LA
BELLA GHITA
di Giorgio Castiglioni
pubblicato con il titolo La Teresina e la Ghita in "Il topo di biblioteca", n.27, agosto 2004 (Moltrasio), p.4
Tra le più note leggende del nostro lago c’è quella della
Ghita.
Pier Ambrogio Curti inserì la storia, che disse essergli stata raccontata
da un barcaiolo soprannominato Bellasio, nel suo libro Il lago di Como e
il Pian d’Erba (1872). Qualche anno dopo anche Antonio Balbiani la
presentò, in una forma un po’ più breve, ai lettori della
sua guida alle terre lariane (1877).
Ghita era una bella ragazza di Moltrasio. Un giorno era andata a Cernobbio a
trovare dei parenti ed era rimasta da loro fino a tardi. Sulla via del ritorno
si imbatte in un malintenzionato contrabbandiere svizzero. Lei vorrebbe tirar
dritto, ma – citiamo dal libro di Curti – “lo sconosciuto
rispose con un ghigno da demonio e mosse invece innanzi risoluto per abbrancarla;
ma la Ghita, lesta più ancor di lui, in un attimo, fatto in cuore un
voto alla Madonna a tutela del suo onore, spiccò un salto per quei burroni,
e quel tristo che la stava per afferrare, né pel bujo aveva avvertito
l’imminenza del pericolo, fallendogli il piede, giù egli pure precipitò”.
Ghita si salvò perché i suoi vestiti si impigliarono tra i rovi
e la trattennero, mentre il cattivo precipitò. Da quella sera, “quando
il tempo mena burrasca, proprio come quella notte che avvenne il triste caso,
vedesi un fuoco errare” dove il contrabbandiere era caduto: o è
il suo spirito oppure, addirittura, il demonio in persona “condannato
a qui far la penitenza”.
Qualche anno prima che Curti e Balbiani la inserissero nei loro libri, sul settimanale
“Il Corriere del Lario” del 7 ottobre del 1857 era stata pubblica
la Leggenda patria Il diavolo di Pizzo. La storia, luoghi compresi,
è la stessa, ma diversi erano i nomi: la protagonista era chiamata Teresina
dagli occhi neri) ed il suo amato, che nella versione di Curti si chiamava Tonio,
qui era Cecco. Nella versione del 1857 anche il contrabbandiere aveva un nome
(o soprannome): Tita.
Dalla leggenda alla “cronaca” (virgolette d’obbligo). Secondo
un articolo del “Corriere comasco”, nel settembre del 1946 la spiritista
di Bologna Madama Santuzza avrebbe predetto per dicembre l’apparizione
del fantasma di Ghita e così sarebbe avvenuto: “dapprima confusamente
indi con sempre maggior nitidezza” sarebbe apparso un “lenzuolo
ondeggiante, diafano e fosforescente”, visibile per più di dieci
minuti. Il periodico pubblicava addirittura una foto.
FONTI:
Leggenda patria : il diavolo di Pizzo, in “Il Corriere del Lario”,
n.55, 7 ottobre 1857, pp.218-219
PIER AMBROGIO CURTI, Il lago di Como e il Pian d’Erba, Milano
: Brigola, 1872 (rist. anast. Como : Dominioni, 1995), pp.98-102
ANTONIO BALBIANI, Como : il suo lago, le sue valli e le sue ville descritte
e illustrate, Milano ; Napoli : Pagnoni, 1877; rist. anast. Bologna : Forni,
1977, p.155
C. M. PENSA, Il fantasma sulle rocce di Moltrasio, in “Il corriere
comasco”, n.51, 16 dicembre 1946, p.1