BIBLIOTOPIA > PUBBLICAZIONI > STUDI DELLA BIBLIOTECA COMUNALE DI MOLTRASIO

STUDI DELLA BIBLIOTECA COMUNALE DI MOLTRASIO
2 (2002), pp. 27-30

GIORGIO CASTIGLIONI

UN MIRACOLO MARIANO A COMO

Il 26 giugno 1796, nella chiesa di San Ciriaco di Ancona, “avvenne il fatto straordinario che segnò l’inizio di uno dei fenomeni religiosi più singolari della complessa storia del «triennio giacobino» italiano”: una donna di trenta anni, Francesca Marotti, volgendo lo sguardo verso un quadro vide gli occhi della Madonna in esso rappresentata muoversi [1].
La notizia del miracolo, osservato in seguito da molte altre persone, si diffuse velocemente e prodigi analoghi furono segnalati in altri luoghi. Massimo Cattaneo rileva “una significativa contiguità temporale tra l’arrivo delle notizie sui «miracoli» in un determinato luogo e il loro inizio nello stesso immediatamente dopo”. Si ebbe così “un movimento di diffusione per suggestione-emulazione che raggiunse la maggior parte dei centri del territorio pontificio”, tanto che Cattaneo può affermare che il fenomeno “per durata – si protrasse almeno fino al febbraio del 1797 –, ampiezza dell’area geografica interessata, quantità e tipologia dei testimoni, appartenenti a tutti i ceti sociali ed i livelli culturali, emerge per dimensioni nella storia dell’Europa cristiana, pur così ricca di episodi di tale natura” [2].
La notizia dei miracoli di Ancona e di Roma si diffuse anche a Como. Ed anche a Como, nella chiesa di San Donnino, il 25 luglio 1796, dapprima una bambina e poi tanti altri videro una statua della Madonna muovere gli occhi.
Abbiamo un cronista d’eccezione per il prodigio di Como: il canonico Giulio Cesare Gattoni dedicò ad esso diverse righe nel suo diario da poco cominciato e destinato nel giro di qualche anno a diventare un imponente manoscritto di oltre mille pagine di grande formato [3].
Nel valutare se l’evento sia o meno un miracolo, il canonico era estremamente prudente (“Lascio le cose come sono, e passati sei mesi comincierò a giudicar di qualche cosa”) ed anzi decisamente scettico. Il “prodigio” di Como, come quelli di Ancona e di Roma, mancava a suo giudizio “di tutti que’ caratteri che sogliono avere quando la Maestà divina vuol comunicarsi agli uomini per annonziare la verità, o confermarla. Tali non sono certamente que’ del testamento vecchio e nuovo, tali non sono que’ che leggonsi bene avverrati nella storia ecclesiastica”.
Che vi fossero persone così sicure di ciò che avevano visto da essere pronti a testimoniarlo sotto giuramento non era, per Gattoni, una prova decisiva: si faceva lo stesso, in Moravia ed in Ungheria, nei processi contro i vampiri. E’ significativo quel che Gattoni scriveva del parroco di San Donnino, sostenitore del miracolo: “è un uom da bene, religioso che sà discretamente per compir al suo uffizio pastorale, ma è semplice, e di pocchi talenti, ne molto erudito di scienze che molto soccorso recano a bene giudicare”.
Gattoni si propose, invece, di osservare il fenomeno con gli occhi dello studioso di scienze naturali e quindi, entrato nella chiesa di San Donnino, si mise ad “esaminar bene i diversi ponti ne’ quali si marcava il prodigio, e sembrami d’aver marcato giusto, il luogo dell’ottica illusione, nel quale però senza avere già ben riscaldata l’immaginazione, non riesce il prodigio”.
La posizione di Gattoni è analoga a quella di Monaldo Leopardi, padre del poeta, che imbattutosi in uno dei prodigi lo considerò “in base alle sue cognizioni di fisica un caso d’illusione ottica, alimentata dalla paura per l’arrivo dei francesi e dal carattere superstizioso del popolo”.
“La reazione di Monaldo” commenta Cattaneo “è interessante proprio in quanto proviene da un cattolico non sospettabile di simpatie gianseniste o comunque riformatrici” [4]. L’osservazione può valere anche per il canonico comasco, che nutriva una fortissima avversione per il giansenismo e per i Francesi.
Gattoni pur non essendo per nulla convinto del prodigio, né come uomo di chiesa, né come uomo di scienza, nondimeno restava commosso dalla devozione popolare da esso suscitata: “posso assicurare d'essere partito quasi colle lagrime agli occhi per tenerezza nel vedere tanta gente entro la balaustra, che abbraccia l'altare e fervida priega cogli occhi sempre fissi a quella statueta”. Poco oltre il canonico rilevava che “in queste circostanze i semplici fedeli moltiplicano le buone opere e le preghiere” [5]. Viceversa, “i tristi s’ostinano dippiù nella loro pervicace incredulità” e Gattoni era sdegnato dagli “sciocchi saputelli del giorno” che avevano accolto la notizia del presunto miracolo con espressioni blasfeme.
Qualche mese dopo, Gaspare Rezia, come rappresentante della municipalità di Como, si recò ad Ancona in visita al quartier generale francese. Non dimenticò di andare a vedere l’immagine prodigiosa e la ricordò nel resoconto della sua missione, che diede anche alle stampe:

