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STUDI DELLA BIBLIOTECA COMUNALE DI PARE’
1 (2003), pp.4-6
GIORGIO CASTIGLIONI
IL CAMPANILE DI PARE' ALLA FINE DEL '700
Il 24 settembre del 1789, il convocato fu chiamato a decidere sulle riparazioni al campanile della chiesa parrocchiale di Paré. Pareva necessario:
Far riparare il Coperto del Campanile, che per aver le Lastre rotte vi piove dentro, e minaccia rovina
Cosi pure per rifare la lingua, o battente d’una Campana.
Le scale che vi occorrono per ascendere sul Campanile; indi un Ceppo di una Campana
Il 17 dicembre, l’Intendenza Provinciale concesse l’approvazione per la spesa. Per lungo tempo, però, i lavori non venero cominciati, come notava il cancelliere Pietro Fioroni nell’agosto del 1791:
[...] ma perché quei deputati d’allora non furono solleciti nell’esecuzione, e perché non andarono forse essi d’accordo nel modo di eseguirla; nemmeno il sindaco, come era di suo dovere, non riscontrava il cancelliere, che non si faceva quanto occorreva, l’opera fu procrastinata finora, in cui la riparazione non permette più ritardo senza un imminente pericolo. Il Cancelliere incalzò tanto, che finalmente i deputati presentanei ne disposero che si desse tosto mano all’opera: Ma ritrovando essi, che la perizia d’allora non conviene coll’occorrente riparazione d’addesso, mentre il Campanile è deteriorato a segno che già minaccia rovina, ne fecero subito rilevare altra perizia che porta però maggiore spesa
E in effetti, secondo la nuova perizia, le spese necessarie per la riparazione
del campanile erano aumentate vertiginosamente. Se nel 1789 il preventivo era
di poco superiore alle 200 lire (£ 212 : 5), ora era raddoppiato (£
430 : 10) qualora si fosse scelta una copertura in latta e ben più che
triplicato (£ 725) se, come era nei desideri dei parediensi, si fosse
optato per una copertura in rame.
Il magistrato politico camerale Bovara scrisse (26 settembre 1791) al delegato
provinciale di Como che la richiesta proveniente da Paré “è
molto ambigua, ed incoerente, giacché si rileva da essa, che la riparazione
del campanile di quella Comunità si va eseguendo col darvi l’ultima
mano, e nel tempo stesso si domanda il superiore assenso per la maggiore spesa”.
Il cancelliere Fioroni dovette intervenire per giustificare l’operato
dei parediensi: il lavoro eseguito consisteva nell’essersi procurati il
materiale (sabbia, calcina, “quadrelli”, gesso, etc.), “nella
costruzione de’ Ponti; e nella Riparazione dei Cornicioni”. Era
stato durante i lavori che erano stati scoperti ulteriori danni la cui riparazione
richiedeva una spesa aggiuntiva:
Nel darvi l’ultima mano poi, che era Riparazione della Coperta, fù osservato che questa, essendo di Latta, era tutta logora, e perciò anche il legname di sotto tutto infracidato; onde in questo punto fu rilevato il vero bisogno instantaneo di rimettervi oltre di tutto il legname, anche tutta la Coperta; mentre la vecchia non è per niente servibile, come fù supposto da prima.
Fioroni sollecitava una risposta rapida perché “il resto del
materiale provveduto sta esposto ad essere dissipato; che i ponti possono cadere
per i venti; e che il bisogno di riparare diviene più urgente, e di maggiore
spesa, se si ritarda”.
In effetti, il “ramaro” Giuseppe Re aveva chiesto di aggiungere
alle somme previste per il suo lavoro di copertura della cupola, in latta o
in rame, altre 150 lire perché “per la tardanza della aprovazione
e andato di malle li ponti e la copridura del legniamo”.
L’8 novembre, il magistrato politico camerale diede la sua approvazione,
purché il convocato di Paré votasse a favore dell’imposizione
della sovrattassa necessaria per affrontare la spesa.
Ma al convocato, riunito il 13 dicembre, la vicenda prese una piega del tutto
diversa in seguito all’intervento di Carlo Rossini, primo estimato e primo
deputato dell’estimo del paese, che riteneva inammissibile l’aumento
delle spese. La decisione in merito, scrisse nella sua protesta, era stata presa
“per adesione, e maneggi di chi hà poco, o nissuno interesse in
quella povera Comunità che nulla del tutto possiede, e senza minima partecipazione
di me sottoscritto benche primo estimato, tassato già di sovrimposta
pagata nel corrente anno di £ 187.8.4”. Secondo Rossini, facendo
l’opera “di vivo, e non di legno”, si sarebbe ottenuto un
notevole risparmio.
Il convocato, osservato che “con meno della metà della proposta
spesa si sarebbe esso conte [1] obbligato di farla, e sarebbe
stata di maggior durata”, passò alla votazione, eseguita con voti
segreti. La soluzione della copertura di rame fu respinta con 8 voti contrari
ed uno solo a favore e fu accettata invece la proposta avanzata da Rossini.
Nel giugno del 1792, Fioroni comunicò al regio delegato l’impegno
di Rossini a “ristabilire detto Campanile da Capo a fondo” con una
spesa molto minore. Il delegato approvò il nuovo progetto.
A Paré non tutti erano d’accordo. I firmatari di una lettera datata
30 luglio non condividevano affatto l’idea di “coprire il campanile
con testo, e non a gulia”, ritenendo che ciò avrebbe prodotto una
“mostruosità”. “Ciò disgusta buona parte de’
detti compossessori, e terrieri,” proseguivano “manda alla malora
l’opera gia incominciata sin dall’anno scorso”. I firmatari
si impegnavano “a prestar tutta la manuallanza possa occorrere gratis”
per fare la guglia e chiedevano la sospensione dell’asta prevista per
il 4 agosto per assegnare i lavori secondo il progetto di Rossini.
