvero i Gesuiti.
[38] Nel 1773, il breve di papa Clemente XIV Dominus ac
Redemptor decretò la soppressione dei Gesuiti.
[39] GATTONI, Testamento, cit., p.11.
[40] CHARLES-LOUIS DE SECONDAT DE MONTESQUIEU, Lo spirito
delle leggi, Milano, Rizzoli, 1989, vol.1, pp.183-184 (libro IV, capitolo
6); cfr anche pp.530-531, n.13 (commento di Robert Derathé).
[41] MURATORI, Il cristianesimo felice, cit.
[42] GIAMBATISTA GIOVIO, Alcuni opuscoli patrj, Como,
Carlo Antonio Ostinelli, 1804, p.299. In questa stessa raccolta, Giovio aveva
ricordato i "bei sogni dell'Abate Saint Pierre" (pp.112, 84, 195)
ed aveva esposto le sue Idée per il miglioramento universale
(pp.332-346), nelle quali troviamo anche un richiamo a Thomas More ("Temo,
che il pensier mio abbia la realtà dell'Utopia di Tommaso Moro",
p.341).
[43] MERCIER, L'anno due mila quattrocento quaranta,
cit., t.III, p.74; GATTONI, Codicillo, cit., p.65.
[44] MERCIER, L'anno 2440, cit., p.173, e L'anno
due mila quattrocento quaranta, cit., t.IV, pp.65-70; GATTONI, Testamento,
cit., pp.119-120.
[45] MERCIER, L'anno 2440, cit., p.227; GATTONI,
Testamento, cit., p.20.
[46] MERCIER, L'anno 2440, cit., pp.278-279; GATTONI,
Testamento, cit., pp.50-51.
[47] MERCIER, L'anno 2440, cit., p.227.
[48] GATTONI, Testamento, cit., p.24.
[49] GIOVIO, Articolo storico, cit., pp.7-8; GIUSEPPE
ROVELLI, Storia de' principali avvenimenti dopo l'ingresso de' Francesi
in Lombardia, cioè dal Maggio del 1796. a tutto il 1802. per servire
di appendice alla Storia di Como, Como, Carl'Antonio Ostinelli, 1808, p.108.
[50] GATTONI, Codicillo, cit., p.71.
[51] MERCIER, L'anno 2440, cit., pp.114-155, e L'anno
due mila quattrocento quaranta, cit., t.IV, pp.5-15; GATTONI, Testamento,
cit., p.107, e Codicillo, cit., pp.35-36.
[52] GATTONI, Giornale gallo-cisalpino, cit. p.1065
a sinistra, 24 settembre 1800.
[53] MERCIER, L'anno 2440, cit., p.133.
[54] GATTONI, Testamento, cit., pp.127-129. Cfr GATTONI,
Giornale gallo-cisalpino, cit., p.875, 15 agosto 1798: "Raccoglie
in questo tempo messe copiose di fanciulli il Vajuolo confluente".
[55] [LOUIS] O[DIER], nota alla Lettre du D.r De Carro
aux Rédacteurs de la Bibliothèque Britannique, in "Bibliothèque
Britannique", 9 : 25 (1804), pp.370-371.
[56] Extrait d'une lettre adressée au Prof. Odier
par les Médecins de Côme, in "Bibliothèque Britannique",
9 : 26 (1804), pp.399-400.
[57] MERCIER, L'anno due mila quattrocento quaranta,
cit., t.I, p.267; t.II, p.134.
[58] GATTONI, Testamento, cit., p.50.
[59] MERCIER, L'anno 2440, cit., p.169.
[60] MERCIER, L'anno due mila quattrocento quaranta,
cit., t.I, p.253.
[61] GATTONI, Testamento, cit., p.71.
[62] GATTONI, Giornale gallo-cisalpino, cit., p.298,
25 gennaio 1797.
[63] Ivi, p.361, 17 febbraio 1797.
[64] La tabella degli errata della copia del Testamento
conservata presso la BCCo sotto la segnatura 86-4-91 invita a sostituire "Filandesi"
con "Zelandesi", quella della copia sotto la segnatura 86-2-28 (sala
Mondelli) con "Samojedi".
[65] GATTONI, Testamento, pp.35-36. Cfr ivi, p.56,
e Codicillo, cit., pp.36-37.