[...] entrammo ancora nella Chiesa, dove si è cercato di obbligare una statua rappresentante la Madonna a movere gli occhi, mentre non poteva, che disapprovare la profusione dell’uman sangue cagionata dal violato armistizio; il Cielo non fa dei miracoli per sanzionare la mala fede, e le Crociate ebbero costantemente il fine che meritavano.
Veramente il prestigio di quella Madonna è grande, i suoi ornamenti seducono, è ammirabile l’arte dei Preti più amici dell’interesse, che della Religione. Ma è ben difficile d’ingannare i Filosofi, e gli Uomini niente superstiziosi [...] [6]

Gattoni dedicò qualche riga del suo diario anche al rapporto di Rezia, commentando che quanto vi si leggeva erano “cose, che già furon dette e ridette alla nausea in mille infami libercoli”. E’ curioso notare che riguardo al miracolo di Ancona, sul quale era stato, come abbiamo visto, molto scettico, ora scriveva che “il Cardinale Vescovo d’Ancona e mille testimonj rispettabilissimi lo accertano di maniera, che sembra temerità volerne ancora moverne dubbj” [7].

APPENDICE: DAL GIORNALE DI GIULIO CESARE GATTONI

26 luglio 1796
[...] la Sig.ra M[arche]sa Porro ricevè lettera da D. Giberto suo figlio in Roma, nella quale le narrava un prodigio che si pretendeva seguito in Ancona. Dicevasi che orando una figlia di nove anni con sua madre avanti ad una dipinta imagine, la figlia esclamò Mamma mia la Madonna ci guarda
sorpresa la Madre le parve proprio che l’imagine girasse le pupille le alzasse ed abbassasse: Fuori subito gran concorso di popolo, processioni, preghiere, e tutti per un giorno e mezzo dicesi che vedesser il prodigio. Ma nulla di Roma. Tre giorni dopo gionsero molte lettere da Roma le quali annonciavano lo stesso prodigio in tutte le immagini che per le vie di Roma trovansi, e dentro le case disperse; Vi si agionse da un Abate Agente, che quatro giglj che furon posti avanti una di codeste imagini, e gia da molto tempo dissecati, ravverdirono, e che oltre al popolo fuvi il Sacro Collegio a piè scalzi, ed il papa per assicurare il prodigio, e fare pubblica preghiera. Ieri poi alla nostra parrochia di S. Donnino in Como una fanciulla figlia di Carlo Giusti, della stessa età di quella d’Ancona, come quella parimente esclamò, ed ecco il concorso alla Chiesa d'ogni sorta di persone, che asserivan il movimento delle pupille, ed altre chel negavano. Nello stesso tempo concorso di tutto il Borgo S. Agostino che pretende vedere una sua immagine trasudar grosse stille. e credo che per qualche tempo nuovi prodigi non mancherano vedersi. Lascio le cose come sono, e passati sei mesi comincierò a giudicar di qualche cosa. Parmi solamente di poter rifflettere che taj prodigi mancano di tutti que’ caratteri che sogliono avere quando la Maestà divina vuol comunicarsi agli uomini per annonziare la verità, o confermarla. Tali non sono certamente que’ del testamento vecchio e nuovo, tali non sono que’ che leggonsi bene avverrati nella storia ecclesiastica. Tuttavia sono stato questa mattina anch'io a dire tre ave Maria avanti quell'altare ove credesi il prodigio: e posso assicurare d'essere partito quasi colle lagrime agli occhi per tenerezza nel vedere tanta gente entro la balaustra, che abbraccia l'altare e fervida priega cogli occhi sempre fissi a quella statueta che sara circa due piedi d'altezza chiusa in cristalli al luogo del tabernacolo.
Il Prevosto Gianati parroco intimamente già convinto del girar de lumi ha scritto una relazione a M.r Vescovo correddandola di testimonianze come si è fatto ad Ancona, ed a Roma, ed invitandolo a venir esso stesso, e domandandole anche consigli per ben condursi all'affluenza nella Chiesa: Ma il Vescovo si sbriga nel risponderli in pocche linee. E solamente lo consiglia ad aprire e chiudere le porte della Chiesa alle solite ore come in passato senza alterare d'un ponto.
Questo riscontro io non l'ho veduto ma l'ho sentito da d. Giuseppe Nata ed altri onest’uomini. Il parroco è un uom da bene, religioso che sà discretamente per compir al suo uffizio pastorale, ma è semplice, e di pocchi talenti, ne molto erudito di scienze che molto soccorso recano a bene giudicare. In queste circostanze i semplici fedeli moltiplicano le buone opere e le preghiere, ed i tristi s’ostinano dippiù nella loro pervicace incredulità. Diffatti il Valeri ho sentito dire che ieri al racconto d'un tal fatto ha detto una grossolana bestemmia, ed altre ne dissero i sciocchi saputelli del giorno.