Nonostante la loro richiesta, l’asta si tenne regolarmente in quel giorno.
Secondo i relativi capitoli, i partecipanti alla gara dovevano “dare sicurtà
benevisa”. Il pagamento sarebbe stato fatto in due rate, una alla fine
dei lavori ed una seconda sei mesi dopo la conclusione. Era previsto un collaudo
da parte di un perito che accertasse se il lavoro era stato eseguito “ad
uso di buon arte”. Per quanto riguardava i materiali, la sabbia doveva
essere preventivamente “riconosciuta buona, e atta all’opera”
ed il legname “di buona qualità, o di Larice; o di Castano; o Rovere
ben stagionato”. La base d’asta era di 333 lire ed il lavoro fu
aggiudicato ad Antonio Livio, di Vergosa, per 200. Il sostituto di uno dei tre
deputati dell’estimo, in segno di protesta, si rifiutò di sottoscrivere
gli atti, come era annotato, a dire il vero un po’ faziosamente, nel verbale:
“Il Terzo Deputato, di cui è sostituto il Giosuè Bernaschina,
come quel che suscitò più d’ogni altro il disparere nel
Comune contro l’economico Progetto del Conte Rossini, per dispetto non
ha voluto firmare”.
In realtà, l’opposizione a Rossini era assai diffusa e proseguì
anche dopo l’asta. In una lettera dell’11 agosto al regio delegato
sottoscritta da alcuni estimati del paese (tra i cognomi dei firmatari troviamo
Odescalchi, Lambertenghi, Ciceri, Primavesi) si sosteneva che il progetto di
Rossini causava “la sollevazione, e malcontentezza di tutti li terrieri
della Comunità di Paré”. La lunga dilazione dei lavori autorizzati
nel 1789 era attribuita ad “alcuni dissapori insorti trà li Comunisti,
e certo Pietro Noseda Fattore della Casa Rossini”. Soltanto di fronte
al rischio di crollo “scemò al Noseda, almeno apparentemente parte
di quell’avversione”. L’idea di coprire “di piode”
la cupola, continuava la lettera, andava “contro l’universale contento
del Paese” che voleva invece mantenere “l’antica forma [...]
tanto simpatica a que’ Comunisti”. Veniva anche annunciata una concreta
forma di boicottaggio: “magiormente irritatisi li terrieri hanno protestato
non volere in avenire dare altro Soccorso in Elemosina, né permettere
alle loro Donne l’ordinaria filatura di lino a favore della chiesa come
in passato era consueto”.
Due giorni dopo, Giovanni Battista Tettamanti si dichiarò disposto a
fare da garante per la maggiore spesa oltre le 200 lire sulle quali si era conclusa
l’asta qualora, conformemente ai desideri della gente del paese, si fosse
data una copertura di latta alla cupola. Un “tolaro” si offrì
di “quatarlo di tolla” (coprirlo di latta) per 280 lire nonostante
il solo costo dei materiali fosse di 300 lire purché si decidesse entro
otto giorni e i ponteggi fossero ben messi (“che vi sia fatto li pontti
come va e sicuri di stare sopra à lavorare”).
Il cancelliere Fioroni tornò a scrivere (28 agosto) al regio delegato
proponendo di accogliere il nuovo cambiamento di rotta dato che “la maggior
parte degli estimati di Paré secondano l’idea di que’ Terrieri
sulla causa di coprire il Campanile di Latta di ferro, vulgo Tolla” e
che, in caso contrario, potevano nascere degli inconvenienti. Fioroni suggeriva
comunque alcune condizioni da porre per l’esecuzione: che non si riutilizzasse
la vecchia latta, che prima di procedere alla verniciatura si valutasse la qualità
del lavoro fatto, che il materiale che il vincitore dell’appalto si era
già procurato fosse pagato equamente, che la spesa non superasse le 200
lire, da pagarsi per metà dopo la copertura (previo il già citato
controllo sulla corretta esecuzione) e per l’altra metà dopo la
verniciatura. Il regio delegato diede il suo assenso (5 settembre).
La nuova decisione lasciò, però, spiazzato il vincitore dell’asta.
Antonio Livio, muratore, aveva partecipato alla gara per un lavoro in pietra,
non per la copertura in latta di cui si parlava ora e, pertanto, intendeva rinunciare
all’appalto, chiedendo che gli fossero rimborsate le spese già
sostenute (richiesta che, come si è visto poco sopra, il cancelliere
aveva già avanzato), spese che i deputati dell’estimo di Paré
valutarono 133 lire e 4 soldi.
Quello del campanile non fu l’unico argomento sul quale Rossini incontrò
dei conflitti. Nell’agosto del 1791, Rossini inviò una lettera
di protesta al regio delegato perché, durante il convocato del 20 luglio,
“all’occasione di trattarsi d’affari di strade”, il
sindaco di Paré Giuseppe Bernaschina gli aveva indirizzato “termini
ingiuriosi, e calunniosi” (“contro la Persona del Conte, e Feudatario
di detta Comunità don Carlo Rossini”, scriveva pomposamente) [2].
NOTE:
[1] Ovvero Carlo Rossini.
[2] I documenti su cui è
basato questo articolo sono in ARCHIVIO DI STATO DI COMO, Prefettura,
cart.132, fasc.3450; cart.158, fasc.4511.