[66] GATTONI, Codicillo, cit., p.39.
[67] GATTONI, Codicillo, cit., p.38.
[68] HENRY NEVILLE, L'isola di Pines, a cura di Onofrio
Nicastro, Milano, Guerini e associati, 1990. Il numero dei discendenti alle
pp.29, 49-50 (cfr anche, nella "postilla" del curatore, le pp.85-86).
Su come l'opera di Neville fu talora presa per una relazioni di fatti reali,
si veda l'introduzione del curatore, pp.13-15.
[69] GATTONI, Giornale gallo-cisalpino, cit., p.729,
10 ottobre 1797. Nel Giornale non è citata l'Utopia
di Thomas More (san Tommaso Moro), ma questi è ricordato come martire
per la fede: ivi, p.680, 10 dicembre 1797, e p.872, 6 agosto 1798. Cfr anche
GIULIO CESARE GATTONI, Lettera scritta alla saggia e rispettabilissima Matrona
[sopra linea: alla Cittadina Teresa Turconi], Como, 12 gennaio 1798,
ms rilegato nel Giornale gallo-cisalpino, cit., c.549r.
[70] GATTONI, Giornale gallo-cisalpino, cit., p.683,
15 dicembre 1797 (poco più avanti: "una Società d'Orsi e
di Majali"). Cfr anche ivi, p. 472, 21 aprile 1797 ("il regno de'
buffoni, e la Repubblica delle scimie") e GATTONI, Lettera scritta
alla saggia e rispettabilissima Matrona, cit., c.551v ("Per non esser
spergiuri, dovremo tutti farci impiccare, per non soffrir giogo straniero, o
cercar asilo nella Repubblica de' Castori?").
Il già citato Rétif faceva incontrare al protagonista di un suo
romanzo utopico numerose popolazioni di uomini-animali, tra i quali gli uomini-scimmia
e gli uomini-castoro (RETIF DE LA BRETONNE, La scoperta australe da parte
di un Uomo-Volante o il Dedalo francese, Milano, A. Mondadori, 1980, pp.137-139,
154-156). In un'altra sua opera, lo stesso autore notava che il celebre naturalista
Buffon, parlando del castoro, "lascia intendere che se non ci fosse stato
l'uomo a spaventare ed abbrutire tutto il resto del mondo animale, alcune specie
si sarebbero perfezionate" (NICOLAS-EDME' RESTIF DE LA BRETONNE, Lettera
di una scimmia, Palermo, Sellerio, 1995, p.81). Cfr BUFFON, Oeuvres complètes,
Paris, Duménil, 1835, t.5, pp.253-254: "Autant l'homme s'est élevé
au dessus de l'état de la nature, autant les animaux se sont abaissés
au dessous [...], leurs sociétés se sont évanouies [...].
Aussi ne reste-t-il quelques vestiges de leur merveilleuse industrie que dans
des contrées éloignées et désertes, ignorées
de l'homme pendant une longue suite des siécles [...]. Les castors sont
peut-être le seul exemple qui subsiste comme un ancien monument de cette
espèce d'intelligence des brutes [...]. Je ne parle pas [...] de ce rayon
divin qui n'a été départi qu'à l'homme seul; les
castors en sont assurément privés comme tous les autres animaux:
mais leur société n'étant point une réunion forcée,
se faisant au contrairepar une espèce de choix, et supposant au moins
un concours général et des vues communes dans ceux qui la composent,
suppose au moins aussi une lueur d'intelligence qui [...] produit [...] des
effets assez semblables pour qu'on puisse les comparer [...] dans la société
naissante dans des hommes sauvages, [...] il faut observer qu'ils ne songent
pas à bâtir, à moins qu'ils n'habitent un pays libre, [...]
en [...] contrées [...] habitées ou du moins fort frequentées
par les hommes [...] on ne les a jamais vus se réunir, se rassembler,
ni rien entreprendre, ni rien construire [...]". v.a. ivi, p.257: "cette
espèce de république".
Un esempio in lingua italiana di paese delle scimmie è in ZACCARIA SERIMAN,
Viaggi di Enrico Wanton, a cura di Gilberto Pizzamiglio, Milano, Marzorati,
1977, vol.1, pp.56-272 (il libro di Seriman fu pubblicato per la prima volta,
anonimo, nel 1749).