28 luglio 1796
Sono poi stato più d’una volta a S. Donnino, ed in verità fa bel vedere la pietà el fervore del gran concorso che va’ a pregare fervorosamente avanti la statuetta della Madonna che si pretende movere gli occhi Ieri era così esaltata la fantasia, che uomini donne d’ogni condizione, sacerdoti col parroco ed altri, erano pronti a deporre con giuramento d’avere veduto il movimento. Io ho procurato d’esaminar bene i diversi ponti ne’ quali si marcava il prodigio, e sembrami d’aver marcato giusto, il luogo dell’ottica illusione, nel quale però senza avere già ben riscaldata l’immaginazione, non riesce il prodigio. Ho però lasciato che si gridasse senza dir una parola in contrario, per timore che non mi accadesse ciò che avvenne ad un gentiluomo tedesco nella Chiesa di S. Gennaro a Napoli quando tutto il popolo gridava al miracolo. Penso che lo stesso del nostro debban essere i prodigj che si scrivono da Roma, e d’Ancona perche sembrami, di non scoprirvi alcuno de caratteri che ben marcati leggonsi ne veri miracoli della storia sagra ed ecclesiastica. I Giuramenti poi, che volevansi fare ieri, io li ripongo con que’ de Moravi e degli Onghesi ne’ processi de’ lor Vampiri. E concludo per fine che non si deve mai cessare di dire col piu tenero affetto ogni momento Eia ergo advocata nostra illos tuos misericordes occulos [sic] ad nos converte.

19 febbraio 1797
Del resto che ha narrato Rezia non occorre dirne: già si sà come può parlare un Ateo, e della Romagna, e di Roma, e del Papa e principalmente de’ prodigj dell’imagine d’Ancona che moveva gli occhi. Per riguardo a quest’ultimo poi il Cardinale Vescovo d’Ancona e mille testimonj rispettabilissimi lo accertano di maniera, che sembra temerità volerne ancora moverne dubbj

6 marzo 1797
Rezia ha pubblicato con le stampe il rapporto fatto a Colleghi della sua missione a Bonaparte nella Romagna; Sembra che un tale raporto oltre la vanagloria di esaltare forse a dispetto della verità le graziose accoglienze ricevute dal sacrilego usurpatore, altro scopo non abbia avuto se non se quello di deridere il preteso prodigio del movimento d’occhi dell’immagine d’Ancona e l’avara furberia de’ preti a fingere miracoli per vuotare le borse de semplici, ed altre tali cose, che già furon dette e ridette alla nausea in mille infami libercoli. Un Rezia come poteva parlarne?

NOTE:
[1] MASSIMO CATTANEO, Maria versus Marianne. I «miracoli» del 1796 ad Ancona, in “Cristianesimo nella storia”, 16 (1995), pp.51-52.
[2] Ivi, pp.67-70. Su questa ondata di prodigi mariani, cfr anche VITTORIO MESSORI – RINO CAMMILLERI, Gli occhi di Maria, Milano, Rizzoli, 2001.
[3] GIULIO CESARE GATTONI, Giornale gallo-cisalpino (BIBLIOTECA COMUNALE DI COMO, ms 4.6.1), pp.21-22, 24, sotto le date del 26 e del 28 luglio 1796. I due passi sono riportati in appendice a questo articolo.
[4] CATTANEO, Maria versus Marianne, cit., pp.71-72.
[5] Cfr ivi, p.65: “secondo i testimoni esaminati si verificò una generale accentuazione del fervore religioso, un incremento del ricorso al sacramento della confessione e alla preghiera, una maggiore morigeratezza nei costumi e perfino nel parlare”.
[6] [GASPARE REZIA], Rapporto del cittadino Rezia a’ suoi colleghi municipalisti di Como nel risultato della sua deputazione dopo il ritorno dal quartier generale d’Ancona, Como, Carl’Antonio Ostinelli, [1797], p.7.
[7] GATTONI, Giornale gallo-cisalpino, cit., pp.354, 391, alle date 19 febbraio e 6 marzo 1797. I due passi sono riportati in appendice.